Come sono le donne

 

Recensione di Silvia Talli

 

Stefano Martinelli: “Come sono le donne –Un storia d’amore”, ed. Polistampa

Fra i clochard che dimorano sotto le colonne del Colosseo di Nimes ve ne sono tre le cui vite erano state improvvisamente travolte da un comune destino riconducibile ad uno stesso nome, tanto leggiadro ed evocativo da poter essere, paradossalmente, già di per sé ingannatore o comunque foriero di pericoli inaspettati e forse incoffessabili: Juliette.

Uno di loro è Lorenzo il quale, prima di ritrovarsi catapultato a bivaccare sotto i solenni ruderi della Provenza, trascorreva in Italia un’esistenza caratterizzata da un’apparente perfezione e da una evidente monotonia, governata com’era più dai giorni del calendario che dalla sua personale iniziativa: il lavoro di docente universitario, una moglie, Wilma, anch’essa insegnante la quale, al pari del suo stesso nome, era piacevolmente rassicurante e non destava pensieri troppo strani, una figlia con una propria vita all’estero ed infine pochi amici appartenenti allo stesso rispettabile ambiente sociale. Già, l’apparenza…… Basterà la comparsa di una giovane studentessa francese a sgretolare questo fragile edificio esistenziale destabilizzando, con la sua abilità seduttiva e manipolatrice, la vita dell’ingenuo professore incapace di far fronte ad un inaspettato turbinio di emozioni.

La vicenda che ha per protagonista Lorenzo si snoda attraverso le righe di un esilarante e paradossale romanzo giunto alla sua terza edizione e intitolato “Come sono le donne”, sottotitolo “Una storia d’amore”. L’autore di questo libro, non a caso apprezzato, fra gli altri, da Mario Monicelli e Luciano De Crescenzo, è Stefano Martinelli, che con la medesima casa editrice, Polistampa, ha pubblicato raccolte di racconti e un’opera teatrale.

E’ proprio il malcapitato professore a ripercorrere le tappe di quell’incontro fatale che gli ha stravolto la vita e lo fa rivolgendosi direttamente al lettore che in tal modo diventa una sorta di suo alter ego, destinatario di una confessione liberatoria ma al contempo priva di drammaticità o di sterile autocommiserazione per diventare, al contrario, un’analisi lucida e quanto mai ironica sia degli eventi che delle persone che ne sono coinvolte, primo fra tutti sé stesso.

Un’ironia e una lucidità che fanno intuire, nonostante tutto, l’inizio di un processo di rinnovamento interiore che sembra attenuare in un certo senso la sconfitta.

Le pagine scorrono in maniera veloce attraverso continui salti temporali che seguono il ritmo forsennato dei ricordi e delle scoperte: c’è sempre un prima e un dopo, un passato ed un presente con cui dover fare i conti. Del resto non potrebbe essere altrimenti perché la ragazza francese, dal nome candido e nello stesso tempo pericolosamente ammaliante, si è rivelata capace di dipanare un groviglio di esistenze destinate altrimenti a rimanere imprigionate entro la ragnatela delle convenzioni e delle facili situazioni di comodo. Sarà proprio lei, infatti, a dare la spinta decisiva per far cadere una dopo l’altra, come fossero pedine di un domino, le fragili impalcature di vite troppo accomodate e subite.

E non è un caso se il suo nome (ironia della sorte) continuerà a riecheggiare fra le arcate del Colosseo che ospita una piccola comunità di barboni.

La storia non ha niente di scontato, anzi: il lettore è accompagnato passo dopo passo verso un finale sorprendente quanto paradossale in cui sono le donne a deviare il corso di eventi che sembrano già prestabiliti diventando, ciascuna a modo suo, con coraggio o con sfrontatezza, con intelligenza o con abile furbizia, artefici della propria esistenza a prescindere dal fine più o meno nobile che muove le loro azioni.

Eppure non tutto sembra essere perduto o irrimediabilmente compromesso: in fondo qualcosa si è pur messo in moto.

Ecco, quindi, che il racconto che aveva preso le mosse dai ruderi francesi si conclude nel medesimo luogo, perché forse è proprio quello il vero punto di partenza. Lì, fra quelle rovine della storia e della propria vita dove per forza ci si accorge del cielo e ci si sente schiaffeggiati dalla brezza fredda della Provenza, può nascere una nuova consapevolezza e divenire tutto più chiaro; e allora, per questo, può avere un senso anche ritrovarsi, all’improvviso, a vivere sotto le arcate del Colosseo di Nimes.

Il Galileo