Strumento d’indagine e di cura
di Luisa Monini
Sanremo 2017 ha fatto il bis e dopo aver ospitato lo scorso anno il pianista e
compositore Ezio Bosso affetto da SLA, ha
portato sul palco dell’Ariston “I ladri di carrozzelle”, la band
rock formata da musicisti con disabilità che ha aperto la finalissima del
Festival con il brano “Stravedo per la vita"
cantato da Lorenzo, solista del gruppo, non vedente. “La musica è vita”
ha più volte ripetuto Lorenzo dando voce a un testo con il quale si è ribadita
l’ importanza della musica come mezzo per comunicare sentimenti ed emozioni ma
anche per celebrare la vita.
Nei tempi antichi si riteneva che l’Universo fosse fondato su principi di
assoluta armonia e che anche la vita dell’uomo
dovesse
svolgersi in sintonia con i ritmi del Cosmo. Se questo non accadeva, sorgevano
le malattie che potevano essere curate rientrando nella regola del respiro
universale e la Musica era il principale mezzo per riconquistare l’armonia
perduta.(Immagine a sinistra; W.A. Mozart) E’ dunque musicale l’anima mundi e la
musica stessa è reminiscenza, fonte della sapienza platonica alla quale ancora
oggi gli studiosi attingono per comprendere meglio come i suoni, i ritmi, le
melodie e le armonie, possano curare la mente e il corpo dell’uomo sofferente.
Grazie alle moderne tecniche di Neuroimaging, oggi siamo in grado di conoscere
l’anatomia funzionale del cervello e di capire come il nostro cervello elabora
l’esperienza musicale. Si è così consolidata l’idea che le informazioni musicali
seguono nel loro viaggio intracerebrale dei particolari “ sentieri “ per
arrivare a diventare percezioni coscienti. Questi “sentieri” corrono in fasci di
fibre nervose, contattano i nuclei della base del cervello che li colorano di
ricordi e di emozioni ed arrivano ai lobi frontali dove si integrano con altre
informazioni per dare sensazioni coscienti della loro presenza. E’ così che gli
studiosi hanno realizzato che la musica rappresenta anche un prezioso strumento
di indagine per comprendere meglio le complesse funzioni cognitive del cervello
quali la memoria, l’apprendimento, l’attenzione, la progettualità, la creatività
e le emozioni. Comporre, suonare e anche ascoltare musica mette in funzione
miliardi di neuroni delle varie aree cerebrali, e anche miriadi di neuroni di
associazione, provocando una attività straordinaria e benefica, che alimenta,
galvanizza e nutre il cervello con un coinvolgimento totale dell’organismo, il
così detto embodiment degli anglosassoni. Se tutto ciò vale per una persona in
buono stato di salute, il valore terapeutico della musica diventa ben più
evidente nelle persone che, vuoi per ragioni traumatiche, vuoi per ragioni
neurodegenerative, non comunicano più con loro stessi e con il mondo esterno.
Approfonditi studi di neuro-psicologia hanno dimostrato che la musica può
entrare in un cervello “ malato “ e rimetterlo in qualche modo “in sesto”
attraverso il riconoscimento non tanto di singole note quanto del ritmo e della
melodia da esse formate. Il cervello di una persona in coma di fatto non
comunica più col mondo esterno ma non per questo è escluso dalla funzione
dell’ascoltare. E’ suggestivo pensare che nei pazienti autistici o in quelli in
stato vegetativo permanente le note musicali, giunte passivamente nell’area
auditiva, spingano per farsi strada nel cervello riprendendo i
sentieri che seguivano prima del trauma o che dovrebbero seguire se il cervello
non fosse isolato dal mondo come nelle persone autistiche.(Immagine a destra:
J.S. Bach) I ritmi dell’infanzia, le ninna nanne, le canzoni conosciute e amate
fanno risalire dalle profondità delle varie memorie sentimenti e conoscenze
assopite che possono dare origine ad una catena di collegamenti mentali che,
poco alla volta, rimettono in contatto il paziente con il mondo e con la vita.
Dal punto di vista dell’evoluzione della mente la musica è stata studiata per
molti aspetti: lo sviluppo delle abilità uditive, il coordinamento motorio fine,
il linguaggio, la capacità associativa fra emozioni e razionalità, la riduzione
dei conflitti che, al contrario, il linguaggio verbale
può accendere o acuire. Esiste poi il valore sociale della musica: la
musica forma gruppi e identità, rafforza legami: si canta in chiesa, ai
matrimoni e ai funerali, in gita scolastica, allo stadio e davanti alla bandiera
tricolore. Il carattere aggregante della musica si potrebbe far risalire al
valore unificante che essa ha nella relazione madre-bambino e forse è proprio
per questo che insieme si sente o si fa musica: per ritrovarsi, per ritrovare e
cercare se stessi; un ritorno al grembo materno dove la musica è il pulsare
stesso della vita. Nel suo libro “ Le vie dei canti” Bruce Chatwin scrive che le
parole dei canti erano tutto quello di cui gli aborigeni avevano bisogno per
viaggiare ovunque...”Il canto indica la via per andare e poi per tornare all’
origine scavalcando le barriere linguistiche, a dispetto di tribù e
frontiere…perchè la melodia rimane
sempre quella, dalle prime battute al finale”.
Il Suonatore di Liuto del Caravaggio