E' morto un Partigiano – Uno degli ultimi
Si chiamava Giulio Cuzzi, era un geologo minerario, fu fondatore del circolo
Bertolt Brecht e un protagonista della cultura nella Milano del dopoguerra
La sua storia in un suo scritto del 2010 tratto dal sito
http://www.rivistailcantastorie.it/giulio-cuzzi/
in cui esprime una sua personale valutazione sul dramma delle foibe
"Sono nato in Argentina a Buenos Aires il 24 febbraio 1928.
Mio
padre era antifascista socialista e ha dovuto lasciare la sua terra, Pola, in
Istria, per una lite con un maggiore della milizia fascista.
A Pola e in tutta l’Istria i fascisti non erano ben visti, perché si
distinguevano per la loro prepotenza e sciovinismo.
Negli anni ’30 ho passato l’ infanzia in Argentina e successivamente sono
ritornato in Istria con la mia famiglia, grazie ad una amnistia.
Nella scuola dove ho frequentato le elementari la maestra fascista, sempre in
divisa, con la bacchetta in mano, esigeva che i ragazzi parlassero italiano e
non il dialetto “ciakavo” che è una delle due parlate istriane.
Nel 1938 a Fiume (Rieka) ho frequentato le scuole medie, la città era mista un
po’ croata e un po’ italiana, prima ungherese, un centro molto vivo, porto di
liberi scambi che possedeva un forte sentimento autonomista e antifascista con
molti oppositori a D’Annunzio che la occupò, con un colpo di mano, nel 1919
creando molto mal contento.
Agli studi superiori ebbi un professore che era stato membro del governo
precedente, il prof. Stablich, ex ministro dell’istruzione nel governo
autonomista di Riccardo Zanella, a cui le squadracce fasciste fecero bere l’olio
di ricino insieme a vetri di bottiglia, cosa che gli provocò lesioni
all’apparato intestinale e io lo ricordo molto sofferente, molto malandato
mentre ci leggeva i bollettini di guerra e noi invece gli chiedevamo di parlarci
di Dante e della Divina Commedia. …La mia scuola ha avuto sette caduti nei campi
di concentramento, o fucilati,o morti in combattimento nell’Eserciti Popolare
Jugoslavo non c’è liceo in Italia con una così alta percentuale di caduti
antifascisti: è il Liceo Scientifico Grossich di Fiume.
Quei territori erano considerati la periferia dell’impero, perché erano più
vicini alla cultura austroungarica e il fascismo non ha mai attecchito
totalmente.
Nel 1943 ci fu una insurrezione antifascista in Istria che ha coinvolto 20 mila
persone. Istriani che si sono armati e sono stati sconfitti dai reparti tedeschi
delle SS naziste che si avvalevano della nefasta collaborazione dei fascisti
italiani che indicavano le case degli antifascisti.
Le foibe sono state la conseguenza della oppressione, anche cruenta da parte
dello stato italiano fascista; fatti comunque deplorevoli e non giustificabili
in alcun modo.
Nel gennaio 1945 i tedeschi hanno fatto una leva obbligatoria dai 16 anni in su,
perché comandavano loro nella mia regione. Ho deciso di andare con i partigiani,
avevo 17 anni. Ho dovuto scegliere tra due possibilità: fare il partigiano in
città, ma avrei messo a rischio la mia famiglia, oppure potevo arruolarmi con
l’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo comandato dal maresciallo Tito: ho
preso il mio zaino e sono andato con l’esercito di Tito.
Già istruito alle armi dato che a scuola facevo i campi premilitari e quindi
avevo già una preparazione militare. Sono andato in un paese vicino ad Abbazia
in Istria. Praticamente ho fatto solo un mese e mezzo di fronte nella Lika
vicino a Medjugorje: una guerra quasi di trincea. Il fronte è la cosa più
brutta.
In seguito sono andato a Fiume per difendere il porto, avevamo occupato il
comando tappa della decima Mas nella città portuale.
Dalla 13° divisione di montagna sono passato alla milizia popolare e avevamo il
compito di sminare i vari moli del porto. Di notte andavamo a tagliare i fili
delle mine piazzate dai tedeschi. Nella memoria ho ancora degli episodi tragici
come quello di un uomo che aveva sulle spalle un sacco di farina, ucciso con una
sventagliata di mitragliatrice, il suo sangue aveva tinto di rosso tutta la
farina rovesciata per terra. Dopo solo tre giorni i tedeschi si sono ritirati.
