Case a bassissimo consumo energetico
e fonti rinnovabili
di Bartolomeo Buscema
E’ noto che in Italia importiamo quasi l’ottanta per cento dei combustibili fossili per usi energetici residenziali e industriali. Uno scenario che vede nel risparmio energetico una fonte virtuale di energia e una delle vie maestre da seguire se si vuole veramente ridurre la nostra dipendenza energetica dall’estero. Agendo soprattutto nel settore residenziale che assorbe una quota rilevante di energia: quasi il 40%. Già da anni si è cominciato a coibentare efficacemente le nuove costruzioni sotto la spinta di obblighi legislativi. Ora è il momento di andare oltre con la costruzione di nuovi edifici, che per mantenere le condizioni termoigrometriche di benessere di chi ci abita, consumano pochissima energia o addirittura sono anche in grado di fornirla all’esterno . Sono gli edifici cosiddetti a energia quasi zero, cioè involucri edilizi con un fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo, gran parte del quale è coperto da energia proveniente da fonti rinnovabili di cui diremo più avanti. Ricordiamo che nel mese di agosto del 2016, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea è stata pubblicata la Raccomandazione (UE) 2016/1318 del 29 luglio 2016 contenente gli orientamenti per promuovere gli edifici a energia quasi zero tenendo conto delle condizioni climatiche e anche dei relativi costi. I primi dati disponibili che risalgono al mese di gennaio 2017 ci informano che la maggior parte degli Stati Membri mira a un consumo di energia primaria totale (riscaldamento e raffrescamento), non superiore a 50 kWh/ (m2 anno).Per quanto concerne l’Italia, che ha un’ampia variabilità di zone climatiche, i parametri di riferimento per una casa unifamiliare di nuova costruzione si aggirano sui 50-65 kWh termici / (m2 anno) di energia primaria totale , di cui una quota considerevole di 50 kWh/ (m2 anno) dovrà essere coperta con impianti che sfruttano le fonti rinnovabili tra cui quelli fotovoltaici e solari termici. Provando a semplificare, possiamo dire che si tratta di edifici che consumano fino a un quindicesimo di combustibili fossili (metano e gasolio) rispetto a un edificio medio costruito negli ultimi quarant’anni. Evidentemente anche spendendo un quindicesimo.
Come
anticipato, gli edifici a energia quasi zero sono tali perché una larga fetta
del fabbisogno energetico è coperta da impianti che sfruttano le fonti
rinnovabili. Ricordiamo che dal 2011, agli interventi legislativi sul risparmio
energetico nel settore residenziale (coibentazione dell’involucro edilizio ed
efficienza degli impianti termici)
si affianca l’introduzione obbligatoria, per i nuovi edifici e per quelli
sottoposti a ristrutturazione rilevante, l’installazione d’impianti che
sfruttano le fonti rinnovabili per coprire una quota ,crescente negli anni, dei
consumi termici ed elettrici. In particolare, il D.lgs. 28 del 2011 aveva
previsto che l’iniziale obbligo di copertura del 35% dei consumi previsti per
l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento fosse aumentato al
50% dal primo gennaio 2017. Ma il D.L. 244/2016 (Milleproroghe), entrato in
vigore lo scorso 30 dicembre, ha spostato tale data al 31 dicembre 2017. Tale
spostamento temporale ha in parte modificato il quadro generale per cui ci pare
opportuno richiamare gli obblighi e le decorrenze aggiornate in base al recente
provvedimento. Come ricordato, gli obblighi di installare impianti rinnovabili
si applicano sia agli edifici esistenti sia a quelli nuovi. Per quanto concerne
gli edifici esistenti, l’obbligo scatta per gli edifici aventi superficie utile
superiore a 1000 metri quadrati, soggetti a ristrutturazione integrale degli
elementi edilizi costituenti l'involucro, e per quelli soggetti a demolizione e
ricostruzione. Sono esclusi gli edifici sottoposti a vincolo storico e
artistico.
Per quanto, invece, riguarda gli edifici di nuova costruzione, c’è l’obbligo per
tutti gli edifici per i quali la richiesta del pertinente titolo edilizio,
comunque denominato, sia stata presentata dopo la data di entrata in vigore del
D.lgs. 28 del 2011.
Pertanto tali edifici devono garantire una copertura da fonti rinnovabili pari
a:
a) 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria;
b) percentuali della somma dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il
riscaldamento e il raffrescamento, variabili secondo la data in cui è richiesto
il titolo edilizio:
a)20% in caso di richiesta del titolo edilizio dal 31/05/2012 al 31/12/2013
b) 35% in caso di richiesta del titolo edilizio dal 01/01/2014 al 31/12/2017
c) 50% in caso di richiesta del titolo edilizio dal 01/01/2018.
Ma l’apporto delle fonti rinnovabili concerne anche una quota dei consumi
elettrici. In questo caso, la potenza elettrica ,in kW ,degli impianti
alimentati da fonti rinnovabili che devono essere obbligatoriamente installati
sul tetto o nelle relative pertinenze è calcolata secondo la formula: P=S/k,
dove S è la superficie in pianta dell’edificio al livello del terreno, misurata
in mq, mentre k è un coefficiente che assume i seguenti valori:
a) 80 in caso di richiesta del titolo edilizio dal 31/05/2012 al 31/12/2013
b) 65 in caso di richiesta del titolo edilizio dal 01/01/2014 al 31/12/2016
c) 50 in caso di richiesta del titolo edilizio dal 01/01/2017.
Infine, ricordiamo ,secondo quanto stabilito dall’Allegato 3 del D. Lgs.
28/2011, le soglie sopra elencate sono incrementate del 10% per gli edifici
pubblici e ridotte del 50% nelle zone A dei centri storici.
Concludendo, possiamo dire che indubbiamente si tratta di obiettivi ambiziosi,
ma che è necessario raggiungere anche perché la legge italiana in materia di
energia prevede che entro il 2020, tutti gli edifici residenziali di nuova
costruzione devono essere edifici a energia quasi zero. Per gli edifici
pubblici, che nelle intenzioni del legislatore dovrebbero fare da traino, tale
scadenza è anticipata alla fine del 2018.