nel terzo millennio
Il caso della piccola Sofia. Ipotesi sul contagio. L’epidemia di
chikungunya. Le possibili profilassi
di Giuseppe Prunai
L’autopsia ha confermato che la piccola Sofia è deceduta per malaria. Come
l’abbia contratta è un rebus. In
una stanza adiacente alla sua, erano ricoverate due bambine, di ritorno dal
Burkina Faso, affette da malaria. E’ lecito ipotizzare che una zanzara abbia
punto una delle due ragazzine infette e successivamente punto Sofia. Ma non si è
trovata traccia della zanzara anofele, tradizionale vettore del plasmodium
falciparum responsabile della malattia. C’è comunque da chiedersi perché
le due ragazzine, originarie di quel paese africano, non siano state vaccinate
alla partenza: ignoranza dei genitori o inadeguatezza della normativa sanitaria?
E allora? Un giornale ipotizza un tipo contagio determinato da gravi
responsabilità del personale di uno dell’ospedale di Trento dove Sofia è stata
ricoverata e cioè l’uso di un ago infetto; uno degli aghi con cui viene punto un
dito del paziente per rilevarne il livello di glicemia. Ricordiamo che Sofia era
stata ricoverata per una forma di diabete infantile e non è escluso che un
operatore sanitario, dopo aver rilevato la glicemia ad una delle due ragazzine
africane, abbia utilizzato lo stesso ago con Sofia. E’ un’ ipotesi tutta da
verificare. Spetterà all’inchiesta della magistratura e a quella amministrativa
disposta dalla direzione dell’ospedale di Trento chiarire l’accaduto. Ma non
sarà facile arrivare a conclusioni inoppugnabili.
Intanto, l’attenzione di tutti si è spostata sulle zanzare, soprattutto sulla
variante “anòfele”, un tempo massicciamente presente in Italia, soprattutto
nell’Agro Pontino, in Maremma e in Sardegna. E’ praticamente scomparsa, insieme
alla malaria, nei primi ani ’50 del ‘900, man mano che si è diffuso il
DDT. L’Agro Pontino fu addirittura
irrorato con le “Cicogne” (piccoli motoalianti) di DDT: scomparve la malaria ma
aumentarono i caso di tumori polmonari.
La malaria viene diffusa da un tipo di zanzara, l’anofele, che si credeva
scomparsa dal nostro territorio. Ma la velocità dei viaggi da un capo all’altro
del mondo, la possibilità che l’anofele si sia nascosta in un bagaglio o nella
stiva di un aereo è estremamente concreta. Il meccanismo di contagio è piuttosto
semplice. La zanzara punge una persona ammalata di malaria, ne sugge il sangue e
sviluppa il plasmodium falciparum
che è il vettore della malattia. Successivamente la zanzara punge una persona
sana e le inocula il terribile plasmodio che sviluppa la malaria in una delle
sue forme, da quelle più leggere, più o meno curabili, a quelle letali.
Per saperne di più, rimandiamo i nostri lettori a quando scritto su wikipedia al
link
https://it.wikipedia.org/wiki/
Oltre alla malaria,
adesso si sta diffondendo un’altra patologia, la
chikungunya, una malattia virale acuta, causata da un virus trasmesso da quella
che comunemente viene chiamata zanzara tigre. Non si tratta di un’infezione
letale. La terapia è sintomatica e si basa sul controllo delle artralgie.
Esiste un vaccino da virus inattivato, ma è riservato al personale di
laboratorio.
A fine settembre, i casi
di chikungunya erano una settantina, concentrati per
lo più nel Lazio, un numero in aumento tanto da indurre le autorità sanitarie
della zona a vietare le donazioni di sangue.
Anche per la
chikungunya rimandiamo a quanto scrive wikipedia,
https://it.wikipedia.org/wiki/Chikungunya
La prima
profilassi, una profilassi fai da te, è la pulizia dei terreni vicini alla
propria abitazione e l’eliminazione delle acque stagnanti. I sottovasi dei
nostri terrazzi sono un vivaio di zanzare di qualsiasi tipo. Suggeriamo anche di
fare periodicamente scorrere l’acqua nei cosiddetti “troppo-pieni” dei sanitari
dei nostri bagni. In questi condotti vi sono dei ristagni di acqua abbastanza
pericolosi. Meglio eliminarli. Ma una profilassi in grande stile debbono farla i
comuni. E dovrebbero farla periodicamente, in anticipo, senza aspettare che si
sviluppi la malattia come ha fatto la Raggi a Roma.
Ma i
problemi posti da malaria e chikungunya non debbono distogliere l’attenzione da
altre malattie provenienti dall’estero. A Bolzano,
si è registrato un caso di tifo, una
malattia praticamente debellata in Occidente. Si tratta di una giovane asiatica,
di una regione meridionale del continente, appena rientrata in Italia dopo un
soggiorno in patria. L’ultima grave epidemia di tifo ai verificò in Italia nel
1942, in piena guerra mondiale. Fu messa sotto accusa la centrale del latte di
Roma, si arrivò a dire che alcune addette all’imbottigliamento facessero
regolarmente il bagno nelle vasche piene di latte per tonificare la pelle.
Verità o leggenda metropolitana? Difficile dirlo. Fatto sta che nessuna donna fu
mai arrestata e condannata per contagio.
Anche in
questo caso, sono da lamentare la mancanza di precauzioni: vaccinazioni,
soprattutto, e, se necessario, quarantena.