in mostra a Milano
E’ un rettile egiziano con le spine vissuto circa cento milioni di anni fa
E' in corso a Milano, presso Palazzo Dugnani, la mostra Spinosaurus. Il gigante
perduto del Cretaceo (6 giugno 2015 - 10 gennaio 2016), organizzata da National
Geographic in collaborazione con il Museo di Storia Naturale del capoluogo
lombardo, le Università di Chicago e Casablanca e l'azienda Geo-Model.
L'esposizione, inaugurata a Washington e ora a Milano in anteprima europea,
illustra
le tappe della riscoperta del più grande
dinosauro predatore mai esistito.
di Nicoletta Manuzzato
Ricostruzione delle ossa di Spinosaurus come erano esposte al Museo di
Monaco di Baviera (basata su foto del secolo scorso) foto di Cristiano
Dal Sasso
La prima descrizione di Spinosaurus aegyptiacus (rettile egiziano con le spine),
vissuto nel Cretaceo circa cento milioni di anni fa, la dobbiamo a un
paleontologo tedesco, Ernst Stromer, che nel 1912 trovò in Egitto alcuni reperti
fossili. Il materiale, conservato in un museo di Monaco di Baviera, venne
distrutto nel corso di un bombardamento aereo durante la seconda guerra
mondiale. Quasi cent'anni dopo la scoperta di Stromer, Spinosaurus ricominciava
a far parlare di sé grazie a nuovi studi, partiti dall'esame di un enorme muso
custodito presso il Museo di Storia Naturale di Milano e proseguiti con il
ritrovamento di altre ossa nel deserto di Kem Kem, in Marocco. Gli sforzi di
un'équipe internazionale comprendente tra gli altri Cristiano Dal Sasso e Simone
Maganuco, del museo milanese, e Nizar Ibrahim, dell'Università di Chicago, hanno
permesso di ricostruire uno scheletro completo di questa specie e di tracciare
un quadro più preciso del suo aspetto, della sua dieta, del suo habitat.
Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco (a sinistra) con il muso dello
Spinosaurus del Museo di Storia Naturale di Milano (foto di Luigi
Bignami)
Spinosaurus poteva pesare sei/sette tonnellate e raggiungere una lunghezza di 15
metri, superando di due metri Tyrannosaurus rex. Possedeva una muscolatura
potente, lunghi arti anteriori con tre dita dagli artigli a forma di falce
(quello centrale misurava oltre trenta centimetri). L'elemento di interesse di
questa
specie
è la sua predilezione per l'acqua: si muoveva sulle rive e nei fiumi del Nord
Africa e si cibava prevalentemente di pesce. Le analisi accurate degli esperti
hanno messo in luce i suoi adattamenti alla vita semiacquatica: la mascella
stretta e allungata e i denti conici, intersecantisi a zig zag, rimandano ai
coccodrilli, che sono in grado di azzannare prede scivolose. Le narici, piccole,
erano molto arretrate, risultando così più protette e permettendo all'animale di
respirare anche quando il resto del muso si trovava sott'acqua. E proprio per
cacciare sott'acqua aveva a disposizione una sorta di sonar, come gli
specialisti hanno dedotto dalla presenza, sulla punta del muso, di una
sessantina di fori ravvicinati. La Tac ha rivelato che tali fori erano collegati
tra loro da una complessa rete neurovascolare. Torna l'analogia con alligatori e
coccodrilli, nel cui muso esistono ramificazioni simili: contengono recettori di
pressione che consentono di localizzare una preda senza vederla, attraverso le
onde prodotte dal suo movimento.
Anche le ossa dello Spinosaurus presentano delle particolarità: osservate al
microscopio elettronico non appaiono cave come quelle degli altri dinosauri, ma
formate da tessuto compatto. E' quanto si nota nei vertebrati che si adattano a
una vita acquatica: le cavità midollari si riducono e si sviluppano ossa più
pesanti, che agiscono quasi da zavorra permettendo un'immersione più rapida.
Infine i corti arti posteriori potevano fungere da pagaie e le dita erano forse
collegate da una membrana.
Ricostruzione scheletrica di Spinosaurus in mostra a Milano (foto
di Cristiano Dal Sasso )
Una curiosa caratteristica di questo predatore gigante era la grande vela
dorsale, sostenuta dalle spine delle vertebre e alta più di due metri. Qual era
la sua funzione? In merito sono state avanzate tre ipotesi. a) Serviva a
regolare la temperatura corporea. L'analisi della sezione trasversale di una
spina indica però che l'osso era attraversato da pochi vasi sanguigni e questa
ridotta circolazione non la rendeva uno strumento atto ad accumulare o a
disperdere calore. b) Costituiva un'area di riserva del grasso simile alla gobba
del cammello. La superficie esterna, solcata da sottili coste dove la pelle
aderiva all'osso, ha fatto abbandonare anche questa supposizione. c) Come aveva
già ipotizzato Stromer, era una struttura analoga a quella del camaleonte
crestato finalizzata all'ostentazione, ad attirare il partner o a impaurire un
eventuale rivale: è questa la spiegazione che appare più convincente.