Heimat

la patria senza retorica

ma con molta nostalgia

 

di Magali Prunai

 

Tra l’uomo e l’umanità c’è un anello di congiunzione

che non si può spezzare, né dimenticare:

ed è la patria, la Nazione.

Cesare Battisti

 

 

 

Heimat è una semplice parolina tedesca di difficile traduzione in italiano. Heimat è la Patria, è il senso di appartenenza alla propria Nazione, alle proprie radici, al luogo dove si è nati o si è cresciuti. Una parola così piccola, solo due sillabe, per indicare un concetto enorme e difficile da affrontare.

Il senso di appartenenza è un concetto, se vogliamo, innato. Quando nasciamo e cresciamo sappiamo di appartenere a una terra, a una lingua, a una cultura, senza che nessuno ce lo spieghi. Il senso di Heimat, l’amor di Patria, è latente in noi e probabilmente non affiorerà mai nella vita di una persona. (A sinstra, una rappresentazione dell'Italia. Monumento nei giardini pubblici di Porta Venezia, Milano. Foto di Giovanni Dall'Orto). 

Quando abbandoniamo, però, la città in cui viviamo, dove siamo nati, allora questo sentimento si fa vivo in noi. Ci trasferiamo all’estero per lavorare o studiare e ci mancano le abitudini cittadine, il tram sotto casa, i negozi del quartiere. Ma non solo. Non sentir parlare la propria lingua per molto tempo, non avere amici di lunga data con cui parlare del lavoro o semplicemente per uscire a passeggiare, la difficoltà di inserirsi e integrarsi in un mondo nuovo e diverso, forse alle volte anche ostile.

Questo sentimento è ben riassunto in una semplice parolina tedesca nata in occasione dell’unificazione della Germania a metà ‘800, che coincise con un progressivo abbandono delle zone rurali per le città più industrializzate e una conseguente e inevitabile alienazione e perdita dell’identità delle comunità di origine.

Ma se allontanarsi dalla propria Heimat è un dramma per chi è nato e cresciuto in zone più sviluppate dell’Occidente, in un’epoca in cui i confini sono stati progressivamente abbattuti e le nuove generazioni trovano nel mondo la propria casa, per chi arriva da zone più depresse e scappa da situazioni limite è sicuramente qualcosa di più rilevante e problematico.

La storia è piena di racconti di esuli che cercano lontano dalla propria Heimat una nuova casa, così come accade tutt’oggi per chi scappa da guerre o situazioni sociali e umanitarie al limite. Ma questo sentimento può essere molto controverso quando, ad esempio, si tratta di abbandonare il luogo natio, al quale si è legati ma al quale non ci si sente di appartenere. L’esempio più noto è quello degli italiani nati in territorio austriaco che emigrarono verso l’Italia. Ripudiati dal luogo di origine, messi al bando e condannati a morte, gli esuli non sempre trovavano accoglienza nei nuovi luoghi a cui sentivano di appartenere maggiormente. (A destra: la Marianna, simbolo della Francia).

Aver tradito una volta una Patria fa di questi esuli dei probabili traditori a vita. Guardati con sospetto, spesso scambiati per anarchici, il sentimento di allontanamento e di paura del diverso si faceva largo sempre di più fino a una totale emarginazione.

La paura del diverso, poi, viene spesso alimentata da classi politiche populiste e inconsistenti che non sapendo come attirare voti fomentano l’odio appigliandosi a dettagli inesistenti e facendo leva sull’ignoranza altrui.

Avvalorando la tesi di hegeliana memoria della ciclicità della storia, la situazione di distacco, odio ed emarginazione del “diverso” che abbandona la sua Heimat con una zattera in mare in cerca di fortuna in Europa non è troppo diversa dagli esuli che, a metà ‘800, vagavano per l’Europa con pesanti accuse che pendevano sulle loro teste. Così come l’emarginazione che provavano i nobili francesi scampati alla ghigliottina e che avevano trovato rifugio in Europa o i nobili russi che, anch’essi sfuggiti alla Rivoluzione, cercavano conforto in Francia. Tutti alla ricerca di una nuova Heimat, ma sempre guardati con diffidenza.

Il Galileo