Il 3 maggio 1945 ho visto una trentina di tedeschi della marina impiccati dagli
stessi tedeschi perché giudicati disertori. Dopo, questi tedeschi, che erano
delle SS, sono stati fatti prigionieri, giudicati dal tribunale militare e
fucilati. Una catena tragica e inutile di morte, violenza e distruzioni: questa
è la guerra.
IL DOPO GUERRA
Dopo la guerra ho finito il liceo e, la sera stessa della maturità sono partito
volontario nella brigata istriana Niko Katunar a costruire la ferrovia
della Giovinezza Samaz-Sarajev. Quella è stata per me un’esperienza bellissima
con giovani provenienti da tutto il mondo, c’era anche una brigata italiana.
Ricordo che cantavamo una canzone che diceva “Noi costruiamo la ferrovia e la
ferrovia costruisce noi”. Ci si alzava prestissimo e si lavorava molto
duramente, però era molto bello, ho anche imparato a guidare i bulldozer, era
nel 1947 e abbiamo conosciuto Sarajevo, la capitale della Bosnia, regione
musulmana.
Io avevo la cittadinanza iugoslava e la brigata” Niko Katunar” era formata da
giovani istriani, ma non erano solo giovani comunisti dello S.K.O.J.
( gioventù comunista jugoslava)
E’ andato tutto bene finché è venuto fuori il problema che durante la guerra il
governo jugoslavo clandestino aveva promesso che l’ Istria sarebbe stata una
regione autonoma come la Voivodina, la Metohia e come il Kossovo. Praticamente
un’altra regione autonoma doveva essere l’Istria.
Dopo la guerra il governo jugoslavo dello stato socialista si è rimangiato la
promessa e ha diviso l’Istria. Una parte agli sloveni e una parte ai croati e in
questa occasione mi sono reso conto che il governo aveva una forte tendenza
nazionalista soprattutto i croati e gli sloveni.
All’Italia, con il trattato di pace, sono rimasti solo due comuni. Praticamente
la mia terra è stata divisa in tre, questo non mi è andato giù e naturalmente in
varie occasioni ho protestato. Per cosa ho combattuto? Mi chiedevo, per vedere
la mia terra divisa? In seguito a queste proteste sono stato arrestato e,
nell’interrogatorio, ho detto chiaramente come la pensavo, risultato sono stato
espulso :” Te sbatemo fora, ti g’ha la lingua tropo lunga”, mentre io chiedevo
il processo pubblico affinché potessi dire le mie ragioni.
Volevo un processo a porte aperte anche in considerazione del fatto che avevo
fatto il partigiano. Da carcerato ho aiutato anche molti profughi a traslocare
le loro masserizie prima di essere espulso.
Il maresciallo della Milizia Popolare che mi ha accompagnato dal carcere di
Fiume alla frontiera di Sappiane (Trieste) si è tenuto anche la mia collezione
di francobolli, dicendo che tanto a me non sarebbe servita più e io gli ho
risposto che me la stava rubando! Quando ho passato il ponte a piedi ero
arrabbiato moltissimo e ricordo un soldato neozelandese che mi disse: “Hallo boy
are you free”! e io gli ho risposto: “Yes I am free” e ho passato così la
frontiera occupata dagli alleati in Territorio Libero di Trieste.
A Trieste sono andato a trovare Vittorio Vidali, allora capo dei comunisti
triestini e comandante del V° Reggimento nella Guerra Civile Spagnola, che mi ha
dato indicazioni per andare a Milano.
A Milano abitavo alla “Casa dello Studente”. Non ho ricevuto un soldo come
profugo perché non lo ero, in quanto espulso.
La mia famiglia invece era in un campo profughi a Novara.
Mi mantenevo facendo il contrabbando di sigarette per sostenermi agli studi.
