La bioeconomia salverà il nostro pianeta
di Bartolomeo Buscema
Il nostro pianeta è malato. Da più parti si fanno diagnosi e si propongono
terapie. E’ indubbio che le risorse della Terra non sono inesauribili e che
sempre più aumenta la
richiesta di cibo, acqua ed energia. Già da qualche anno si parla di sviluppo
sostenibile; un concetto, che risale al 1987, contenuto nel documento conosciuto
come “rapporto Bruntland”, dal nome della coordinatrice della allora nascente
Commissione mondiale sull’ambiente e sullo sviluppo (WCED). Ecco la definizione
che si legge nel rapporto: “ lo sviluppo sostenibile è quello
che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità
delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Un concetto al quale,
con il passare degli anni, se ne sono aggiunti altri due: economia verde ed
economia circolare. La prima si basa su un modello economico che oltre
all’aumento del Prodotto Interno Lordo considera anche l’impatto ambientale
nella produzione di beni e servizi, nei trasporti, nel riscaldamento e
raffrescamento degli edifici, solo per citarne alcuni. L’economia verde mira
soprattutto alla qualità dell’ambiente cercando di sostituire gradualmente le
fonti fossili con quelle rinnovabili. Paradigmatico è il caso della Cina che a
causa dell’elevato inquinamento, nei prossimi due anni
investirà nelle fonti rinnovabili
circa 370 milioni di dollari. Ricordiamo che nel nostro Paese sono circa
400 mila le aziende italiane che operano in tale settore per un valore economico
di oltre 250 miliardi di euro (il 13 % dell’economia nazionale) e circa 1,7
milioni di occupati. La seconda, cioè l’economia circolare, è un modello
economico dove non esistono rifiuti. Un generico manufatto è progettato
per essere, a fine vita, smontato
e i componenti costituenti
riciclati senza produrre scarti
significativi. Una sorta di ciclo dove i materiali di partenza ritornano a
essere se stessi dopo essere stati componenti dei più svariati manufatti.
Insomma, un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo. Secondo la
definizione che ne dà la Ellen MacArthur Foundation, in un'economia circolare i
flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere
reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati
senza entrare nella biosfera.
Recentemente questi due modelli economici sono stati inglobati in un nuovo
ambito più grande che prende il nome di bioeconomia. Un neologismo, proposto da
Nicholas Georgescu-Roegen, che significa crescita
economica sostenibile basata sulla conoscenza e sull’innovazione e
soprattutto inclusiva, cioè capace di promuovere l’occupazione e la coesione
sociale.
E’ opportuno, qui, ricordare che la Commissione Europea considera l’economia
circolare e l’economia verde, e dunque la bioeconomia, pilastri strategici per
la competitività dell’Europa. Secondo uno studio risalente al 2012, per ogni
euro investito in ricerca e innovazione determinerebbe un valore aggiunto di 10
euro entro il 2025.
Nel modello bioeconomico, per esempio, le risorse biologiche, provenienti dalla
terra e dal mare, così come i biorifiuti, sono alla base anche della produzione
energetica. Questi ultimi, secondo recenti studi, hanno un potenziale enorme in
alternativa ai fertilizzanti chimici o per la conversione in bio-energia,
arrivando a soddisfare il 2% del target fissato dall’Unione europea per
l’energia da fonti rinnovabili.
Sappiamo che ancora per qualche lustro il gas naturale trascinerà l’economia
europea, ma l’obiettivo futuro della Commissione europea è quello di giungere a
un’economia a emissioni serra ridotte per salvaguardia del nostro globo,
soprattutto grazie all’innovazione
tecnologica, tutelando allo stesso tempo la biodiversità e l’ambiente. Tutto
ciò, purtroppo, in presenza d’interessi contrapposti delle diverse economie
mondiali. Comunque sia, oggi su scala europea la bioeconomia vale circa 2000
miliardi di euro con diciannove milioni di posti di lavoro. Per la sua rapida
crescita futura, tale nuovo modello di sviluppo dovrà mobilitare sostanziosi
investimenti pubblici e privati, non tralasciando la diffusione globalizzata di
esperienze e di sapere per la creazione di nuove attività d'impresa e nuovi
assetti giuridico-normativi. Per il bene di tutti.