Pensieri in libertà
dopo il terremoto di Casamicciola
di Giuseppe Prunai
Italienisch can-can
mi urlò in faccia il responsabile della sala stampa della stazione d’ascolto
dell’Agenzia spaziale europea di
Porz-Wahn, vicino Colonia, al quale avevo chiesto un telefono dedicato per il
Giornale radio Uno che mi aveva
spedito lassù per seguire uno dei tanti lanci dello Space-lab, il laboratorio
spaziale europeo riutilizzabile.
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un’espressione che mi è rimasta fissa in mente e che riaffiora ogni volta che
assisto al deprimente spettacolo di impotenza e disorganizzazione della macchina
pubblica, in somma dello Stato, di
fronte ad un’emergenza.
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deve aver esclamato, sobbalzando sulla sedia, il vulcanologo Enzo Boschi
guardando in TV le immagini delle case di Casamicciola, distrutte dal sisma del
21 agosto scorso al quale l’INGV attribuiva una magnitudo di 3,6 della scala
Richter. Una magnitudo un po’ bassa per la distruzione che aveva provocato:
danni di grandi proporzioni e addirittura un abbassamento del suolo di circa 4
centimetri. Fatto sta, che dopo qualche ora, l’ INGV ha aggiustato il tiro a
magnitudine 4. Forse ancora un po’ bassa.
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deve vere urlato il fantasma di Benedetto Croce (foto a sinistra) vedendo
scavare non sempre destramente fra le
macerie
di un’abitazione, letteralmente sbriciolata, per estrarre vivi tre fratellini
sepolti dalle macerie. Per Croce, terremoto voleva dire quello di Casamicciola
del 1883, un evento ancora vivo nella memoria della gente il cui ricordo viene
tramandato tra le generazioni ed è legato ad un adagio: “fare Casamicciola”,
“hanno fatto Casamicciola”. Il fatto che in quel terremoto, il Croce perdette i
genitori e la sorella Maria. Aveva 17 anni.
Scrisse, anni dopo: “"Nel
luglio 1883 mi trovavo da pochi giorni, con mio padre, mia madre e mia sorella
Maria, a Casamicciola, in una pensione chiamata Villa Verde nell'alto della
città, quando la sera del 29 accadde il terribile terremoto. Ricordo che si era
finito di pranzare, e stavamo raccolti tutti in una stanza che dava sulla
terrazza: mio padre scriveva una lettera, io leggevo di fronte a lui, mia madre
e mia sorella discorrevano in un angolo l'una accanto all'altra, quando un rombo
si udì cupo e prolungato, e nell'attimo stesso l'edifizio si sgretolò su di noi.
Vidi in un baleno mio padre levarsi in piedi e mia sorella gettarsi nelle
braccia di mia madre; io istintivamente sbalzai sulla terrazza, che mi si aprì
sotto i piedi, e perdetti ogni coscienza.
Rinvenni a notte alta, e mi trovai sepolto fino al collo, e sul mio capo scintillavano le stelle, e vedevo intorno il terriccio giallo, e non riuscivo a raccapezzarmi su ciò che era accaduto, e mi pareva di sognare. Compresi dopo un poco, e restai calmo, come accade nelle grandi disgrazie.
Le rovine del terremoto del 1883 in una incisione di Allers
Chiamai al soccorso per me e per mio padre, di cui
ascoltavo la voce poco lontano; malgrado ogni sforzo, non riuscii da me solo a
districarmi. Verso la mattina, fui cavato fuori da due soldati e steso su una
barella all'aperto. Mio cugino fu tra i primi a recarsi da Napoli a
Casamicciola, appena giunta notizia vaga del disastro. Ed egli mi fece
trasportare a Napoli in casa sua. Mio padre, mia madre e mia sorella, furono
rinvenuti solo nei giorni seguenti, morti sotto le macerie: mia sorella e mia
madre abbracciate. Io m'ero rotto il braccio destro nel gomito, e fratturato in
più punti il femore destro; ma risentivo poco o nessuna sofferenza, anzi come
una certa consolazione di avere, in quel disastro, anche io ricevuto qualche
danno: provavo come un rimorso di essermi salvato solo tra i miei, e l'idea di
restare storpio o altrimenti offeso mi riusciva indifferente".
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hanno gridato milioni di telespettatori dei vari telegiornali della tv pubblica
e di quelle
commerciali osservando le immagini di distruzione che avevano qualcosa di
sospetto: mura sbriciolate, tondini di metallo che sembravano fil di ferro,
pilastri sgretolati. Il tutto somigliava a quei castelli di sabbia che
costruiscono i bambini sulla spiaggia e che il vento e le onde del mare
distruggono lasciandone i resti sulla battigia. Personalmente, ho visto qualcosa
di simile in una cittadina dell’Irpinia dopo il terremoto del 1980: un ospedale,
i cui pilastri avevano ceduto facendo adagiare i solai dei vari piani gli uni
sugli altri. Non si è mai saputo in quanti vi morirono, ma si è saputo che il
calcestruzzo conteneva una percentuale incredibile di sabbia e pochissima di
cemento. Un problema comune a molte costruzioni miseramente crollate. E
indagando, sono venuti fuori incredibili episodi di abusivismo, che i sindaci
dell’isola hanno prontamente smentito. Ma molte sono le costruzioni realizzate
direttamente sulle rovine del terremoto del 1883, molti i muri sbriciolati in
modo da far sospettare l’uso di una malta inappropriata, molte, forse troppe, le
richieste di condono (non sempre concesso)
per
sopraelevazioni in precario equilibrio sulla costruzione sottostante.
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deve avere urlato il procuratore della repubblica di Napoli che ha aperto
un’inchiesta della quale ancora non si sa niente.
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pensa il sottoscritto che scrive questi pensieri in libertà constatando che, a
differenza dei terremoti in Italia centrale, di quello di Casamicciola non si
parla
più.