I film

L’ “Educazione affettiva”

Un film di Federico Bondi e Clemente Bicocchi

Con gli alunni della  Scuola-Città Pestalozzi di Firenze che, insieme alle scuole Don Milani di Genova e Rinascita di Milano, segue un percorso di didattica sperimentale

 

 

di Silvia Talli

 

 La locandina del film

Il distacco da qualcuno o da qualcosa è una delle poche certezze che percorrono l’esistenza umana. Meno scontato però è il rimedio per affrontare i momenti di passaggio ed i cambiamenti determinati da separazioni o cesure esistenziali che esulano dalla volontà individuale e che non risparmiano nessuna fase della vita perché della vita stessa fanno parte. E’ un problema complicato per ognuno insomma, a prescindere dall’età, ma lo è sicuramente di più per chi ha da poco iniziato a frequentare quella sorta di “palestra” aperta a tutti (dove in genere non si fanno sconti) ed ha ancora i muscoli poco allenati.

Proprio il tema del distacco e del passaggio esistenziale visto con gli occhi (per non dire con i cuori) dei bambini è affrontato in un bel film-documentario diretto da Federico Bondi e da Clemente Bicocchi dal titolo ” Educazione affettiva” che da tempo ha fatto la sua comparsa nelle sale italiane ma di cui è da poco uscita la versione in DVD.

Protagonisti sono i bambini della Scuola-Città Pestalozzi di Firenze che, insieme alle scuole Don Milani di Genova e Rinascita di Milano, segue un percorso di didattica sperimentale.

Il film racconta gli ultimi giorni di scuola di una quinta elementare, che insieme ad ciclo di vita scolastica chiudono anche una fase esistenziale fatta di relazioni consolidate e di esperienze condivise. Davanti c’è qualcosa di sconosciuto e di incerto che per questo genera inquietudine e domande che attendono risposte. Occorre fare un salto che proietta verso l’adolescenza e con essa verso sfide nuove e sicuramente più complicate.

La fase di passaggio verso il futuro, con le sue inevitabili incognite, è “celebrato” dalla classe con una gita che però non è come le altre e che della classica e rituale gita scolastica ha ben poco. E’ un momento di profonda interazione emotiva che coinvolge gli alunni ma dalla quale non si tengono fuori i maestri Paolo e Matteo i quali, pur mantenendo il ruolo di guide autorevoli, si aprono ad una condivisione autentica e ad una comunicazione empatica con i loro alunni tale da far emergere l’individualità dei bambini affinché essi stessi ne abbiano coscienza. E’ un primo cammino verso il riconoscimento di sé e degli altri.

La scuola infatti non è chiamata soltanto ad insegnare a leggere e a scrivere né tantomeno a fornire nozioni ma è anche formazione dell’individuo, aiuto nella costruzione di un’ identità interiore, educazione al  confronto e apertura alla diversità; in una parola “educazione affettiva”, perché l’emancipazione emotiva ed una attitudine a conoscere e manifestare in modo sano le proprie emozioni riconoscendo e rispettando al contempo quelle altrui, non può che generare individui consapevoli, capaci di affrontare e gestire le sfide della vita ma anche di creare una società dove il valori della persona e della solidarietà non passino mai in secondo piano.

In tempi come questi, in cui l’uso spesso compulsivo dei social-network annulla la vera comunicazione interpersonale non meno del contatto con se stessi, oramai persino fra i ragazzi, questo approccio appare quasi una “provocazione” così come il riconoscimento del valore dei sentimenti, del “sentire” come punto di forza e non di debolezza.

Educazione affettiva è un film intenso, gioioso e toccante insieme; essenziale nella sua autenticità perché l’essenza delle cose vere e delle emozioni non richiede orpelli inutili e può essere raccontata attraverso uno sguardo che si interroga sul futuro, da un viso che esprime in modo potente uno stato d’animo, da un racconto di vita familiare che finalmente libera le emozioni di un primo vero distacco subito, o semplicemente dalle domande su quel mistero che è l’amore o sul senso stesso di un cambiamento non cercato. Già qual è il senso? E’ questa la domanda cruciale che sottende tutto. “Non c’è un senso in questi ultimi giorni” dice un bambino vinto da un momento di tristezza. Ma è un momento perché la vita chiama e anche se talvolta si procede “a spirale” non importa; quello che conta è comunque andare avanti.

