Un sistema per ridurre consumi energia e costi
della depurazione delle acque
Un brevetto dell’ENEA
L’ ENEA h brevettato un nuovo sistema per il trattamento delle acque di scarico,
chd consente importanti risparmi sui consumi energetici totali, minori costi di
gestione e maggiore efficienza dei processi depurativi per impianti di
depurazione medio-piccoli (l’80% degli impianti). E nuove tecnologie per
trasformare l’impianto di depurazione in un sistema di produzione di energia.
In occasione della Giornata mondiale dell’acqua l’ENEA presenta un innovativo
sistema per la gestione automatizzata degli impianti di depurazione delle acque
reflue che consente risparmi del 36% circa sui consumi energetici totali e del
15% sui costi di gestione, oltre a garantire una maggiore efficienza dei
processi biologici di rimozione degli inquinanti.
Prima di essere scaricate nei corpi idrici recettori, le acque reflue debbono
essere depurate in quanto contengono spesso concentrazioni molto elevate di
inquinanti quali ammoniaca, azoto e fosforo. Attraverso l’utilizzo di sonde, il
sistema brevettato dall’ENEA consente un controllo automatizzato efficiente e a
costi contenuti dei processi di completa rimozione dell’azoto. Il brevetto - che
verrà presto applicato su un impianto in piena scala - consente inoltre una
gestione semplificata dei sistemi di aerazione (responsabili del 75% dei
consumi), riducendo fino al 60% l’aria utilizzata nelle vasche di trattamento
delle acque.
L’invenzione, messa a punto nel Centro Ricerche ENEA di Bologna, si colloca nel
più ampio contesto della ricerca di soluzioni per ridurre i consumi energetici e
i relativi costi di smaltimento delle acque reflue. Secondo l’EPA, l’Agenzia
statunitense per la protezione dell'ambiente, il 3% dell’intero consumo di
energia elettrica degli Stati Uniti è legato al trattamento delle acque reflue.
In Italia, l’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico
(AEEGSI) valuta in circa 7,5 miliardi di kWh/anno i consumi del servizio idrico
integrato, circa il 2,3% dell’intero fabbisogno nazionale annuo di energia
elettrica, con trend in aumento.
“I consumi di energia connessi alla gestione dei servizi idrici sono in continuo
aumento - sottolinea Luca Luccarini, il ricercatore ENEA autore del brevetto -
Per ridurre i consumi relativi alla depurazione è indispensabile migliorare
l'efficienza delle apparecchiature, risultati più efficaci derivano dalla
gestione ottimizzata dei processi di trattamento ed in particolare di aerazione
dei reflui”.
Ma si può andare anche oltre, trasformando l’impianto di depurazione in un
sistema di produzione di energia.
“L’ENEA è attiva da anni anche nella ricerca sulle nuove tecnologie per la
produzione di energia dagli impianti di depurazione delle acque - sottolinea
Maurizio Coronidi, responsabile del Laboratorio Tecnologie per la gestione
integrata rifiuti, reflui e materie prime/seconde dell’ENEA – È stata tra i
primi in Italia a sostituire i processi depurativi aerobici delle acque reflue
con processi anaerobici che, a seguito di una profonda revisione del ciclo di
trattamento, immettono energia elettrica in rete”.
L’ENEA è attualmente impegnata nell’integrazione di tecnologie consolidate per
il trattamento anaerobico della acque reflue (come l’Upflow Anaerobic Sludge
Blanket) con processi di filtrazione a membrana e sistemi di rimozione biologica
dell’azoto (ad esempio il processo Anammox, di cui oggi ci sono almeno 25
impianti in piena scala operanti nel mondo, ma nessuno in Italia). Sono allo
studio altre opzioni tecnologiche per il recupero di energia dai reflui come la
produzione di idrogeno, celle a combustibile microbiche, celle elettrolitiche
microbiche.
Il settore del trattamento delle acque offre ulteriori margini di miglioramento
che vanno ben oltre il recupero di energia, a patto di adottare approcci
innovativi tali da superare l’attuale utilizzo “lineare” delle acque che prevede
il prelievo dall’ambiente, l’utilizzo (una sola volta) e la reimmissione
nell’ambiente con caratteristiche qualitative solitamente peggiori di quelle di
origine.
In effetti oggi la parola “acqua” si lega indissolubilmente alla parola
“scarsità”. A causa della crescita demografica e degli effetti dei cambiamenti
climatici, l’acqua dolce, accessibile e di buona qualità è una risorsa limitata
e molto variabile. In molte zone del globo l'acqua è contesa tra aree urbane,
agricoltura e industria; inoltre, il settore energetico si sta evolvendo verso
tecnologie sempre più idro-esigenti (come ad esempio per l’estrazione di
petrolio da sabbie bituminose o per la produzione di bio-combustibili), rendendo
più forte la consapevolezza del nesso che lega l’acqua all’energia, il
cosiddetto “water-energy nexus”.
Secondo gli ultimi dati del Water Exploitation Index (WEI) della European
Environment Agency, l’indice che fornisce la più ampia rappresentazione
dell’utilizzo dell’acqua in rapporto alla sua disponibilità a lungo termine,
oggi la scarsità di acqua affligge anche l’Europa, persino quella
settentrionale.
A livello globale si riscontra la stessa tendenza: secondo il rapporto dell’OCSE
“Principi sulla governance dell’acqua” del giugno 2015, sono 2,8 miliardi le
persone che vivono in aree sottoposte a stress idrico, con una proiezione di 3,9
miliardi al 2030. Lo studio inoltre stima al 2050 un incremento del 55% della
domanda di risorse idriche, a fronte di 240 milioni di persone senza acqua
potabile.
Il passaggio ad una logica di economia circolare richiede di fissare
l'attenzione su tutte le risorse potenzialmente recuperabili dai reflui,
rappresentate in primis dall’acqua stessa, ma anche dai nutrienti (azoto e
fosforo) da impiegare come fertilizzanti in agricoltura o ancora la produzione
di biopolimeri per l’utilizzo come plastiche biodegradabili quali, ad esempio, i
poliidrossialcanoati (PHA). Esistono già numerosi e significativi esempi di
pratiche di riutilizzo e recupero idrico tali da massimizzare l’uso della
risorsa e, allo stesso tempo, ridurre la richiesta tecnologica per il
trattamento in un’ottica fit-for-(re)use.