Le incognite della società globale
Se in politica prevale l'insulto
di Mario Talli
Per uno scienziato
della politica – ne esistono ancora – la situazione nazionale e mondiale non
potrebbe essere più interessante. Partiamo dal contesto smisuratamente più vasto
rispetto al territorio patrio, ovverosia il mondo, con un rapido sguardo a volo
d'uccello e dunque necessariamente limitato. Fino a non molti anni fa quasi una
sola nazione, gli
Stati Uniti d'America era in grado
di esercitare una forte egemonia economica, militare, politica e culturale su
altri stati e popoli. Oggi non è più così. Altre grandi nazioni, la Cina post
maoista dove sotto l'insegna puramente nominale del comunismo si è ormai
affermato il più agguerrito sistema di capitalismo monopolista, l'India, la
Russia post sovietica di Putin, una sorta di zar dell'era moderna, esercitano
già molteplici e decisive influenze sul resto del mondo. Ci sono poi nazioni,
che pur non essendo in grado di
esercitare influenze egemoniche verso l'esterno, sono potenzialmente in grado di
condizionare le politiche altrui perché ad un passo dal possesso dell'arma
nucleare. E infine, ai margini settentrionali e meridionali del territorio
post-sovietico, nel Sud est asiatico, nell'Africa centrale e in Medio Oriente,
c'è una molteplicità di situazioni in ebollizione, attraversate da conflitti
armati in atto o comunque caratterizzate da grande instabilità, all'origine
intanto di quello che probabilmente potrebbe diventare il più grande fenomeno
migratorio e di rimescolamento di popoli ed etnie dell'epoca moderna, cioè
dall'Impero romano in sù.
Ce n'è già abbastanza, ci pare, per stare con gli occhi ben aperti, pur evitando
di abbandonarsi al pessimismo ad ogni costo e, peggio, alla disperazione. Ma
tutto questo non basta. Ad accrescere dubbi ed incertezze c'è anche il fatto che
non sono più i singoli Stati a decidere per quali vie
indirizzare l'economia, attraverso quali strumenti e verso che tipo di
sviluppo. A decidere sono sempre più spesso i monopoli di ogni specie,
industriali, commerciali, informatici e mediatici
che non solo influenzano o addirittura determinano la politica, ma che
“costruiscono” anche le aspettative, i comportamenti, il costume delle persone.
Ed infine, dulcis in fundo, non si può tacere il tipo di personale politico che
troviamo alla guida di molti Stati. Gli esempi da citare, purtroppo, sarebbero
parecchi, equamente distribuiti in tutti gli angoli del mondo, ad Est come ad
Ovest, in Europa, in Asia e nelle Americhe, ma
basterà citarne solo uno per rendere l'idea: il possibile futuro
Presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Pur ribadendo che non è nostra intenzione creare allarmismi, a questo punto ci
pare opportuno citare alcuni passi di un
articolo
apparso recentemente sul giornale “La Repubblica” a firma di Ian Buruma (a
sinistra nella
FOTO
di
Larry D. Moore CC BY-SA 3.0),
noto intellettuale poliedrico di origini olandesi ma in effetti cittadino del
mondo. Riferendosi proprio alle “sparate” di Trump ma non solo alle sue, egli
ricorda Hitler e Mussolini, non per fare dei paragoni improponibili, ma per dire
che “i fascisti e i nazisti non spuntarono dal nulla”, che le basi dell'operato
dei due dittatori e dei loro emuli nelle rispettive patrie e in altri paesi
“erano state gettate molti anni prima da intellettuali, giornalisti, attivisti e
rappresentanti del clero che diffondevano idee piene di odio”. La conclusione
dell'articolista è che se è sbagliato paragonare “i leader populisti di oggi ai
dittatori sanguinari di un passato recente”, tuttavia costoro
dovrebbero rendersi conto che con certi loro comportamenti e usando
determinate parole “essi contribuiscono a creare un clima tossico, che potrebbe
riportare in auge la violenza politica.”
Questa, per sommi capi, è la fotografia del mondo attuale, una fotografia che
naturalmente non ha la pretesa di ritrarre con esattezza la sua realtà
effettiva, ma solamente di isolarne alcuni aspetti allo scopo di renderlo meno
indecifrabile.
Se dallo scenario mondiale, scendiamo nelle realtà di casa nostra molti profili
ovviamente mutano, ma molto meno di
quanto ci si sarebbe potuti aspettare appena una ventina di anni fa. “E' la
globalizzazione, bellezza”, si potrebbe dire parafrasando l'affermazione di un
noto attore americano in un altrettanto famoso film a proposito della funzione
della stampa. Ed in effetti è proprio così. Ormai quasi tutti e sotto qualsiasi
latitudine operiamo, mangiamo, ci divertiamo se non proprio allo stesso modo in
uno quasi simile. Il gigantesco processo di omologazione universale è il frutto
– come supponiamo direbbe il vecchio
Marx – prima di tutto degli attuali sistemi di produzione e dei rapporti
tra capitale e lavoro che vi sono connessi. Ma un contributo determinante al
mutamento è stato apportato da un prodotto (in fondo è un prodotto
dell'industria anche questo) che ai
tempi di Marx (foto a destra) ed Engels non esisteva: l'informatica, con tutti i
suoi annessi e connessi.
Sempre riguardo all'Italia, ma limitandoci alla politica – siamo pur sempre in periodo elettorale, sia pure di proporzioni limitate - non c'è chi non veda che da noi la volgarizzazione selvaggia della contesa tra i movimenti e i partiti ha ormai raggiunto punte mai eguagliate in passato, soprattutto dal punto di vista dell'estensione e della generalità. Su questo giornale abbiamo altre volte posto l'accento su questo punto, proprio nell'intento di sottolineare i rischi derivanti dall' imbarbarimento del confronto politico. I leghisti prima e Grillo poi sono non gli unici ma i principali responsabili di questo fenomeno inquietante. A proposito dei pentastellati ci rifacciamo a Grillo e non all'intero movimento, perché in un primo tempo i neofiti apparivano come persone bene educate realmente intenzionate a darsi da fare per il bene comune. Col passare del tempo e soprattutto in quest'ultimo periodo di competizione elettorale, i comportamenti del co-fondatore e leader del movimento pare siano diventati una caratteristica comune o comunque assai diffusa tra i suoi rappresentanti ad ogni livello. In un'epoca contrassegnata dalla crisi dei partiti e dalla scomparsa delle grandi organizzazioni politiche di massa, con conseguente difficoltà di interlocuzione tra rappresentanza politica e cittadinanza, assume inoltre un rilievo inquietante il sistema di direzione politica eterodiretta, mediante lo strumento informatico di per sé facilmente manipolabile e dai contorni oscuri e minacciosamente misteriosi.
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