DEPRESSIONE E ADOLESCENTI

 

 

di Luisa Monini

 

Sino a qualche anno fa si pensava che il “male oscuro” fosse una malattia esclusiva dell’età adulta e che  i disturbi dell’umore dei giovani esprimessero un generico e quasi fisiologico disagio esistenziale legato all’età. Non è così. Statistiche recenti informano che la sindrome depressiva colpisce il 3% dei bambini al di sotto dei 10 anni d’età ed il 10% degli adolescenti. Il suicidio giovanile è in forte aumento in tutto il mondo. In Italia, secondo L’Istat, il suicidio dei giovani tra 18 e  29 anni, rappresenta la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali mentre, tra i 15 ed i 19 anni, il suicidio uccide più del cancro, dell’Aids e della droga. Il 20% dei ragazzi depressi non diagnosticati e non curati, finisce preda della droga, non tanto per voglia della trasgressione a tutti i costi, piuttosto per cercare di trovare qualcosa che li liberi immediatamente da quella che viene avvertita come una vera e propria sofferenza fisica e psichica: il male di vivere.

Dove cercare le ragioni di queste tragiche realtà che vadano oltre la genetica e la familiarità? Sicuramente nelle differenti realtà ambientali che circondano i nostri ragazzi e che possono favorire la comparsa del Male Oscuro. Nel periodo adolescenziale le aspirazioni all’emancipazione della persona si devono coniugare con le importanti modificazioni intervenute nella società e nell’assetto familiare dei nostri giorni. Molti giovani non sono preparati per affrontare il grande numero di scelte e di stressors che la vita odierna richiede e per loro è spesso difficile confrontarsi con le figure dei genitori e con i coetanei, nonché con i modelli ideali che la società propone.

Per di più i ragazzi vivono le loro prime esperienze sentimentali e sessuali. A fronte di questa enorme prova da carico emozionale e relazionale è facile capire che, se l’organizzazione psichica non ha raggiunto un sufficiente grado di maturazione, il giovane può trovarsi ad affrontare periodi francamente depressivi caratterizzati da pessimismo esasperato, difficoltà di concentrazione, angoscia, fobie, reazioni anti-sociali di tono aggressivo, ipersonnia, bulimia, sentimenti di inutilità e disperazione, tentativi di suicidio spesso esibiti come drammatiche forme di protesta e richiesta di aiuto. Eppure oggi, nel 75%- 80% dei casi, il disturbo iniziale non è riconosciuto e le sofferenze del giovane sono attribuite al “disagio adolescenziale” sia da parte dei familiari che degli insegnanti e, spesso, dalla stessa classe medica. Eppure oggi non si è più condannati a vivere a vita con la propria depressione perché, una volta diagnosticata, la si può curare e, soprattutto, guarire.

 

 

La depressione nell’adolescente riconosce gli stessi presupposti di quella dell’adulto?

Sicuramente sì - spiega il Prof. Giovanni Battista Cassano, uno dei padri della moderna psichiatria - La depressione è una malattia organica in quanto si esprime e passa attraverso le strutture del cervello. Molto dipende anche dall’interazione tra cervello e ambiente: a volte quest’ultimo gioca un ruolo dell’ 80% rispetto al 20% del cervello, altre volte è il contrario.

 

A che età la depressione può manifestarsi e con quali sintomi?

Il 40% degli adulti depressi racconta storie di disperazione e angoscia con crisi di pianto senza motivo, sin dalla più tenera età. Anche a tre anni! La depressione che si manifesta così precocemente è sostenuta da una forte espressività genetica ed insorge più facilmente nelle famiglie dove la malattia alberga. Questi bambini da adolescenti svilupperanno una depressione bipolare tipo 1.

 

Vale a dire?

È una  forma di depressione caratterizzata da atteggiamenti dirompenti di euforia, eccitazione, iperattività, ridotto bisogno di sonno, che si alternano a momenti di profonda tristezza, melanconia, apatia.

 

Come si cura oggi la depressione nel bambino, nell’adolescente?

Gli studi dei trattamenti farmacologici effettuati sugli adulti sono stati assolutamente rigorosi ed hanno dimostrato nel tempo efficacia e sicurezza. Negli adolescenti, così come nei bambini e negli anziani, si evita la sperimentazione clinica. Dunque gli studi in merito sono pochi e non ci sono informazioni precise. Il trattamento di scelta nel bambino sarà la psicoterapia e, solo quando quest’ultima non avrà dato alcun miglioramento, si potrà passare, con estrema prudenza e sotto la guida esperta di un neuropsichiatra infantile, al trattamento farmacologico. (Qui a destra, la copertina del "Diario di una giovinetta" di Sigmund Freud. Oltre a parlare dei primi turbamenti di un'adolescente, Freud descrive anche la depressione legata all'età)

 

Secondo lei i giovani di oggi hanno valori da difendere, ideali da perseguire? E perché sempre più spesso finiscono preda della droga?

Io sono ottimista. Non è vero che i giovani di oggi non abbiano ideali né valori. Manca forse loro la religiosità di un tempo ma la maggior parte di essi è animata da una spiritualità fortissima. Li vedo preparati, impegnati, seri, con aspettative di grande valore professionale ed umano. Non parlerei di crisi di valori, piuttosto di disappunto, stanchezza per le contingenti situazioni del nostro Paese. Ma i loro valori sono fortissimi. La dimensione altruistica dei nostri giovani è crescente: giovani che fanno assistenza ai detenuti, ai malati oncologici, che si prodigano in Africa ed in Sudamerica. Certo, la droga c’è, ma c’è sempre stata. Oggi, come ieri nella Parigi di Baudelaire o nella Londra di Dickens, dove la gente, in preda all’alcool e all’assenzio, ondeggiava, omogeneizzata dall’effetto delle droghe. Questo tipo di patologia è sempre esistito. Vero è che le droghe di sintesi che circolano oggi sono più pericolose e sono la causa  delle tante morti che, negli ultimi tempi, si verificano tra i nostri giovani.

 

Val dunque la pena ricordare che la droga uccide e che, ancor prima di uccidere, priva l’uomo del suo bene più prezioso: il libero arbitrio. Ma vale anche la pena ricordare che tutti gli annunci sulla pericolosità delle droghe non hanno mai fermato nessuno dall’usarle. La questione va affrontata in modo differente: si può aiutare i giovani a stare lontani dalla droga se li si aiuta in un processo mentale e culturale di emancipazione da questa mostruosa subalternità, tipica dei nostri giorni, per cui si pensa che solo la chimica ti fa star bene. In quest’ottica un discorso sulla pericolosità delle droghe ha un suo spazio, ma non facciamolo divenire l’unico messaggio perché altrimenti finiremo per svilirlo.

Il Galileo