la patria senza retorica
ma con molta nostalgia
di Magali Prunai
Tra l’uomo e l’umanità c’è un anello di congiunzione
che non si può spezzare, né dimenticare:
ed è la patria, la Nazione.
Cesare Battisti
Heimat è una semplice parolina tedesca di difficile traduzione in italiano.
Heimat è la Patria, è il senso di appartenenza alla
propria
Nazione, alle proprie radici, al luogo dove si è nati o si è cresciuti. Una
parola così piccola, solo due sillabe, per indicare un concetto enorme e
difficile da affrontare.
Il senso di appartenenza è un concetto, se vogliamo, innato. Quando nasciamo e
cresciamo sappiamo di appartenere a una terra, a una lingua, a una cultura,
senza che nessuno ce lo spieghi. Il senso di Heimat, l’amor di Patria, è latente
in noi e probabilmente non affiorerà mai nella vita di una persona.
Quando abbandoniamo, però, la città in cui viviamo, dove siamo nati, allora
questo sentimento si fa vivo in noi. Ci trasferiamo all’estero per lavorare o
studiare e ci mancano le abitudini cittadine, il tram sotto casa, i negozi del
quartiere. Ma non solo. Non sentir parlare la propria lingua per molto tempo,
non avere amici di lunga data con cui parlare del lavoro o semplicemente per
uscire a passeggiare, la difficoltà di inserirsi e integrarsi in un mondo nuovo
e diverso, forse alle volte anche ostile.
Questo sentimento è ben riassunto in una semplice parolina tedesca nata in
occasione dell’unificazione della Germania a metà ‘800, che coincise con un
progressivo abbandono delle zone rurali per le città più industrializzate e una
conseguente e inevitabile alienazione e perdita dell’identità delle comunità di
origine.
Ma se allontanarsi dalla propria Heimat è un dramma per chi è nato e cresciuto
in zone più sviluppate dell’Occidente, in un’epoca in cui i confini sono stati
progressivamente abbattuti e le nuove generazioni trovano nel mondo la propria
casa, per chi arriva da zone più depresse e scappa da situazioni limite è
sicuramente qualcosa di più rilevante e problematico.
La storia è piena di racconti di esuli che cercano lontano dalla propria Heimat
una nuova casa, così come accade
tutt’oggi per chi scappa da guerre o situazioni sociali e umanitarie al limite.
Ma questo sentimento può essere molto controverso quando, ad esempio, si tratta
di abbandonare il luogo natio, al quale si è legati ma al quale non ci si sente
di appartenere. L’esempio più noto è quello degli italiani nati in territorio
austriaco che emigrarono verso l’Italia. Ripudiati dal luogo di origine, messi
al bando e condannati a morte, gli esuli non sempre trovavano accoglienza nei
nuovi luoghi a cui sentivano di appartenere maggiormente.
Aver tradito una volta una Patria fa di questi esuli dei probabili traditori a
vita. Guardati con sospetto, spesso scambiati per anarchici, il sentimento di
allontanamento e di paura del diverso si faceva largo sempre di più fino a una
totale emarginazione.
La paura del diverso, poi, viene spesso alimentata da classi politiche populiste
e inconsistenti che non sapendo come attirare voti fomentano l’odio
appigliandosi a dettagli inesistenti e facendo leva sull’ignoranza altrui.
Avvalorando la tesi di hegeliana memoria della ciclicità della storia, la
situazione di distacco, odio ed emarginazione del “diverso” che abbandona la sua
Heimat con una zattera in mare in cerca di fortuna in Europa non è troppo
diversa dagli esuli che, a metà ‘800, vagavano per l’Europa con pesanti accuse
che pendevano sulle loro teste. Così come l’emarginazione che provavano i nobili
francesi scampati alla ghigliottina e che avevano trovato rifugio in Europa o i
nobili russi che, anch’essi sfuggiti alla Rivoluzione, cercavano conforto in
Francia. Tutti alla ricerca di una nuova Heimat, ma sempre guardati con
diffidenza.