I cambiamenti sociali prodotti dalla guerra

La moda femminile

 

 

di Irene Prunai

 

Nel periodo della prima guerra mondiale la vita di tutti i giorni risulta sconvolta. Alla spensierata allegria della Belle Époque, si contrappone ora un periodo segnato dalla violenza. Non solo i militari al fronte, ma anche i civili rimasti in città devono fare i conti con una situazione che stravolge ogni aspetto della vita quotidiana. Le donne, in particolare, si ritrovano a occupare nuovi ruoli fino a quel momento riservati agli uomini. Si assiste così a un ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro. Sarà questo un gran passo dal punto di vista sociale che porterà alle basi vere e proprie dell’emancipazione femminile.

È in queste condizioni che si comincia a sentire il bisogno di rivedere anche il modo di vestire delle donne. La moda femminile dalla fine dell’800 aveva già fatto enormi passi avanti verso la praticità.

Se nella moda della Belle Époque si ostentava il lusso e la raffinatezza, ora invece si segue uno stile di vita più sobrio e più comodo.

Un abito creato nel 1915

 

Agli inizi del ‘900 la modellistica sartoriale inizia ad assumere un aspetto più industriale. Il sarto e gli stilisti sono ancora prerogativa di una certa élite sociale. Eppure accanto a questi fenomeni vediamo nascere le prime forme di produzione di massa di abiti da fatica dal costo contenuto e comodi. Una sorta di sincronismo tra sviluppo industriale ed evoluzione della moda femminile, appoggiato ed esaltato soprattutto dal movimento futurista.

I futuristi affermano di non aver bisogno di una rivoluzione ma che “basterà centuplicare le virtù dinamiche della moda, spezzando tutti i freni che le impediscono di correre, trasvolando sulle vertigini dentate dell’Altrove.” (Manifesto della moda femminile futurista). Ma il manifesto viene pubblicato nel 1920, i futuristi sono in ritardo. La rivoluzione è già avvenuta e la moda si è già adeguata al mondo dell’efficienza. La scomparsa del sellino dai vesti, verso il 1890, è il primo segnale di un cambiamento irreversibile. Verso la fine del secolo fa la sua comparsa il tailleur, allora composto da tre pezzi.

Dobbiamo invece aspettare il 1910 per poter riporre il busto rigido. Per non perdere femminilità la donna comincia a stringersi in gonne sempre più strette che vengono  presto abbandonate perché poco pratiche in fabbrica. Verranno sostituite da gonne più corte e comode e che metteranno in risalto le scarpe, fino ad allora nascoste dall’abito. Anche i colli delle giacche assumeranno una foggia più simile a quella delle uniformi militari. I cappelli diventano più piccoli e i capelli, ormai più corti, saranno più frequentemente pettinati all’indietro.

Quando alla fine della guerra alcune case di moda cercheranno di riproporre abiti elaborati e ingombranti, l’operazione fallirà. Le donne, ormai abituate a muoversi, non saranno più disposte a perdere quella comodità tanto sognata.

 

Coco Chanel

Nel 1909 Chanel (foto a sinistra) apre la sua prima boutique in Francia, al pian terreno degli appartamenti Balsan di Parigi.  E’ proprio qui che inizia la storia di uno dei più grandi imperi della moda mondiale. L’edificio Balsan era un luogo in cui si ritrovava l’élite parigina e per la stilista fu un’ottima opportunità di vendere i cappelli di sua creazione. In un’epoca in cui la facevano da padrone cappelli sontuosi  ricoperti di piume e impossibili da indossare senza l’elaborata struttura di sostegno, la Pompadour,  i cappellini di paglia di Chanel, ornati da semplici fiori in raso o singole piume, furono rivoluzionari.

Nel 1910 conobbe Arthur Boy Capel che riconobbe subito in lei il genio stilistico e la convinse a trasferire la sua attività al 31 di rue Combon a Parigi. Boy, un industriale di Newcastle impegnato nell’esportazione del carbone, incoraggiò e finanziò il lavoro di Chanel.

Nel 1912, quando il negozio era già ormai avviato da due anni, Chanel iniziò a vendere oltre ai suoi capellini anche capi di vestiario. Non amava definirsi una sarta, ma una creatrice di moda: ”Per prima cosa io non disegno, non ho mai disegnato un vestito. Adopero la mia matita solo per tingermi gli occhi e scrivere lettere. Scolpisco il modello, più che disegnarlo. Prendo la stoffa e taglio. Poi la appiccico con gli spilli su un manichino e, se va, qualcuno la cuce. Se non va la scucio e poi la ritaglio. Se non va ancora la butto via e ricomincio da capo… In tutta sincerità non so nemmeno cucire”.

"Vestivamo alla marinara" potrebbe intitolarsi questo fortunato modello di Chanel

Nel 1913, Capel aprì per Chanel un nuovo negozio nella località balneare di Deauville. Il negozio sorgeva tra il Gran Casinò e l’albergo più lussuoso del posto, l’Hotel Normandie. A Deauville, ispirata dai marinai al lavoro, Chanel reinterpretò il loro abbigliamento, realizzando dei maglioni con lo stesso scollo. Le idee di Chanel venivano dalla vita comune delle persone che la circondavano. Portò la lunghezza delle gonne sotto il ginocchio e promosse l’uso del jersey. Non più corsetti e crinoline, ma via libera a pantaloni e tailleur.

Attraverso la moda Coco Chanel rappresentò il nuovo modello femminile che si stava sviluppando nel 900. Una donna dinamica, che lavorava e che non poteva e non voleva più essere schiava di un abbigliamento costrittivo. Una nuova donna del XX secolo che afferma la propria personalità paradossalmente attraverso la rielaborazione di abiti maschili.

Il Galileo