70 anni fa

il Processo di Norimberga

I principi di diritto penale internazionale, sanciti durante il processo ai criminali nazisti hanno gettato le basi per costituire in tempi più moderni dei tribunali internazionali penali

 

di Magali Prunai

 

Il Tribunale di Norimberga

Norimberga è una graziosa città della Baviera, tipicamente medioevale è circondata da mura, lastricata in sanpietrini e dominata da un castello.

Le sue tipiche case a graticcio e mattoni sono state testimoni di numerosi raduni nazisti esaltanti il regime e la figura di Hitler. Proprio per questo suo passato strettamente legato al terzo Reich il giudice federale Robert H. Jackson, nominato primo Pubblico Ministero americano, propose ed ottenne di eleggere la città a sede del tribunale contro i criminali nazisti.

Le ragioni non furono solo simboliche, ma anche pratiche. La città era l’unica con un tribunale ancora agibile e con un carcere vicino. L’udienza di apertura del processo più famoso della storia si svolse presso la corte d’appello di Berlino a novembre del 1945, per poi continuare e concludersi in modo definitivo a Norimberga nell’ottobre del 1946.  

Le bandiere delle potenze vincitrici

A Norimberga vennero processati  24 fra i principali criminali di guerra, nonostante le numerose perplessità di giuristi che non credevano nella validità di un tribunale internazionale composto dalle forze vincitrici, quali Kelsen, e per le stesse asserzioni dell’avvocato di Goering, che affermò il principio, o per lo meno tentò di affermarlo, “nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali”. Alla fine vennero emessi quattro capi di accusa:

1.     Congiura contro la pace mondiale;

2.     Progettazione, provocazione e svolgimento di una guerra d’aggressione;

3.     Crimini e violazioni contro il diritto bellico;

4.     Crimini contro l’umanità.

L’aula del processo. Ancora oggi in uso

La conclusione del processo è ben nota, fra condanne a morte e pene detentive. Ciò che invece è meno conosciuto è come i principi di diritto penale internazionale sanciti durante questa lunga serie di processi abbiano dato l’avvio alle basi per costituire in tempi più moderni dei tribunali internazionali penali.

Interrogatesi se confermare in modo assoluto quanto stabilito a conclusione del processo, le Nazioni Uniti decisero di sancire in maniera universale sette principi di diritto internazionale penale per confermare che a Norimberga non si era messa in scena una dimostrazione di forza da parte dei vincitori sui vinti, ma si erano sancite regole universali per impedire che altre atrocità simili potessero riaccadere.

1.   La responsabilità penale internazionale è individuale. Chiunque commetta un atto costituente crimine di diritto internazionale è di questo responsabile e passibile di condanna. Resta la responsabilità internazionale dello Stato se questo organizza e viola i suoi doveri di prevenzione e repressione.

2.   I crimini internazionali sono indipendenti dal diritto interno dello Stato.

3.   Il fatto che un soggetto abbia commesso crimine internazionale agendo in qualità di Capo di Stato o alto funzionario non lo esime dalla responsabilità penale internazionale personale.

4.   Il fatto che un soggetto abbia agito in esecuzione di un ordine non lo esime dalla propria personale responsabilità penale internazionale. Parallelamente il subordinato ha il dovere di sottrarsi dall'eseguire ordini riguardanti atti criminali.

5.   Il soggetto imputato di crimine internazionale ha diritto ad un equo processo imparziale e rispettoso dei principi generalmente riconosciuti.

6.   I crimini che costituiscono crimine internazionale sono i crimini contro la pace, i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità. I crimini contro l'umanità sono strettamente connessi alle precedenti categorie. 

