I profughi ambientali vittime

del riscaldamento globale

 

di Bartolomeo Buscema

 

 

Ondate di calore sempre più frequenti, ’invasioni’ biologiche nel Mediterraneo e milioni di profughi  che  fuggono dalle guerre, dalla fame, dalla degradazione del suolo.

In molti casi, queste due ultime cause, dicono gli esperti, sono correlabili al riscaldamento globale contro il quale, lo scorso 22 aprile, a New York, è stato firmato da centosettantacinque Paesi rappresentati all’Onu l’Accordo sul clima globale raggiunto a Parigi sul finire dell’anno passato.

Un impegno che segna una svolta storica e obbliga tutti Paesi firmatari ad aumentare gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra che alterano il clima.

Punto di partenza è  il contenimento dell’aumento della temperatura sotto la soglia di 2 °C, facendo il possibile per arrivare a 1,5 °C, con l’obiettivo arduo di raggiungere la cosiddetta “neutralità carbonica “nella seconda metà del corrente secolo.

Secondo stime dell’ENEA, dal 2008 al 2014, oltre 157 milioni di uomini e donne sono stati costretti a lasciare i propri territori per cause legate al riscaldamento globale che minaccia la nostra Terra, tra cui :

1) il costante innalzamento del livello del mare, che sta rendendo progressivamente inabitabili ampie le zone costiere del Bangladesh e interi Stati costituiti da piccole isole dell’oceano Pacifico;

2) l’aumento del numero e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi, che interesserà un numero sempre maggiore di persone ed insediamenti specialmente quelle che vivono nei Paesi in via di sviluppo e che non hanno i necessari mezzi finanziari per contrastare i deleteri effetti di cicloni, tifoni e uragani;

3) l’innalzamento della temperatura, che porterà in alcune aree della Terra  alla degradazione dei suoli, fino alla desertificazione,  alla riduzione della produttività agricola .

Sempre secondo l’ENEA , tale flusso inarrestabile di individui, dalle zone povere alle zone ricche, che qualcuno chiama “profughi ambientali”, entro il 2050 potrebbero raggiungere i 200 milioni di persone. Ma c’è anche la stima molto pessimistica dell’International Organization of  Migration la quale sostiene che quasi un miliardo di persone potrebbero migrare nei prossimi 40 anni. Ad aggravare il quadro ci ha pensato un recentissimo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet, il quale prevede, entro il 2050, che il ridotto consumo di frutta e verdura, conseguente ai problemi causati all’agricoltura dai cambiamenti climatici, potrebbe determinare un aumento della mortalità, a livello globale, di oltre 500mila casi l’anno.

Uno scenario possibile, non certamente roseo ,che necessita un cambiamento rapido di paradigma nella nostra mente per salvare, per dirla con il sommo Dante, “quest’aiuola che ci fa tanto feroci”.

Nelle immagini: scene di salvataggi in mare. Le foto sono dell'Ufficio stampa della Marina Militare Italiana impegnata, com'è noto, in una continua campagna di salvataggio dei migranti che partono dal Nord Africa verso le coste meridionali italiane servendosi di imbarcazioni fatiscenti.

Il Galileo