risultati, obiettivi e risorse
Un incontro organizzato dalla Consulta dei Presidenti degli Enti Pubblici di
Ricerca e dalla CRUI-Conferenza dei Rettori delle Università Italiane per
presentare dati su risorse, risultati, impegni e obiettivi di Enti e Università.
L’Italia investe meno di altri Paesi in Ricerca e Sviluppo e ha meno ricercatori
in rapporto alla popolazione, tuttavia la ricerca pubblica è in buona salute per
pubblicazioni su riviste eccellenti. Gli investimenti in ricerca hanno inoltre
un effetto moltiplicatore grazie alla capacità di acquisire risorse europee e
internazionali
La ricerca pubblica come volano di sviluppo socio-economico, oltre che
scientifico e culturale. La ricerca di Enti e Università come esempio di
trasparenza nella pubblica amministrazione. La necessità di aumentare il
capitale umano della ricerca come interesse anche finanziario del Paese. Questi
i temi affrontati nell’incontro su ‘La ricerca pubblica italiana: risultati,
obiettivi e risorse’ organizzato dalla Consulta dei Presidenti degli Enti
Pubblici di Ricerca e dalla CRUI-Conferenza dei Rettori delle Università
Italiane, alla quale hanno partecipato, con i due Presidenti – rispettivamente,
Massimo Inguscio, Presidente del CNR e Gaetano Manfredi, Rettore dell'Università
degli Studi di Napoli Federico II, Presidenti di Enti Pubblici di Ricerca e
Rettori di Università.
Durante l’incontro sono stati presentati dati utili per rappresentare risorse,
risultati, impegni e gli obiettivi che Enti di Ricerca e Università intendono
perseguire a servizio del Paese, anche attraverso una sempre più solida
collaborazione tra di loro. I più recenti dati sullo stato della ricerca
pubblica confermano il quadro generale degli ultimi anni. L’Italia investe meno
di altri Paesi in Ricerca e Sviluppo (1,33% del PIL nel 2015 contro una media
europea pari a 2,03% - Fonte EUROSTAT) e ha un numero inferiore di ricercatori
rapportato alla popolazione (nel 2015 la percentuale dei ricercatori ogni mille
occupati in Italia era pari al 4,73% contro una media europea del 7,40% - Fonte
OECD).
Tuttavia l’analisi del posizionamento internazionale del Paese in termini di
performance della ricerca pubblica evidenzia uno stato di salute buono e, per
certi versi, ottimo. La quota sul totale della produzione scientifica italiana
delle pubblicazioni su riviste eccellenti (presenti nel top 5% internazionale in
base al fattore di impatto) è superiore alla media mondiale (Fonte Report ANVUR
2016). Analogamente, nel periodo 2011-2014, l’impatto della produzione italiana,
risulta superiore alla media dell’Unione Europea. L’Italia è posizionata poco
sotto gli Stati Uniti per impatto medio, ma con valori molto superiori per quota
di pubblicazioni su riviste di eccellenza. In sintesi, se si guarda alla qualità
della produzione scientifica italiana, essa risulta elevata in rapporto alla
spesa pubblica e privata in ricerca.
È fondamentale rilevare che gli investimenti in ricerca che lo stato veicola
sugli Enti e le Università italiane hanno un immediato effetto moltiplicatore
grazie alla capacità di acquisire risorse europee e da Agenzie internazionali,
oltre che da privati. Tutti i finanziamenti dello Stato (per altro soggetti a
controlli e verifiche puntuali) vengono spesi fino all’ultimo euro e spesso non
consentono neppure di coprire interamente i costi di funzionamento degli Enti e
degli Atenei.
Gli Enti e le Università ricevono finanziamenti dallo Stato e rendono conto del
modo in cui li spendono, dei risultati che ottengono, della loro capacità di
contribuire all’avanzamento delle conoscenze ed all’innovazione del Paese: sono
infatti sottoposti a valutazioni mirate e dettagliate sulla produttività
scientifica, tale valutazione consente di misurarsi con obiettivi quantitativi,
di indirizzare con più efficacia le risorse, di competere a livello
internazionale.
“La Consulta dei Presidenti”, afferma Massimo Inguscio, “è impegnata a formulare
proposte concrete per un miglior funzionamento della ricerca pubblica italiana,
dalla valutazione al reclutamento. Chiediamo più risorse per poter essere sempre
più competitivi, per poter affrontare le grandi sfide internazionali e per
consentire l’inserimento di giovani ricercatori nel sistema”.
“I successi della ricerca italiana, e di quella universitaria in particolare,
sono da decenni basati sullo sforzo di giovani e meno giovani”, sostiene Gaetano
Manfredi. “Ricercatori che formiamo al livello dei Paesi in cima alle
classifiche, ma che ogni anno rischiamo di perdere per le difficoltà di
reclutamento. Un dato su tutti rende chiara la situazione, al di là di ogni
interpretazione: per H-Index siamo settimi al mondo dopo il Giappone e prima
dell’Olanda, che destinano alla ricerca cifre ben più consistenti di quelle
italiane”.