Una casa spaziale gonfiabile
agganciata alla ISS
di Irene Prunai
L’astronauta della Nasa Jeff Williams (a sinistra) ha compiuto un nuovo “primo
passo” entrando nella prima casa gonfiabile spaziale
agganciata
da appena due mesi alla Stazione Spaziale Internazionale (Iss). Insieme al
collega Oleg
Skripochka (a destra), Williams ha varcato la soglia di Beam (Bigelow Expandable
Activity Module) un prototipo delle basi delle future colonie su Luna e Marte.
L’obiettivo di questo primo ingresso è stato quello di raccogliere un campione
di aria interna al modulo e di iniziare ad analizzare i dati sull’espansione
dinamica di Beam. Inoltre gli astronauti hanno cominciato ad arredare questa
casa gonfiabile con sensori e strumentazione atti a verificare la sua sicurezza.
Infatti si dovrà capire se la temperatura al suo interno resta ottimale per
l’uomo e se il rivestimento proteggerà i suoi eventuali abitanti dalle
radiazioni cosmiche. Il portello che collega Beam al resto della Iss verrà
accuratamente richiuso dopo ogni ingresso per mantenere il modulo isolato.
Secondo un programma ben dettagliato, che durerà almeno due anni, gli astronauti
faranno il loro ingresso nella struttura per tre o quattro volte all’anno in
modo da monitorare tutti i dati. Alla fine di questo periodo di prova Beam verrà
rilasciato e fatto disintegrare in atmosfera.
Il modulo Beam a terra
Lanciato l’8 aprile scorso, Beam è stato agganciato alla Stazione Spaziale circa
una settimana più tardi e gonfiato il 28 maggio. Da chiuso si presenta come un
cilindro di poco più di 2 metri, pesa una tonnellata e mezzo e da aperto offre
un volume abitabile di circa 16 m3, ovvero quanto una normale tenda da
campeggio. Più leggero e meno rigido dei moduli tradizionali, il suo trasporto
in orbita è sicuramente più economico.
L’idea dei moduli da “campeggio spaziale” non è una novità. Già negli anni ’60
la Nasa aveva commissionato alla Goodyear Aerospace un progetto di stazione
spaziale espandibile. Fu prodotto un prototipo che però per ragioni di sicurezza
non volò mai.
Negli anni ’90, sempre la Nasa, riprese l’idea della realizzazione di moduli
gonfiabili, ma a causa dei costi troppo elevati il progetto non fu portato
avanti. È a questo punto che entra in scena la Bigelow Aerospace che acquisce i
diritti del progetto e nel 2007 lancia i primi veicoli abitativi gonfiabili
sperimentali: Genesis I e Genesis II, entrambi ancora in orbita con lo scopo di
testarne sul lungo periodo la resistenza.
Nello stesso periodo anche la Alcatel Alenia Space tentò la strada dei moduli
gonfiabili sviluppando il progetto FLEX (Flexible Expandable Structure). Ma
anche in questo caso i costi elevati ebbero la meglio.
Attualmente la Bigelow è l’azienda leader nello sviluppo di questa tecnologia.
Il loro scopo primario è quello di arrivare alla costruzione di un modulo, il
B330, di ben 330 m3 che dovrebbe essere usato come unità abitabile sia in orbita
terrestre che per missioni nello spazio profondo. Il primo lancio del B330
dovrebbe avvenire nel 2020 secondo un accordo firmato con la United Launch
Services.