Vent’anni

Tra gli anelli di Saturno

Si è conclusa il 15 settembre

La meravigliosa avventura della sonda Cassini

Interessanti le scoperte

 sulla vita del pianeta

 

di Irene Prunai

 Il pianeta Saturno

Una meravigliosa avventura durata quasi vent’anni si è conclusa da pochi giorni. Il 15 settembre la sonda Cassini si è tuffata un’ultima volta tra gli anelli di Saturno per sparire definitivamente tra le nubi. Una fine programmata, ma non per questo meno difficile. 292 orbite intorno a Saturno, un’ultima spinta gravitazionale di Titano, al quale ha dato il suo bacio d’addio, e poi la frenata alla sua corsa a causa dell’atmosfera di Saturno. Prima della fine un ultimo regalo: un brevissimo intervallo di tempo in cui la sonda è riuscita a trasmettere dati alla Terra. Così abbiamo avuto per la prima volta informazioni dirette sulla composizione chimica dell’atmosfera di Saturno e sulle condizioni fisiche dei gas atmosferici. Pochi istanti dopo la sonda ha cominciato a bruciare e nel giro di pochi minuti i suoi frammenti sono stati completamente consumati dall’attrito con l’atmosfera.

Dopo un viaggio di quasi 1,5 miliardi di chilometri si è conclusa una delle missioni di esplorazione spaziale più importante di sempre. Il suo bilancio, ancora non definitivo, è di 4000 articoli scientifici, oltre 450.000 immagini inviate e 635 gigabyte di dati raccolti. Nel corso della missione abbiamo scoperto mari e laghi su Titano, un oceano d’acqua nascosto sotto la superficie ghiacciata di Encelado, uragani e tempeste, sei nuovi satelliti e un’indagine ancora più approfondita del sistema di satelliti di Saturno.

L'ombra di Saturno sugli anelli

La fine di Cassini è stata progettata per evitare che la sonda potesse in qualche modo contaminare proprio il sistema di satelliti, in particolar modo Titano ed Encelado che, anche se apparentemente inospitali, per gli astrobiologi potrebbero essere in grado di ospitare forme di vita. Del resto non dobbiamo dimenticare che, per quanto si possa sterilizzare uno strumento, non abbiamo la certezza che quando lanciamo qualcosa nello spazio non porti con sé un carico di microrganismi capaci di sopravvivere decenni o forse anche di più in quell’ambiente. Diversi esperimenti sulla stazione spaziale internazionale hanno dimostrato l’incredibile resistenza di alcuni batteri e spore. Inoltre a bordo di Cassini c’è un generatore a radioisotopi che ha garantito l’alimentazione elettrica agli strumenti scientifici e ha permesso la trasmissione dei dati. Quasi tutte le sonde che devono compiere viaggi negli angoli più remoti del sistema solare sono dotate di questo sistema perché a una tale distanza i pannelli solari non sono sufficienti. Il generatore è ben schermato, ma ha pur sempre vent’anni e ha compiuto un lungo viaggio. Possiamo dire che è tutto sicuro come se fosse nuovo e siamo disposti a rischiare di inquinare con del materiale radioattivo le lune di Saturno? Ricordiamoci che la natura di Titano attualmente viene definita Terra primordiale, ci sono cioè delle condizioni simili a quelle che hanno portato alla formazione della vita sulla Terra. Vogliamo prenderci la responsabilità di interferire? Qualcuno potrebbe obiettare che non sia stata presa la stessa precauzione quando si è deciso di far scendere Huygens, il lander trasportato da Cassini, proprio su Titano. È una questione di pro e contro. Nel caso di Cassini i rischi erano troppo elevati, nel caso di Huygens invece i pro erano maggiori.

Sviluppata dalla NASA in collaborazione con ESA (Agenzia Spaziale Europea) e ASI (Agenzia Spaziale Italiana), la sonda Cassini era composta da due corpi distinti: un orbiter e una sonda secondaria (Huygens). Dotata di un’antenna parabolica di quasi 4 metri, 22.000 connessioni elettriche, 12 chilometri di cavi elettrici e ben 82 unità di riscaldamento, ogni sistema era affiancato da un analogo sistema di riserva. La strumentazione di bordo comprendeva camere per immagini operanti sia in luce visibile, che nell’infrarosso e nell’ultravioletto, degli spettrografi per lo studio dell’atmosfera e altri strumenti per lo studio e l’analisi dei gas ionizzati presenti su Saturno.

All’interno dell’orbiter era montato Huygens, la sonda che nella fase di discesa su Titano ha catturato delle immagini della superficie del satellite fondamentali per studiarne la geologia.

L'atmosfera di Saturno

La sonda Cassini, insieme al suo compagno di viaggio, era partita il 15 ottobre del 1997 da Cape Canaveral, in Florida. Dopo circa sei mesi di viaggio aveva sfiorato Venere per poi tornare verso la Terra e salutarla un’ultima volta ad agosto del 1999. A dicembre del 2000 è stata la volta di Giove, il più grande pianeta del sistema solare, ma solo dopo aver attraversato la fascia di asteroidi tra Marte e Giove stesso. Il primo incontro ravvicinato di Cassini fu Phoebe, un satellite di Saturno, prima ancora di entrare nell’orbita del gigante gassoso. Il primo luglio del 2004  la sonda entrava nell’orbita di Saturno e nel 2005 Huygens iniziava i primi rilevamenti su Titano.

Il mare di Titano

 

Da quando la missione Cassini ha preso forma, circa tre decenni fa, su Saturno è passato poco più di un anno. Impiega infatti quasi 30 anni per compiere una rivoluzione intorno al Sole. Un mistero che Cassini ha contribuito a risolvere è la durata di un giorno sul pianeta. Abbiamo scoperto che tra un’alba e l’altra passano dieci ore e mezza. Ovviamente questo non è stato l’unico risultato di questa missione a dir poco grandiosa. Gli strumenti a bordo della sonda ci hanno permesso di scoprire e vedere cose meravigliose come la tempesta iniziata sul pianeta nel 2010, un evento che si manifesta circa una volta ogni 30 anni. Per non parlare del gigantesco esagono, più largo di due Terre, che staziona al polo nord e dell’uragano al suo centro. Ma non possiamo dimenticare anche le perturbazioni delle piccole lune, o i laghi e i fiumi di metano su Titano e ancora la scoperta di Encelado, la sesta luna di Saturno, che espelle getti di vapore acqueo. 

Le montagne di Titano

Se Cassini vi ha fatto sognare con il suo viaggio straordinario, potete continuare a vivere quei momenti costruendo un modellino in carta della sonda con le istruzioni pubblicate dalla NASA. Potete trovare i file con le istruzioni, in inglese, qui https://www.nasa.gov/pdf/59402main_model_simple.pdf  (versione facile) e qui https://www.nasa.gov/pdf/59403main_model_challenging.pdf  (versione un po’ più elaborata). Buon divertimento!

 Il Galileo