Andavo in Valtellina, che conosco molto bene, e dove sono stato accolto come un
fratello. Io sono un uomo di montagna, durante la guerra ero con la 13°
divisione alpina dell’Esercito Popolare Jugoslavo e tra alpini ci si capisce, mi
hanno dato le istruzioni per diventare contrabbandiere. Andavo a prendere le
sigarette in Svizzera e le portavo a Milano, dove mi ero fatto un banchetto per
la vendita al dettaglio e potermi mantenere agli studi. Alla Casa dello Studente
ricordo non pagavo la retta perché come esule politico.. questo è stato l’unico
vantaggio che ho avuto, ho continuato gli studi regolarmente fino alla laurea,
finendo il biennio al Politecnico poi con il prof. Ardito Desio, uno dei
migliori geologi docenti italiani, ho fatto tre anni nella facoltà Geologia con
Laurea Sperimentale.
Ardito Desio intervistato dal direttore de Il Galileo in occasione del centesimo compleanno del geologo
Ho continuato l’attività politica nel partito comunista.
Il Partito comunista italiano si differenziava molto nella strategia, dagli
altri partiti europei. In quegli anni sono diventato anche segretario nella
sezione Mantovani in viale Padova, 61. E’ in questo periodo che ho iniziato la
mia attività di organizzatore culturale.
Alla fine del 1961 sono stato tra i fondatori del Circolo Bertolt Brecht, in
anni in cui vi era un grande movimento di luoghi di ritrovo a carattere
culturale.
ESPERIENZA DEL CIRCOLO CULTURALE BERTOLT BRECHT
Proprio quest’anno (2010), dopo cinquant’anni, il circolo che ha iniziato la sua
attività nel 1961, finisce e si trasforma in un circolo di artisti.
È stato fondato nel 1961 per mia iniziativa con un piccolo gruppo di compagni e
nominato presidente cosa che ho svolto per cinquant’anni. Ci siamo sempre mossi
in assoluta autonomia, il circolo fin dall’inizio si è finanziato con le tessere
annuali dei soci, saltuari contributi di banche, Fondazioni, del Comune e della
Provincia, da feste ed altre invenzioni. L’attività in questi 50 anni è stata
molto variegata: dai cicli di incontri, alle mostre, alla musica…Un’ attività
importante sono stati i corsi, in particolare “L’A.B.C. della fotografia”
(ripresa, sviluppo e stampa con un’ efficiente Camera Oscura)
Il libro di memorie che sto scrivendo e che spero venga pubblicato, anche grazie
all’aiuto di mio figlio, storico all’Università Statale di Milano, verrà
ultimato entro l’anno e contiene in modo più approfondito l’esperienza del
Circolo Brecht.
La cosa più difficile consiste nel mettere insieme i tantissimi avvenimenti del
‘900. Se si vuole capire il presente bisogna studiare a fondo la nostra storia
passata e in questo libro ho tentato di inserire tutti gli avvenimenti che hanno
accompagnato le mie vicende.
Per comprendere a fondo l’esperienza del Brecht bisogna ritornare a quell’epoca
e cioè a tutto il fermento a sinistra dei giovani intellettuali come la
Rossanda, Vittorini, De Grada e molti altri… C’era in quel periodo il bisogno di
dialogo, di confronto e noi del circolo Brecht eravamo sempre pieni di gente
perché avevamo saputo cogliere questa domanda collettiva.
Eravamo in tre o quattro che avevamo avuto l’idea di un circolo che fosse un
centro di aggregazione popolare dove si discutesse di cultura con la massima
libertà, senza preclusioni ideologiche tranne verso il militarismo e la guerra
che è comunque ingiusta. Io lasciavo parlare tutti, favorivo sempre il dialogo,
perché avevo sofferto sulla mia pelle la mancanza di libertà.
Il Circolo aveva la precisa funzione di far sapere cosa avveniva nel mondo.
Tra le tante iniziative voglio ricordare quando abbiamo commentato la prima
dichiarazione di Fidel Castro a L’Avana. Eravamo nei primi anni ’60 e siamo
stati criticati anche da esponenti del partito comunista cittadino. Non avevano
capito niente, erano molto provinciali, il partito allora non è stato
all’altezza di comprendere bene la portata dell’evento. Altri titoli di incontri
che ricordo riguardano: Egitto, Cuba, Argentina, India; "Le contraddizioni del
socialismo reale”; "Jugoslavia un vicino sconosciuto”; "Germania/Repubblica di
Weimar: cultura e società” e "Germania 1933/1940”, in collaborazione col Goethe
Institut; "Il W.T.O"; Tre cicli su “Europa: civiltà e culture del mediterraneo”;
“Le religioni”; “Utopie”; “La Costituzione”e tanti altri titoli ed iniziative.
