Un NO per dire SI
Il 17 aprile prossimo
italiani alle urne per pronunziarsi
sulle trivellazioni petrolifere
entro le 12 miglia dalla costa
Le conseguenze del SI all’abrogazione della legge che le permette e
quelle del NO
di Giuseppe Prunai
Un sì per dire no,
un no per dire sì. Sì
esprimerà così il voto referendario sulle trivellazioni petrolifere entro le 12
miglia
dalla costa. E' logico che il si e
il no sono la risposta alla domanda che ogni elettore troverà sulla scheda di
voto.
Questa la domanda:
“Volete
voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma
239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità
2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del
giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia
ambientale”?
Ecco spiegato l'arcano che ovviamente creerà non
poca confusione. Una
confusione trasversale allo schieramento dei favorevoli e a quello dei
contrari.
Quando nel maggio del 1981 gli italiani furono chiamati alle urne
per il referendum sulla legge 194
che consentiva l'aborto, fu tratto in inganno anche un giornalista del
GR2, il famoso “radiobelva”.
Il collega in parola era un bravissimo cronista di nera che per esigenze
di servizio fu spedito alla sala stampa del Ministero dell'Interno a seguire
lo spoglio delle schede. In
un collegamento in diretta, dopo avere
riferito che il fronte del no,
ovviamente alla abrogazione della
legge, era in testa, concluse il
suo intervento con la frase: " insomma è una bella affermazione del Movimento
per la vita" (che aveva promosso la consultazione).
I colleghi presenti in sala stampa
gli avevano più volte spiegato che SI vuol dire NO e NO vuol dire SI ma
lui ritenne che lo prendessero in giro.
Potete immaginarvi le reazioni del suo direttore, Gustavo Selva, che lo
fece immediatamente sostituire.
La data del 17 aprile nasce fra le polemiche.
I promotori del referendum volevano accorparlo
alle elezioni amministrative perché una consultazione referendaria costa
intorno ai 300 milioni di euro che potevano essere risparmiati abbinando le
consultazioni. Ma il governo Renzi
non ha voluto,
nel
chiaro tentativo di far saltare il quorum.
Gli elettori italiani, che già disertano le urne per le elezioni
nazionali e locali, non sono in genere molto solerti a recarsi a votare per un
referendum. E perché un
referendum sia valido è necessario che si rechi alle urne il 50%
dell'elettorato. Così prevede l’articolo 75 della nostra Costituzione.
Quali saranno gli effetti del voto?
Se vincerà il SI sarà abrogato l'articolo 6 comma 17 del Codice
dell'ambiente dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il
giacimento lo consenta.
La vittoria del sì bloccherà tutte le
concessioni estrattive entro le 12 miglia dalla costa,
poco più di 22 km dalla battigia, alla scadenza dei contratti.
Tra le concessioni interessate dalla misura:
il giacimento di Guendalina,
dell'Eni, nel mare Adriatico,
il giacimento Gospo (Edison) anche questo in Adriatico il giacimento
Vega, sempre Edison, al largo di
Ragusa, in Sicilia.
Non saranno interessate dal referendum tutte le altre 106 piattaforme
petrolifere dislocate nei mari italiani, oltre le 12 miglia,
per estrarre petrolio o metano.
Il fronte del SI è sostenuto da uno schieramento trasversale di movimenti
ambientalisti, partiti e
movimenti politici presenti in
Parlamento, nonché
dalla cosiddetta società civile.
Il fronte del NO, fautore
dello status quo e della trivellazione selvaggia,
è praticamente costituito
dal governo, da parlamentari dei vari schieramenti ma soprattutto da gruppi di
imprenditori che gestiscono attività del settore petrolifero.
Le motivazioni di questi ultimi sono
essenzialmente economiche tese a magnificare
i vantaggi del petrolio e
del metano di casa nostra che alleggerirebbero le quote di importazione e
favorirebbero la nostra bilancia dei pagamenti. Queste estrazioni forniscono
circa il dieci per cento del fabbisogno energetico nazionale.
Il fronte del SI
cavalca i temi dell'inquinamento dei mari, della sicurezza della
navigazione e mette in guardia da eventuali incidenti.
Tutti ricordano quanto avvenuto abbastanza recentemente in Louisiana e si
domandano: se una fuoriuscita di
greggio di simili proporzioni
dovesse verificarsi nei nostri mari
cosa ne sarebbe del turismo?
Pensiamo soprattutto all'Adriatico che più che un mare è un grande lago salato
con un solo sbocco sul Mediterraneo, costituito dal collo di bottiglia del
Canale d’ Otranto. il ricambio
delle acque è molto lento tant'è
che, complice
l'evaporazione, la salinità
di quel mare è la più elevata di tutti i bacini mediterranei. Non per
nulla, Gabriele D’Annunzio lo aveva ribattezzato l’Amarissimo.
In tanti anni di trivellazioni non è mai accaduto nulla ma se dovesse
verificarsi una marea nera è facile immaginare le difficoltà per ripulire dal
bitume ed altre sostanze inquinanti un mare chiuso,
per ripulire le coste e per rendere l'Adriatico nuovamente balneabile e
le spiagge fruibili. Per
soprammercato fra le conseguenze di un inquinamento da petrolio ci sarebbe
quella del crollo verticale dell'industria della pesca,
soprattutto del pesce azzurro.
Fra
le motivazioni addotte dal fronte del NO c'è quella del mantenimento dei posti
di lavoro che, eliminando le attività estrattive, inevitabilmente sparirebbero.
A questa osservazione il fronte del SI risponde che i rilevanti
investimenti in gioco per
finanziare le attività estrattive,
potrebbero essere dirottati per l'installazione di impianti per la produzione di
energie rinnovabili come il fotovoltaico e l'eolico.
E qui si riallaccia la polemica sui 300 milioni spesi per la
consultazione che potrebbero essere impiegati in un modo più intelligente. Ma
per riassorbire tutta la manodopera
attualmente impiegata occorrerebbero alcuni anni. Poi, diciamolo seriamente, ci
sembra strano che tutti quelli che finora hanno osteggiato il fotovoltaico e
l’eolico ne siano divenuti improvvisamente sostenitori.
Concludiamo questa nostra carrellata
specificando quando dove e come si vota.
La data, l'abbiamo già detto,
è quella del 17 aprile prossimo,
dalle ore 7.00 alle 23.00, presso il seggio elettorale dove il cittadino
iscritto.
Il numero del seggio è presente sulla tessera elettorale sotto la sezione che
riporta i dati anagrafici. Chi
avesse smarrito la tessera elettorale o non avesse più caselle libere per la
timbratura dovrà recarsi
all'ufficio elettorale delle comune di residenza e richiederne e una nuova.
Oltre alla tessera elettorale valida,
l'elettore dovrà essere munito di un documento di riconoscimento.
Non si può votare in nessun altro modo. I residenti all'estero,
gli scritti all'anagrafe speciale degli italiani residenti all'estero o
gli elettori temporaneamente all'estero (minimo 3 mesi) dovranno consultare le
istruzioni riportate sul sito delle Ministero degli Affari Esteri:
http://www.esteri.it/mae/italiani_nel_mondo/servizioconsolari/votoe17-aprile-2016-ulteriori.html)
Non è ancora disponibile un
facsimile della scheda ma, sulla scorta di quanto
fatto nei precedenti referendum,
si pensa che venga riprodotta la domanda sotto alla quale saranno due
caselle, una con un SI,
l'altra con NO. Si dovrà
barrare una delle due.
_