Ecco, dunque, riecheggiare le note di “Un senso” di Vasco Rossi che tuttavia non sono le uniche ad accompagnare il film, arricchito anche dal brano “Infanzia e maturità” composto da Ennio Morricone. Neanche le musiche sono casuali, quindi; come del resto il film a cui la classe assiste in quei giorni così speciali: si tratta per l’appunto di “Nuovo Cinema Paradiso” racconto di un’emancipazione personale e sociale per niente scontata eppure realizzata: quella del piccolo Totò diventato uomo sì di successo ma ricco soprattutto di sentimenti e valori che gli sono stati insegnati e lasciati in eredità. Una scommessa vinta attraverso la scoperta salvifica della passione per qualcosa nonché grazie alla cura e alla dedizione di una figura di riferimento che lo ha spinto in modo ostinato verso un futuro migliore; perché si può essere bravi maestri anche senza poter leggere o scrivere. C’é il dono reciproco della vitalità e dell’esperienza, c’è l’empatia che colora e arricchisce le vite anche se queste sono anagraficamente diverse.

Nel film-documentario di Bondi e Bicocchi vengono ripercorsi i vari momenti di didattica orientata alla conoscenza delle proprie emozioni e all’interazione reciproca; questi si alternano in modo veloce con quelli della gita conclusiva come se gli uni fossero ciascuno parte indissolubile degli altri perché uniti dallo stesso fine: fornire (verrebbe da dire ancora una volta “donare”) gli strumenti per affrontare e gestire il cambiamento. La ricerca di un senso, infatti, non vuole fretta e comincia molto prima; ci vuole pazienza e costanza.

Si assiste così alla creazione, nel cortile della scuola, di un palcoscenico “immaginario” delimitato dagli stessi alunni entro il quale ciascuno di essi è invitato ad andare incontro all’altro e a fargli un gesto che sa possa fargli piacere. Oppure gli allievi sono chiamati a liberare un applauso verso l’amico che si immagina di non vedere da un sacco di tempo.

Campionato di Giornalismo "Cronisti in Classe"

La classe II secondaria di Scuola-Città Pestalozzi ha vinto il primo premio

E’ importante anche sciogliere i nodi interiori e dar voce a ciò che inquieta e questo lo si favorisce con l’andare da un lato all’altro di un’aula libera da suppellettili ripetendo:“Abbiamo attraversato il deserto da una sponda all’altra perché abbiamo paura di………..”. Esprimere la paura per affrontarla, dunque.

La gita ha come palcoscenico “reale” una località della campagna toscana non lontana dal mare.

C’è un casolare in cui la classe si riunisce e trascorre la notte, primo vero distacco da casa e assaggio di una emancipazione che dovrà proseguire nel tempo. La notte unisce ed è anche il momento delle confidenze e delle distanze interiori che si accorciano fra le persone, senza escludere nessuno.

Fuori dal casolare poi, ognuno fa il suo percorso: c’è chi si isola osservando da una propria postazione gli amici da cui dovrà separarsi, c’è chi si incammina da solo lungo un viottolo costellato di rami insidiosi che gli si parano davanti e che vanno schivati, c’è chi trova dentro di sé la spinta per una corsa liberatoria lungo una strada sterrata tutta dritta che porta non si sa dove e c’è anche chi preferisce avventurarsi in compagnia lungo quel viottolo che i rami intrecciati fra loro rendono più complicato percorrere.

Sembra non mancare proprio niente nella natura che accoglie questa gita così speciale. Non poteva di certo mancare il mare. Ecco quindi i bambini che sulla spiaggia si prendono per mano l’uno con l’altro guardando verso l’orizzonte. Basta poco per lanciarsi in un gioioso tuffo collettivo che si pone come un vero e proprio rito di iniziazione dentro il mare del futuro che li aspetta.

C’è chi forse ha bisogno di una spinta in più: così uno dei due maestri lo solleva e lo lancia nell’acqua ma c’è gioia e allegria anche in questo tuffo meno agile

Perché in fondo il senso della vita è semplicemente viverla, comunque.

Il Galileo