Cronaca di un massacro
di Magali Prunai
Il venerdì 13 negli Stati Uniti è una giornata nera, di sfortuna. Un po’ come il
venerdì 17 per i nostri superstiziosi. Da oggi in poi anche la Francia ricorderà
questa data come qualcosa di assolutamente negativo. Lo si è chiamato l’undici
settembre francese, l’undici settembre d’Europa. Un undici settembre durato un
anno.
È il 7 gennaio 2015, nella redazione del settimanale “Charlie Hebdo” ci si
riunisce per decidere l’edizione della settimana. Due uomini armati entrano
nella sala riunioni e sparano, uccideranno dodici persone fra cui il direttore.
Pochi giorni dopo in un supermercato “kosher” un uomo armato spara sui clienti,
i morti sono quattro. Passano pochi mesi e nei pressi di Lione viene decapitato
un uomo, un imprenditore di 50 anni. Accanto al cadavere verrà ritrovata una
bandiera dello Stato Islamico. Durante l’estate dei turisti americani sventano
un attentato sul treno Amsterdam-Parigi.
Un poster di un giovane francese che vive a Milano da alcuni mesi
Venerdì 13 novembre, da una macchina si sparano dei colpi di arma da fuoco
contro gli avventori di un ristorante seduti ai tavolini esterni. Allo stesso
tempo fuori dallo stadio, dove è in corso la partita Francia-Germania alla
presenza del presidente della Repubblica Hollande, si sentono dei boati. I
giocatori si bloccano in campo non capendo cosa stia accadendo, per questioni di
sicurezza si decide di proseguire la partita e di portare via il presidente
della Repubblica. Solo dopo si saprà che si trattava di un kamikaze.
Contemporaneamente forse tre uomini, forse quattro, entrano a facce scoperte,
kalashnikov in mano, nella sala da concerto Bataclan dove è in corso un concerto
metal.
Allo stadio per questioni di sicurezza gli spettatori vengono fatti scendere
dagli spalti e concentrati al centro, nel campo. Man mano che la situazione
viene ristabilita vengono evacuati, la gente esce cantando l’inno nazionale. Si
parlerà di circa 40 morti.
Un gruppo di manifestanti a Milano
Il bilancio più drammatico sarà quello della sala concerto. Alcuni spettatori
riescono ad uscire e raccontano uno scenario tragico che si sta svolgendo
all’interno. Scenario che viene confermato da chi è rimasto dentro e riesce a
pubblicare notizie sui social media. “Ci sono molti feriti, tanti morti. Stanno
ammazzando tutti”.
La polizia infine riesce a entrare e a liberare gli ultimi 20 ostaggi rimasti
dentro. Gli attentatori muoiono nel corso del blitz, secondo indiscrezioni
l’unico preso vivo avrebbe dichiarato di essere dell’ Isis. Alla fine
della “nottata di terrore” la Francia conta circa 132 morti.
La rivendicazione dell’ Isis arriva presto: è un attacco terroristico di matrice
islamica. La dichiarazione, spaventosa, parla di un mirino puntato non solo su
Parigi ma anche su Roma e Washington.
Hollande parla alla Nazione: decreta lo stato d’emergenza e chiude le frontiere.
Non accadeva da mezzo secolo.
Sabato 14 novembre le scuole, le università, i musei, gli uffici pubblici
rimarranno chiusi. Fino a nuovo ordine sono vietate manifestazioni, la Tour
Eiffel viene spenta in segno di lutto.
Milano: fori per le vittime di Parigi a Piazza Fontana
Dopo il momento di terrore la catena della solidarietà si mette in moto. Il
comune di Parigi fornisce un numero di aiuto, un noto social network fornisce un
servizio di “conferma che stai bene durante l’attacco di Parigi”, in rete si
richiedono donazioni di sangue per gli ospedali che si trovano in uno stato di
crisi e urgenza. Il sindaco dichiara che Parigi non ha paura, che è ancora in
piedi. La popolazione parigina dimostra ancora una volta di non avere paura e
attraverso l’ hashtag #porteouverte
mette a disposizione le proprie case per chi non può ritornare alla propria
abitazione o albergo.
L’Europa non conosceva momenti di terrore simile dagli attentati di Madrid del
2004 e di Londra del 2005. Eventi tragici che però non sono paragonabili a
quelli appena accaduti a Parigi per la stessa dinamica con cui si sono svolti.
Parigi ha iniziato il 2015 al grido di “je suis Charlie” e lo concluderà urlando
“je suis Paris”. Nonostante tutto la città e la Francia tutta trova e troverà la
forza di alzarsi in piedi, di non lasciarsi intimorire e di gridare davanti al
mondo intero il proprio orgoglio.