Un nuovo metodo per prevedere l'evoluzione dell'attività
dei Campi Flegrei
Applicato ai Campi Flegrei un nuovo metodo per la previsione delle eruzioni,
grazie a un’analisi comparativa della sismicità e delle deformazioni del suolo.
A idearlo, un gruppo di ricercatori INGV e University College of London. La
ricerca è stata pubblicata su Nature Communications
Prevedere le eruzioni dei vulcani da lungo tempo quiescenti, è l’obiettivo del
nuovo modello concettuale sviluppato da un’equipe di ricercatori dell’Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Napoli (INGV-OV) e dell’University
College di Londra (UCL). Lo studio, pubblicato su Nature Communications, si basa
sull’osservazione delle deformazioni del suolo comparate al tasso di sismicità,
ovvero sull’analisi dello sforzo a cui sono soggette le rocce vulcaniche in
relazione allo sforzo massimo sostenibile, oltre il quale il sistema vulcanico
potrebbe entrare in eruzione.
Le colonne del Tempio di Serapide nell’antico ‘Macellum’ Romano di Pozzuoli
(NA). Le tracce lasciate sulle colonne dai molluschi marini, nei periodi in cui
erano parzialmente sommerse, permisero le prime ricostruzioni del ‘bradisisma’,
ossia delle forti variazioni del livello del suolo, che spesso portavano le
colonne al di sotto del livello del mare, negli ultimi 2000 anni circa
“Quando le deformazioni sono di piccola entità”, spiega Giuseppe De Natale,
dirigente di ricerca INGV, “le rocce si comportano in maniera elastica,
deformandosi in modo proporzionale agli sforzi interni. Quando, invece, gli
sforzi interni superano una certa soglia, il comportamento delle rocce diventa
elasto-fragile, con conseguente processo di fratturazione. All’aumentare
progressivo dello sforzo, oltre una certa soglia le rocce si comportano in
maniera esclusivamente fragile, generando fratture sempre più profonde che
collegano la superficie con le zone dove sono concentrati gli sforzi interni. In
questa situazione, un’eruzione può innescarsi”.
L’evoluzione del sistema, da ‘elastico’ a ‘fragile’, può essere monitorata
studiando l’andamento congiunto delle deformazioni e della sismicità.
“Questo nuovo approccio”, prosegue De Natale, “è stato utilizzato per studiare i
fenomeni di bradisisma, ben noti da oltre 2000 anni, che dal 1950 a oggi hanno
prodotto oltre 4 metri di sollevamento nel porto di Pozzuoli e circa 20.000
terremoti”.
Il modello prevede che in un’area vulcanica come i Campi Flegrei, soggetta a
continui fenomeni di sollevamento del suolo, ogni ulteriore episodio può avere
un’evoluzione diversa e maggiormente critica, in quanto agisce su un sistema già
modificato dagli sforzi accumulati in precedenza.
“Questa progressiva evoluzione verso una completa fratturazione dei sistemi
vulcanici soggetti a grandi deformazioni cumulative”, spiega Chris Kilburn,
ricercatore dell’UCL, “può chiarire anche le cause dell’eruzione del 1994 della
caldera di Rabaul (Papua, Nuova Guinea), avvenuta dopo un modesto episodio
deformativo (una decina di centimetri), in un’area che aveva però già
accumulato, nei decenni precedenti, alcuni metri di sollevamento”.
“Finora, per la previsione delle eruzioni, si focalizzava l’attenzione
sull’eventuale presenza di intrusioni magmatiche superficiali. Questo lavoro
invece”, prosegue De Natale, “pone l’attenzione sulla risposta del vulcano alle
sollecitazioni interne, attraverso l’osservazione congiunta della deformazione e
della sismicità”. Tale applicazione ha permesso di quantificare l’entità del
sollevamento oltre il quale il sistema potrebbe entrare in regime ‘fragile’, con
alta probabilità di eruzione.
L’area vulcanica Napoletana, che con la presenza di tre vulcani esplosivi: Campi
Flegrei, Vesuvio, Ischia e la sua altissima urbanizzazione (rappresentata qui
dall’intensità del colore bianco) è caratterizzata dal più alto rischio
vulcanico al Mondo
“Quanto l’attuale condizione dei Campi Flegrei sia vicina al punto critico
dipende molto dallo stato fisico attuale del sottosuolo flegreo. Calcolare,
quindi, con precisione il reale stato fisico delle rocce profonde ai Campi
Flegrei è una priorità per la ricerca futura. Un obiettivo cruciale che può
essere raggiunto in maniera efficace grazie a perforazioni profonde che possono
esplorare direttamente le proprietà ‘non elastiche’ del sistema. Questo nuovo
modello interpretativo rappresenta un’importante evoluzione rispetto ai metodi
di previsione delle eruzioni, essenzialmente empirici, utilizzati finora”,
conclude De Natale.
La ricerca realizzata ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al
momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile.
Si ricorda che dal dicembre 2012 i Campi Flegrei, che vengono continuamente
monitorati e studiati da INGV, sono a livello di allerta "giallo" (attenzione).