Un nuovo pesce pericoloso nuota nel Mediterraneo

 

di Bartolomeo Buscema

 

C’é un nuovo ospite indesiderato nel Mediterraneo: il pesce scorpione (foto in alto), un nome  certamente poco rassicurante. E’ un abile predatore che può raggiungere la lunghezza di quasi mezzo metro ed è dotato di tredici aculei che svettano sulle pinne dorsali e tre su quella anale. Il nuovo ospite, che è ritenuto tra le specie più invasive al mondo, ha aculei dai quali fuoriesce un veleno molto tossico. Originario delle acque del mar Rosso e dell’oceano Indiano è arrivato per la prima volta nel Mediterraneo nel 1992.Ora, come rileva uno studio congiunto ,pubblicato sulla rivista BioInvasion Records, redatto dagli scienziati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dell’American University of Beirut, il pesce scorpione ha cominciato a nuotare nelle acque marine  siciliane . Più precisamente, lo scorso settembre 2016, tale pesce pericoloso è stato fotografato  da alcuni subacquei all’interno della Riserva Naturale Orientata oasi faunistica di Vendicari (SR).Non si esclude ,purtroppo, una possibile  rotta verso Nord.Un serio problema per l’ecosistema marino  e, soprattutto, per l’uomo. Infatti, la puntura del pesce scorpione, oltre a un dolore persistente e insopportabile, provoca nausea, vomito, febbre, convulsioni, difficoltà respiratoria e diarrea. In alcuni casi, purtroppo la zona del nostro corpo che viene punta rischia addirittura una necrosi locale associata a una perdita di sensibilità che si può protrarre anche per qualche settimana. La prima cosa da fare, dopo una puntura, suggeriscono gli esperti, è quella di rimuovere eventuali aculei conficcati sulla pelle disinfettando energicamente dopo aver immerso la parte interessata in acqua molto calda che distrugge la struttura proteica della tossina lenendo così il dolore. Un trattamento analogo viene già utilizzato per le punture di tracine e per gli incontri ravvicinati con le meduse. Ma come limitare i possibili danni all’ecosistema e  soprattutto all’uomo? Una via da seguire, suggerita dagli scienziati dell’ISPRA, è quella di informare, meglio ancora anche con qualche foto, chi fa attività subacquea per riconoscere tale pesce, per poi poterne subito segnalare l’eventuale presenza alla Capitaneria di porto locale.

Il Galileo