La diaspora e il genocidio degli armeni
nel romanzo diario di un giornalista
Diego CIMARA: “AMARARMENIA” -
ARARAT edizioni (Gruppo Editoriale di Silvia Denti)
AMARARMENIA è un romanzo-diario sofferto
di Diego Cimara giornalista del tg1 e autore di di 10 libri e di alcuni
servizi
per tv 7 di Zavoli tra la metà degli anni ’60 e gli anni 80 nell’Anatolia pulita
etnicamente dal genocidio turco.
Reporter Gr Rai e Tg1 per 40 anni, autore di numerosi tv7 nel 1969,72, 75 e 89
sul ritrovamento di centinaia di barranchi in Armenia occidentale
(Anatolia-foibe aperte di montagna contenenti 20-22 mila cadaveri ognuna, poi,
nell’90 cementate dai turchi), dove registra e riporta in Italia i filmati di
campi di concentramento e di sperimentazione eugenetica; le centinaia di
migliaia di morti per fame per la costruzione dell’utopica ferrovia
Berlino-Bagdad, su regia tedesca, consenso russo e manovalanza curda; le
centinaia di migliaia di morti nelle miniere chiuse dall’alto come immensi buchi
neri dove per morire si impiegano giorni; è testimone delle colline di ossa di
cadaveri, pazientemente numerati dai preti gregoriani di Mardin, Kars, Erzurum,
di Van e dei paesi della valle di Lori dove si svolge la prima e più feroce
pulizia etnica contro i cristiani, milioni le fedi di ferro ritrovate, oltre ad
aver raccolto le testimonianze del vero numero di epurati, delle carceri e delle
torture. Documenti che in Rai sono scomparsi. Altre volte ha subito attacchi da
parte del Mit, e oggi, basta che riferisca alla radio nella trasmissione
EUROPARMENIA (www.radiofreestation)
o scriva una riga sugli Azeri, su Erdogan o la pulizia etnica e come è stata
cinicamente attuata (dai documenti e testimonianze del nonno Kostja) gli
bruciano immediatamente, oscurando tutti i siti, gli hard disk e i cellulari per
settimane.
Cimara ha impiegato 40 anni per trascrivere e tradurre in linguaggio corrente 11
mila pagine di indagini, testimonianze, articoli, conferenze, relazioni per
l’Onu del nonno Kostan Zarian, grande filosofo, poeta e informatore, monumento
Nazionale della facoltà di lettere a Erevan in un’Armenia post Sovietica che
cerca di recuperare i grandi saggi che fanno parte del giardino dei giusti.
AMARARMENIA è inchiesta, romanzo, libro di storia, saggio sul bene e sul male,
riflessione filosofica, religiosa, diario intimo del nonno Kostja,
filosofo-movimentista degli anni ’20 nella Parigi di altri grandi informatori:
Hemingway, Picasso, Chaplin, Toynbee, Cendras, Modigliani e tutta la rive gauche
degli esuli polacchi-italiani-armeni-russi in Francia. Storia di un uomo e sua
moglie Takuhì, grande concertista a Costantinopoli, armena-ebrea, che dopo la
fuga del marito dal carcere, (Kostan è leader dei giovani armeni che compiono
attentati contro i giovani turchi e gli ottomani autori di feroci pulizie
etniche) una fuga come il film “fuga di mezzanotte” moltiplicata per tre, perché
per tre volte riesce a scappare, con l’aiuto di partigiani armeni dalle carceri
turche prima e tedesche dopo, assieme ad altri fuggiaschi nel 1915 dal corno
d’oro con una nave di disperati, arriva in Italia dove Takuhì partorisce la
mamma di Diego Cimara: Nwarth, nel ’43, conosciuta come “ombra” durante la
resistenza romana perché salva con uno stratagemma 112 tra ebrei ed
antifascisti. Storia di combattenti e vittime. Di sangue ed onore. Di religione
e crudeltà. L’orrore e la speranza di un popolo, visto attraverso gli occhi di
un poeta: Zarian, grande collaboratore di Lemkin all’Onu, al quale porta 154
mila pagine di resoconti, analisi, criptografie, documenti registrati, foto,
rubati ai russi, ai tedeschi, ai siriani, agli ucraini, ai greci, agli ungheresi
per inserire la codificazione di “genocidio”. Un documento unico, dal valore
inestimabile se si considerano i pochi dati del Genocidio scampati
all’intelligence Russo-tedesco-turca che nei decenni ha polverizzato tutto, come
se nulla fosse accaduto, cementando i barranchi dove sono buttati migliaia di
cadaveri e persone ancora vive, uccidendo coloro che hanno documenti originali
di migliaia di testimoni, foto, registrazioni, articoli. Ancora più prezioso se
si pensa al doloroso fardello portato nel cuore per un secolo dall’esigua
rappresentanza di armeni della terza generazione. La diaspora non potrà mai
perdonare l’avidità di sangue dei turchi, nel cuore di un deportato non c’è più
posto nemmeno per l’odio. Ad accomunare questi anziani la voce di un poeta che
lascia il diario di una vita al nipotino: un ricordo indelebile. Dice Kostja a
Diego: “L’ artista di talento è destinato ad essere infelice, ogni volta che ha
appetito e apre la sua cassaforte, vi trova dentro solo ricordi, sogni,
ispirazioni.”