7.   La complicità costituisce crimine di diritto internazionale.

 

Su una delle porte di accesso all’aula i simboli delle fonti del diritto tedesco

Questi principi, riarrangiati e rivisitati, hanno trovato un posto di primaria importanza in molte convenzioni europee e non solo, estendendo a qualsiasi categoria giuridica responsabilità e diritti. In termini penali hanno fatto sì che potesse essere costituita la Corte Penale Internazionale, con sede all’Aja, con la competenza a giudicare crimini ben specifici quali il genocidio, crimini contro l’umanità e i crimini di guerra (“crimina iuris gentium”). Non ha ancora la capacità di occuparsi del crimine di aggressione, come si potrebbe desumere da uno dei capi di accusa di Norimberga per cui molti gerarchi nazisti furono considerati colpevoli, anche se si è discusso dell’argomento. La Corte, da non confondere con la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite sempre con sede all’Aja, agisce solo se gli Stati di appartenenza non vogliono intervenire o non possono agire per punire i crimini internazionali. Si tratta di un giudice terzo, con poteri sovranazionali, composto da 18 giudici nominati dall’assemblea degli Stati parte.

Oltre a questo organo permanente, si è reso necessario in alcune situazioni costituire dei tribunali speciali: il Tribunale Penale Internazionale per la ex-Jugoslavia, chiamato a indagare sul genocidio, sulla violazione della Convenzione di Ginevra e sulle gravi violazioni delle leggi sulla guerra; e il Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda, creato per giudicare il genocidio ruandese e le gravi violazioni dei diritti umani commesse nel territorio dello Stato e nei territori confinanti.

Modellino dell’aula del processo

 

Il Tribunale speciale per la ex-Jugoslavia ha dovuto stabilire, come in precedenza era accaduto a Norimberga, quali norme penali dover seguire. Si è scelto un ibrido fra diritto anglosassone e diritto continentale, preferendo però, come a Norimberga, dal punto di vista processuale quello anglosassone, mettendo su uno stesso piano accusa e difesa che espongono a una giuria impaziale le proprie ragioni attraverso documenti e testimonianze. Esattamente come per il Tribunale di Norimberga, le accuse sulla legittimità di questo tribunale sono state molte. In primis, ora come all’ora, la problematica della retroattività di certe norme. Le colpe che si imputavano non erano punite, all’epoca dei fatti, in Serbia, come nella Germania di Hitler, da leggi vigenti sul territorio dello Stato e, per tanto, un tribunale internazionale di tal genere metterebbe in dubbio la certezza del diritto. Sia in questo caso, che per Norimberga, le atrocità commesse erano tali anche solo da un punto di vista morale che la teoria della retroattività non è stata considerata.

Diverso è il caso del Tribunale speciale per il Rwanda, creato nel 1994, e ad oggi non ha ancora visto una vera conclusione dati i numerosi latitanti. Ma ciononostante le condanne nei confronti di capi militari, politici e media che hanno contribuito a fomentare l’odio e a istigare la popolazione a commettere crimini aberranti sono state numerose ed esemplari. Nel corso di tali procedimenti penali si è stabilito per la prima volta che lo stupro di gruppo è genocidio quando è mirato a voler distruggere un’intera etnia.

L’aula del processo vista dall’alto

 Possono esserci pochi dubbi che una corte internazionale sia molto più adatta per questo compito che una corte nazionale civile o militare. Solo una corte costituita da un trattato internazionale del quale non solo i vincitori ma anche gli stati sconfitti siano parti contraenti non incontrerà quelle difficoltà con cui dovrà confrontarsi una corte nazionale”. Con queste parole Hans Kelsen, un giurista e filosofo austriaco fra i più importanti teorici del diritto del Novecento, ancora oggi studiato nelle facoltà di diritto, esprimeva le sue perplessità sulla validità di un tribunale come quello che poi si è costituito a Norimberga. Chissà se sottoposto anche lui ai bombardamenti di immagini che abbiamo ora, con la possibilità di vivere in diretta qualsiasi avvenimento, assistendo all’esodo infinito dei cittadini di Aleppo che cercano di abbandonare la propria città ormai ridotta una maceria così come erano ridotte molte città europee 70 anni fa, non chiederebbe anche lui a gran voce un tribunale sovranazionale con condanne esemplari come monito perché ogni tot anni non si ripetano atti  atroci sempre uguali gli uni agli altri.

Il Galileo