Un assurdo progetto militare italiano

La Linea Cadorna

Una grande muraglia dal Gran San Bernardo al Pizzo del Diavolo per difendere i confini da un’ipotetica invasione austriaca attraverso la Svizzera

 

di Adolfo Scalpelli

 

Diego Vaschetto, Strade e sentieri della Linea Cadorna. Itinerari storico-escursionistici dalla Valle d’Aosta alle Alpi Orobie, Edizioni del Capricorno, Torino, pp.141, € 9,90

 

Il tracciato della Linea Cadorna

L’idea della “muraglia” colpisce lo Stato maggiore dell’esercito italiano all’inizio del secolo scorso. L’hanno chiamata Linea Cadorna dal nome del generale che in quel momento era a capo dello Stato maggiore. Doveva essere una linea difensiva del confine italiano con la Svizzera che partendo dalla valle del Gran San Bernardo sarebbe dovuta arrivare sino al Pizzo del Diavolo nelle Alpi orobiche. Costruendo appostamenti per cannoni, piazzuole, camminamenti, trincee, depositi di munizioni, ricoveri, blindature, strade, mulattiere e tutto ciò che fa parte di uno  schieramento difensivo in caso di attacco in una guerra. C’è un documento riservato del 9 gennaio 1911 scritto dal generale Alberto Pollio, predecessore di Luigi Cadorna, che forse spiega la genesi di questa grande  impresa militare e la riprendiamo dal libro di Vaschetto: “Da diversi anni la Svizzera aumenta le sue forze militari e ne accresce in ogni modo l’efficienza. […] Ha eretto fortificazioni e altre ne progetta, unicamente per guardare il fianco e il tergo in un’azione verso l’Italia. […] Questa ‘preferenza’ a noi accordata impensierisce seriamente perché rende pericolosa assai la nostra condizione militare strategica tanto in un conflitto con l’Austria quanto con la Francia”. Da notare che negli anni di cui parla il generale Pollio l’Italia era un’alleata di Austria e Germania, ma qui il capo di Stato maggiore adombra che pure uno stato alleato, l’Austria, chissà, potrebbe un giorno avere la tentazione di scendere verso la pianura padana attraversand0 i cantoni della Confederazione elvetica e, forse, non come amico. “Militarmente – continua il generale – il saliente ticinese è molto più temibile”.

   E’ difficile dire se il vertice militare italiano pensasse a una Svizzera che, sovvertendo quella lunga tradizione di neutralità che la distingueva,  volesse d’improvviso mostrarsi  aggressiva nei confronti dell’Italia, ma potrebbe anche essere che lo Stato maggiore italiano sapesse di quel piano (segreto) che era stato elaborato agli inizi del Novecento, su richiesta del Consiglio federale svizzero, dal colonnello Arnold Keller, a sua volta capo di Stato Maggiore dell’esercito, in cui a dispetto del titolo anodino – Geografia militare della Svizzera e delle sue zone confinanti – contiene un’elaborazione di tutto ciò che occorre per un’operazione di invasione o di difesa militare. Il Canton Ticino ha, nei confronti dell’Italia, una frontiera debole ed lì che si appunta l’attenzione degli strateghi militari.

   Inizia per tutto questo la progettazione della muraglia difensiva italiana dal San Bernardo alle Alpi Orobie. Questa premessa per spiegare il contenuto di questa pubblicazione di cui è autore Diego Vaschetto, che raccoglie con fotografie molto significative tutto ciò che è stato realizzato dalla vigilia della Prima guerra mondiale e durante la guerra stessa, ma trasformando i manufatti di guerra in mete turistiche.

Le fortificazioni rivolte verso la Svizzera

   Oggi potremmo dire che fu un’opera costosissima ma inutile, mai usata perché mai si è verificato un tentativo di invasione militare attraverso la Svizzera e in particolare attraverso il saliente ticinese. Restano i segni ancor oggi conservati - trincee, posti di osservazione e di avvistamento, piccole cappelle curate come santuari – in tanti comuni dei territori di Sondrio e di Como.

   Ora tutte quelle opere che sono state curate e riattate sono diventate tante mete di escursioni festose, di passeggiate salutari, di imprese sportive e luoghi attraverso i quali si possono raccontare pezzi della nostra storia.

   Ma c’è un settore di questa monumentale impresa militare che oggi è visitata con molto interesse perché  è una fortezza armata – la meglio conservata in Europa - ancora con i quattro cannoni che vi erano stati installati all’origine. Ed è a Colico in Provincia di Lecco. Una fortezza dove i cannoni brandeggiano, dove si possono vedere gli impianti per l’armamento dei cannoni e che in questo libro è mostrata con dovizia di illustrazioni sia sui cannoni che sulle strutture militari delle singole parti della fortezza.

L'ingresso di un bunker

   Il libro non racconta la guerra, ma le strade e i sentieri che sarebbero stati e non sono diventati tappe della guerra affacciati su panorami luminosi, per fortuna mai usati in quel conflitto, mentre poi, nel corso della Guerra di Liberazione, servirono alle formazioni della Resistenza nelle battaglie contro nazisti e fascisti, come qui nel libro si ricorda. Partendo dal dato storico ci sono tutte le informazioni necessarie all’escursionista: i luoghi di partenza, il periodo consigliato, tempi e dislivelli, difficoltà,, le piante degli itinerari e, persino, le indicazioni per le cartografie. Turismo e storia si fondono, si intrecciano e ci ricordano, oggi in pace, cosa è stata la guerra.

Il Galileo

 

N.d.R. Molti degli impianti della Linea Cadorna furono utilizzati come rifugio e nascondiglio dai partigiani soprattutto in Piemonte e in Lombardia