In seguito, in occasione delle prime lotte popolari spagnole contro il regime di
Franco, abbiamo organizzato delle iniziative informative e di appoggio.
Questo è stato documentato anche con filmati perché avevamo la possibilità di
proiettare dei film anche del circuito normale.
Corsi popolari di vario genere tra cui quello che ho citato prima sulla “storia
delle religioni” con l’intervento di rabbini, pastori protestanti, e sacerdoti
cattolici
Ospiti illustri come un ministro del Governo in Esilio della Catalogna.
Il Comandante “Carlos”, Vittorio Vidali, ci ha parlato della sua esperienza di
comandante del V° Reggimento nella guerra di Spagna.
Il Circolo aveva un carattere internazionalista e aderiva all’Unione dei Circoli
Bertold Brecht nel Mondo con sede nella DDR.(Repubblica Democratica Tedesca)
Era una realtà importante in città perché era svincolato dai partiti.
Anche Giorgio Bocca è venuto come ospite, ha portato la sua testimonianza sulla
guerra partigiana e ha scritto sulle pagine del “Giorno” che il Circolo era “una
realtà tra le più libere della città,con una buona partecipazione di pubblico”,
infatti avevamo sempre la sala piena.
Oltre ad aspetti politici affrontavamo anche argomenti come il teatro,
commentando opere teatrali e in questo mi è stato vicino un mio grande amico
Iure (Giorgio) Strehler, mio conterraneo. Al Brecht si poteva assistere anche a
rappresentazioni teatrali, a concerti di musica classica, aperto anche alle arti
visive con molti artisti di primo piano.
Nel 1980 inizia la collaborazione di Alik Cavaliere, Emilio Tadini, Gottardo
Ortelli, Dada Maino, Gianni Colombo con presenze di giovani nell’arte. Altre
collaborazioni con artisti e critici come Alberto Veca, Mario Raciti, Miklos
Varga, Tommaso Trini, Claudio Cerritelli, Giorgio Seveso, Franco Migliaccio,
Cinzia Bossi, Elena Di Raddo, Lorella Giudici e molti altri.
Nella sala del circolo si sono tenute ogni anno numerose mostre collettive di
giovani artisti provenienti da tutta Italia e dall’estero; 1 o 2 personali e
vari cicli di incontri e dibattiti: per ogni mostra è stato organizzato un
incontro con gli artisti.
Ai molti giovani che non avevano la possibilità di esporre le loro opere,
abbiamo dato loro uno spazio di espressione, offrendo al pubblico proposte
culturali con un taglio universale e internazionalista.
In linea con il pensiero libero di Brecht, infatti non volevamo essere legati a
nessuno, neanche ai circoli ricreativi presenti in città come ad esempio i
circoli Arci.
Avevamo una biblioteca abbastanza ricca, l’abbiamo ancora, ma nessuno si
interessa. Negli anni ’80 e ‘90, dopo un’indagine sulle attività culturali degli
allora numerosi circoli della nostra zona, abbiamo deciso di occuparci oltre che
delle arti visive e di musica contemporanea, anche della realtà e dei problemi e
delle mutazioni della città.
La nostra politica era anche basata sull’integrazione delle varie etnie che
iniziavano ad affacciarsi e a popolare il territorio della città.
Abbiamo fatto molte iniziative pubbliche in collaborazione con l’Amministrazione
Comunale, con il Sindaco Carlo Tognoli (dal 1976 all’86) che si interessava
molto alle periferie, e con l’Assessore alla Cultura Aghina.
Ultimamente per “Un progetto estetico per Milano” e “Le periferie” sono
intervenuti molti artisti con loro proposte multietniche .
Dopo il 2000 hanno avuto luogo, presso la sede del Circolo, le “Conversazioni in
lingua italiana con extracomunitari”. Altri incontri, presentazioni di libri,
letture di poeti giovani per “Creare una cultura di pace” in collaborazione con
scuole e associazioni.
Anche cose a carattere sperimentale come mostre/performance/musica e poesia in
piazza e luoghi non chiusi: “Arteallaria” appunto.
Tutto questo all’insegna dell’indipendenza. Fin dalla fondazione io mi ero messo
in testa che non volevamo essere strumentalizzati da partiti politici e volevamo
dimostrare che la cultura non è né di destra né di sinistra .
