I neuroni specchio

Intervista al prof. Gallese*

Che gli ha scoperti insieme con il prof. Rizzolati

 

di Luisa Monini

“L'enfer, c'est les autres "sosteneva Jean-Paul Sartre nel dramma " A porte chiuse ", intendendo con questo che se i rapporti con gli altri sono contorti, viziati, allora l’altro per noi  è l'inferno. Vero è anche il contrario perché, nel bene come nel male, noi ci specchiamo nel volto degli altri e ciascuno ci rimanda qualcosa della nostra immagine contribuendo a farci pensare di noi quel che pensiamo e a diventare poi quello che siamo. “Gli altri rappresentano un elemento essenziale per la conoscenza di noi stessi e del nostro stesso io”. Sosteneva Sartre che con il suo pensiero filosofico era arrivato esattamente là dove, anni dopo, avrebbero portato le ricerche di tre neuroscienziati dell’ Università di Parma: Giacomo Rizzolatti (foto a sinistra), Vittorio Gallese (foto a destra) e Leonardo Fogassi. Gli scienziati stavano studiando l’area F5 della corteccia del macaco, un’area del cervello dove avviene la programmazione del movimento e che si attiva perciò qualche millisecondo prima dell’ area motoria. “Stavamo conducendo questi studi perché ci interessava conoscere i meccanismi neurofisiologici alla base dei movimenti della mano quando è diretta ad afferrare oggetti manipolabili al fine di studiare come il cervello "traduce" la forma di un oggetto nello schema motorio richiesto per afferrarlo”. Vittorio Gallese ricorda così l’origine della ricerca che portò alla scoperta “ casuale” dei neuroni specchio. La chiamano Serendipity e la storia della Medicina, a cominciare dalla scoperta della penicillina, ne è abbastanza costellata ma, sicuramente, nel mondo delle Neuroscienze, questa scoperta ha rappresentato una vera e propria rivoluzione copernicana perchè ha permesso di indagare su questioni una volta ritenute troppo soggettive e quindi lontane dalla oggettiva indagine scientifica, ponendo le basi neurofisiologiche dell’empatia, dell’ amore, del desiderio e della bellezza, dell’ identità e delle interazioni sociali. Come dunque il nostro cervello ci mette in relazione con gli altri? “I neuroni specchio sono cellule motorie che si attivano sia durante l'esecuzione di movimenti finalizzati, sia osservando movimenti simili eseguiti da altri individui “ spiega Gallese “In pratica, lo stesso neurone che controlla l’esecuzione di una propria azione risponde anche all’ osservazione della stessa azione eseguita da altri”. Questo meccanismo, definito di “rispecchiamento” è alla base dei comportamenti mimetici e di apprendimento imitativo. “ Analoghi meccanismi sono presenti nel nostro cervello anche per le emozioni e le sensazioni” precisa il neuroscienziato “ Le stesse aree cerebrali che si attivano quando proviamo dolore o disgusto, oppure esperiamo una sensazione tattile, si attivano anche quando vediamo gli altri provare le stesse emozioni e sensazioni”. Secondo lo scienziato grazie al meccanismo della “ simulazione incarnata” noi abbiamo la possibilità di accedere in parte al mondo dell’ altro dall’ interno. “L’altro è per noi anche qualcosa di più e di diverso da un oggetto da comprendere e interpretare. L’altro è un altro tu.”

E  Gallese spiega che le Neuroscienze cognitive ci hanno fatto comprendere che il confine tra ciò che chiamiamo «reale» e il mondo immaginario e immaginato è molto meno netto di quanto si potrebbe pensare e che la nostra naturale propensione mimetica si manifesta al sommo grado proprio nell’ espressione artistica e nella sua fruizione.

“ Quando ci disponiamo a vivere un’esperienza estetica (guardando un quadro, andando a teatro, al cinema o leggendo un romanzo) in qualche modo noi entriamo in una zona protetta e abbassiamo la guardia nei confronti del mondo reale ( potenzialmente intrusivo), e non ci limitiamo a girare un interruttore cognitivo “ non è vero ma ci credo”, ma liberiamo anche energie che investiamo in emozioni e sentimenti nel rapporto con la finzione narrativa che paradossalmente  può dimostrarsi più vivida della realtà della vita quotidiana. Effettivamente, la finzione artistica è spesso più forte della vita reale nell’ evocare il nostro coinvolgimento attenzionale, emotivo ed empatico. “Vedere e immaginare di vedere, agire e immaginare di agire, esperire unʼemozione e immaginarsela si fondano sull’attivazione di circuiti cerebrali in parte identici, grazie alla “simulazione incarnata”. Secondo Gallese, lo stesso vale per stimoli veicolati da strumenti di comunicazione di massa come schermi video, computers, tablets e telefonini. Di fatto questa invasione tecnologica sta portando ad un ribaltamento delle proporzioni tra ‘reale’ e ‘virtuale’. “ Per milioni di uomini e donne il rapporto con la realtà avviene sempre di più attraverso la sua rappresentazione mediatica. Ciò vale per i telegiornali o i reality shows, come per i social networks. Per un numero crescente di persone è reale solo ciò che i mezzi di comunicazione di massa rappresentano. “Gli errori di valutazione che spesso commettiamo su cosa pensino gli altri derivano almeno in parte dall’essere immersi in un mondo di informazioni condivise con persone molto simili a noi, quasi tutte scelte da noi. Le Neurosicenze, avendo la possibilità di decostruire e comprendere le modalità con cui il corpo si interfaccia col mondo reale e con quello digitalizzato, possono “ svelarne il gioco”, fornendo strumenti per progettare nuovi contesti e nuove mediazioni e, forse in un futuro futuribile, persino i mattoni con cui realizzarli”. Vittorio Gallese è fermamente convinto che su tutti questi temi in futuro la Neuroscienze potranno dirci molto.       

               

 

*Vittorio Gallese MD

Professor of Physiology

Dipartimento di Neuroscienze,

Universita' di Parma

Professor in Experimental Aesthetics,

Institute of Philosophy, SAS University of London, U.K.

 

Il Galileo