Einstein aveva ragione
Captate le onde gravitazionali
Una tappa importante nella nostra conoscenza dell’universo
di Irene Prunai
Quattro anni fa siamo riusciti a “beccare” il bosone di Higgs. Oggi “surfiamo”
sulle onde gravitazionali! Il mondo della fisica continua a svelarci i segreti
dell’universo e ha tenerci incantati come bambini che guardano una vetrina piena
di giocattoli.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di ripercorre un viaggio lungo miliardi di
anni.
1,3 miliardi di anni fa un buco nero si mette a fare delle piroette. Nessuno lo
vede perché per sua stessa natura risucchia tutto quello che trova sul suo
cammino, anche la luce. Il buco nero in questione è bello cicciotto, ha una
massa 29 volte quella del Sole, e si diverte a continuare a girare (anche se in
realtà la sua traiettoria vera e propria è una spirale). A un certo punto, come
succede a tutti quelli che piroettano in giro e a luce spenta, va a sbattere
contro un altro buco nero ancora più cicciotto, con una massa 36 volte quella
del Sole. Un bell’incidente spaziale che porta alla formazione di un unico
grosso buco nero piuttosto in sovrappeso, 62 volte la massa del Sole. Questo
bestione continua a ruotare, ma le sue dimensioni hanno qualcosa che non va.
Infatti, se la matematica non è un’opinione, nell’impatto sono andate perse ben
3 masse solari. E che fine avranno fatto? Pare che quella massa sia stata
convertita in un tempo assolutamente breve in quelle onde gravitazionali che
oggi sono sulla bocca di tutti e di cui parliamo con naturalezza come fossimo
degli scienziati navigati in vista di premio Nobel.
A questo punto siamo costretti a fare un salto temporale enorme e arrivare al
1916, quando il buon vecchio zio Albert, sì
proprio
quello che fa la linguaccia nei poster più venduti al mondo (probabilmente
insieme al faccione di Che Guevara e agli angioletti di Fiorucci), insomma il
professor Albert Einstein pubblica una folle teoria in cui sostiene che la luce
viene influenzata dalla gravità, ovvero pone le basi per il concetto di buco
nero, e in più parla per la prima volta di queste famose onde gravitazionali che
possono deformare lo spazio-tempo. E tanto per non farci mancare la ciliegina
sulla torta Einstein scrive pure le equazioni che descrivono il comportamento di
queste “cose”.
Si va bene, adesso mi direte che fino ad ora vi ho solo raccontato la storia di
uno scienziato burlone che si divertiva a mettere zizzania nel mondo della
fisica, ma che queste cose vi sembrano solo un trucchetto matematico per far
tornare i conti dopo quell’incidente spaziale fra buchi neri. Allora adesso
cerchiamo di essere seri e pensiamo all’Universo. Sappiamo che questi è
attraversato da linee che chiamiamo spazio-temporali. Quando Einstein rifletteva
sull’Universo rappresentava la gravità con uno spazio-tempo curvato, in cui per
esempio la massa del Sole creava una sorta di buca in grado di curvare la
traiettoria della Terra in modo da tenerla in orbita. La curvatura di queste
onde è permanente e in questa situazione è possibile che due corpi si scontrino
e diano origine a delle increspature, un po’ come quando buttiamo un sasso in
uno stagno e vediamo disegnarsi sulla superficie dell’acqua tanti cerchiettini
concentrici. La differenza rispetto allo stagno è che queste onde viaggiano alla
velocità della luce e attraversano i corpi celesti senza provocare effetti
evidenti. Ciò non vuol dire che l’effetto sia inesistente. Le onde generano una
variazione delle coordinate spazio-temporali. Quindi quando l’accelerazione di
gravità è molto più alta che sulla terra il tempo non scorre sempre nello stesso
modo, ma cambia a seconda dello spazio che un oggetto deve percorrere.
A questo punto però i fisici non si fidano di quel che dice Einstein e decidono
di mettersi all’opera per verificare tutto quel che dice. Succede che nel corso
dei decenni tutto quel che Einstein ha detto viene verificato. Resta però questo
piccolo insignificante dettaglio delle onde gravitazionali. Arriviamo così al
1984 quando Reiner Weiss, Ronald Drever e Kip Thorne decidono di portare avanti
un progetto per la costruzione di due rivelatori di onde gravitazionali. Il
progetto prenderà il nome di LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave
Observatory) e farà parte di un network internazionale di osservatori (GEO 600,
TAMA e Virgo) ma solo gli interferometri di LIGO sono attualmente in funzione.
Dal 1984 si dovrà arrivare al 2002 per iniziare la costruzione dei rivelatori.
In seguito verrà accesa la “versione di prova”, poi si spegnerà tutto per alcuni
anni e infine si arriverà a una versione Advanced di LIGO. Siamo così arrivati
al settembre del 2015 e finalmente LIGO viene acceso. Chiamatelo caso, fortuna o
semplicemente fattore C, ma proprio in quel momento una bella onda
gravitazionale passava di lì. Passano mesi, gli scienziati studiano, contano e
analizzano i dati. Alla fine arriva la conferma l’11 febbraio 2016 in una
conferenza in diretta mondiale. Dopo 1,3 miliardi finalmente sappiamo la
dinamica dell’incidente fra due buchi neri cicciotti che facevano i cretini
prima di andare a sbattere, proprio come ci aveva raccontato lo zio Albert. E
non dimentichiamo che in un colpo solo non si è provata soltanto l’esistenza
delle onde gravitazionali, ma abbiamo provato anche l’esistenza di buchi neri
rotanti, che i buchi neri possono fondersi e che esistono sistemi binari di
buchi neri.
Virgo, a Cascina (Pisa)
Quindi possiamo pensare di aver messo tutti i tasselli a posto? Al contrario di
quanto si possa pensare questa conferma spalanca le finestre su un nuovo mondo.
Con le onde gravitazionali e il bosone di Higgs abbiamo fatto chiarezza forse al
4% dei fenomeni dell’Universo. Resta un 96% tutto da scoprire!