11 mila fogli indelebili, lanciati in una bottiglia nel mare o nel vento dei
capitoli di storia. Libro-documento inedito sulla pulizia etnica orchestrata dai
tedeschi dietro le quinte degli interessi turchi e russi nell’area dell’Armenia
Occidentale dal 1895 al 1923. Scritto come memoria privata e diario per i suoi
figli. Zarian porta inedite prove e testimonianze sul genocidio degli armeni e
delle altre minoranze cristiane – in particolare greci e siriaci – a opera dei
turchi dal 1913 in poi. E’ opera di uno dei più autorevoli specialisti del
settore da 50 anni sul campo, tra carta stampata, radio e 40 anni di Tg1, che
dimostra, attraverso un vasto numero di documenti ufficiali sia turchi-ottomani,
sia della Germania e dell’Austria imperiali, alleate politiche e militari della
Turchia durante la Prima Guerra Mondiale, l’irrefutabile volontà genocidaria del
governo della Mezzaluna bianca. 40 anni di lavoro per ricavare da migliaia di
documenti una storia che sappia più di romanzo che di documento, consente alla
diaspora e al nostro Paese di avere una fonte informativa tra le più dettagliate
ed esaustive sull’intera questione, collocando il Metz Yeghérn (grande male) in
una analisi storica che parte dai conflitti d’interesse tra le Grandi Potenze,
preludio della Prima Guerra Mondiale, fino a concludersi con un capitolo
dedicato alla comparazione tra l’Olocausto Armeno e la Shoah. Il libro esce
mentre i turchi si stanno preparando a soffocare il 100 ° anniversario
dell’Olocausto contro gli armeni cristiani dell’Impero Ottomano nel 1915 con
commemorazioni della loro vittoria sugli alleati a Canakkale (Gallipoli) nello
stesso anno. Takuhì armeno-ebrea, musicista a Costantinopoli negli anni 1910 e
moglie di Kostja, porta una prova ulteriore – nella testimonianza degli
occidentali – di ciò che la Turchia ancora nega ufficialmente: che l’olocausto
degli armeni è una pagina di storia, tratta da documenti ufficiali che registra
l’ulteriore agonia di questo popolo. Zarian include il destino degli armeni del
Caucaso, come i turchi cercano di diffondere il loro dominio pan-turco a est nel
1918 – dopo il massacro di 2 milioni di armeni tre anni prima. Fuggendo in modo
rocambolesco da Costantinopoli e girando mezzo mondo come
informatore-giornalista e professore di filosofia, racconta al suo diario di una
vita, la Parigi di Utrillo, Apollinaire, la strage dei Kulaki, le canzoni della
Piaf e le epurazioni dei curdi e degli azeri. Tra le altre cose il libro parla
del figlio Hovan, della seconda moglie di Kostja, l’americana Francis Brook,
spia anche lei: Hovan è un fisico nucleare, ucciso sulla sua imbarcazione
d’altura al largo delle Azzorre mentre porta 5 valigie di documenti determinanti
per l’individuazione dei lager turchi in Armenia occidentale a Nwarth, la madre
di Cimara. C’è una grande preparazione, un’accurata documentazione a monte di
questo lavoro: lo si evince dalla precisione dei riferimenti storici, ambientali
e culturali, dalla efficace rielaborazione di alcune foto d’archivio, da come in
così breve spazio i fatti sono stati concatenati, in un armonico equilibrio tra
le vicende dei singoli e quelle dei popoli. La feroce pulizia etnica è vista con
gli occhi dei sopravvissuti: gente comune, travolta da eventi imprevisti e non
concepibili. Due in particolare i protagonisti: un giovane filosofo armeno,
scampato ai massacri e poi diventato informatore in tutto i mondo, e sua moglie
armena-ebrea e madre di tre figli, che lo porta in salvo con una fuga
rocambolesca in Italia. Sono testi sconosciuti e inediti di Zarian ucciso dal
Mit (servizi segreti turchi) nel 1969 in via Abovian n.5 a Yerevan e dell’Nkvd,
servizi segreti russi che da sempre hanno fatto di tutto per far scomparire la
grande documentazione sull’olocausto di 2 milioni di cristiani, uno dei più
brutali massacri del secolo breve che pure ne ha conosciuti parecchi. Un
riconoscimento pubblico turco favorirebbe la purificazione della memoria. Diario
stringato di un uomo che per 50 anni è al soldo di varie intelligence. “Un libro
si stampa – dice Cimara – per non
stare tutta la vita a correggerlo”