La composizione dei soci era interclassista nel vero senso brechtiano della
parola. E a molti piaceva questo approccio. Perché i partiti allora avevano una
funzione molto più importante di adesso e bisogna considerare il fatto che la
cultura era vista dai partiti come forma di indottrinamento e c’era una forte
strumentalizzazione.
Mentre noi valutavamo la cultura in senso illuministico, nel solco dei principi
della rivoluzione francese e di tutte le altre rivoluzioni, perché ogni
rivoluzione racchiude elementi positivi che in seguito possono degenerare.
Avevamo una forte propensione al rigore scientifico contro ogni tipo di
approssimazione, oggi invece predomina la superficialità, basta uno
slogan….questo, purtroppo è il frutto di una certa cultura “televisiva”.
Tornando al Brecht, avevamo dei momenti di contatto anche con la “Casa della
Cultura” che seguiva più indicazioni di partito, cercavamo di non sovrapporci,
di proporre sempre delle iniziative diverse. La figura di Brecht ci ha sempre
ispirato: la sua libertà l’ha pagata cara, è stato espulso dall’America,
censurato in Germania nella DDR, ma ancora oggi viene ricordato e apprezzato in
tutto il mondo.
Altro grande filone di intervento riguarda la musica in senso ampio.
Per la musica contemporanea ricordo alcune ottime iniziative che il circolo ha
organizzato, senza alcun contributo o sponsorizzazione, “Giovani
compositori/Giovani interpreti” che ha coinvolto tutti i Conservatori della
penisola, con la collaborazione del conservatorio
“G. Verdi” e di un gruppo di noti musicisti guidati da Donadoni per la selezione
delle composizioni. Volevo anche ricordate alcune iniziative sul canto popolare.
Dalla musica popolare si comprende il vero sentimento di un popolo e in quegli
anni c’era molta attenzione verso questi temi,
Negli anni che vanno dal ’70 al ’90 abbiamo ospitato personaggi come Ivan della
Mea, Fausto Amodei, Sergio Liberovici. Michele Straniero era bravissimo, un
cultore della musica popolare , collaborava anche con l’Istituto Ernesto De
Martino qui a Milano. Erano di ispirazione socialista e pubblicavano con le
Edizioni del Gallo con l’intento di divulgare i canti politici e popolari.
In quel periodo ricordo che avevo fatto dei commenti sull’Unità con il mio
pseudonimo “Zeno Zuliani”, che è stato il mio nome di battaglia durante la
Guerra Partigiana, in cui ho ripercorso la storia delle canzoni messicane come
“La Cucaracha” “ Adelida” etc
Poi è sopraggiunto lo sfratto definitivo. Da tempo l’Immobiliare Risorgimento un
anno si e un anno no ci annunciava ristrutturazioni incompatibili con la nostra
presenza o aumenti di canone di comodato per noi insostenibili. Il tutto si
fermava all’annuncio. Nel 2004 lo sfratto è diventato definitivo.
Il Circolo ha cambiato sede portandosi dietro un archivio che conteneva 43 anni
di attività. Ora la sede del Circolo è in via Giovanola, 19 a Milano in zona
Piazza Abbiategrasso, nella periferia sud.
Tempora mutant……oggi i tempi cambiano e anche noi cambiamo velocemente, in
questi ultimi anni tutto è cambiato in fretta, il modo di pensare e di operare
ma …purtroppo i problemi sono rimasti gli stessi, anzi si sono aggravati. Oggi
ci vogliono altre forme di aggregazione
L’esperienza del Circolo Brecht non si è conclusa, si è modificata.
Volevo in chiusura parlare anche della mia esperienza con l’Associazione
Nazionale Partigiani d’Italia. Sono tuttora Presidente dell’ANPI alla Sezione “
Del Riccio” a Gorla, in viale Monza 140, un Circolo Familiare di Unità
Proletaria, già sede della 28° Brigata Matteotti, dei gappisti operanti durante
la guerra nella parte nord di Milano.
L’ANPI è veramente una realtà indipendente. Difende ad oltranza gli ideali della
Costituzione nata nella “Resistenza” Questa Associazione che con mezzi
democratici contrasta i tentativi revisionisti della storia ed i continui
attacchi alla Costituzione oggi ha tra i suoi associati molti giovani e questa è
una buona premessa per il futuro."