Telecomunicazioni e comunicazione

due pilastri della prima guerra mondiale

 

di Irene Prunai

 

Le telecomunicazioni

Gli anni della prima guerra mondiale videro una rapida accelerazione del progresso tecnologico della storia. Se confrontiamo la grande guerra con il secondo conflitto mondiale è inevitabile notare come in questo secondo periodo, tolta la bomba atomica, le invenzioni tecnologiche hanno subito uno sviluppo molto più lento. Nel periodo che va dal 1939 al 1945 l’organizzazione delle unità militari, l’equipaggiamento a disposizione, gli armamenti e i sistemi di comunicazione non ebbero grossi cambiamenti. Se prendiamo invece un fante tedesco, francese o britannico del 1918 e lo confrontiamo con il fante che solo quattro anni prima era stato spedito in trincea vediamo una differenza abissale. Il nostro fante ora ha come arma principale una mitragliatrice leggera e fa affidamento sull’aviazione, in principio usata solo per la ricognizione, come appoggio tattico. Inoltre si è messo in testa un elmetto d’acciaio e l’uso della maschera antigas è diventato ormai routine. Sulla questione delle maschere antigas, per amor di cronaca, è giusto ricordare che i fanti italiani spesso usavano degli stracci imbevuti della propria urina, ma questo fa parte di un altro capitolo che non vogliamo aprire adesso.

Accanto al nostro povero fante, chissà forse uno dei tanti che hanno scritto diari, preso appunti o spedito cartoline che ancora oggi leggiamo, si fa largo nell’esercito una nuova figura: il radiotelegrafista, o se preferite il marconista (foto a destra). Chi era costui? Il marconista è l’operatore addetto alle comunicazioni radio. È responsabile del funzionamento della strumentazione radio, delle telecomunicazioni e di tutti i servizi di comunicazione. Oggi, in ambito militare e civile, parliamo di ingegneri delle telecomunicazioni. Ma l’imprinting è stato dato proprio grazie, sembra brutto dirlo, alla prima guerra mondiale. Del resto non possiamo dimenticare che siamo in presenza del primo evento bellico della storia durante il quale si sono usate le onde radio come mezzo di comunicazione. Nelle epoche precedenti le informazioni arrivavano solo tramite staffette, bandiere segnaletiche e piccioni viaggiatori. Gli eserciti della grande guerra potevano contare su un sistema più avanzato e veloce, pur non abbandonando del tutto i vecchi metodi.

La radio era stata inventata da poco e una prima dimostrazione della sua utilità era stata data nel 1912 con la tragedia del Titanic. Il segnale di S.O.S. inviato dal telegrafista dopo l’impatto con il famoso iceberg, era stato captato da una nave non troppo distante che riuscì a mettere in salvo circa 700 persone. Il mondo aveva scoperto le grandi potenzialità di questo mezzo di comunicazione e gli eserciti cercarono subito di dotarsi degli apparecchi più all’avanguardia. Fu il primo impiego di massa della telegrafia. Cominciò l’addestramento del personale addetto che, una volta finito il conflitto, non perse il nuovo bagaglio culturale. 

L’industria della radio fu una delle poche che grazie alla guerra crebbe e si arricchì. In questo periodo furono messe a punto nuove tecniche che dopo l’armistizio trovarono impiego soprattutto in ambito civile. I progressi tecnologici raggiunti in meno di due anni di guerra, in tempi normali sarebbero stati ottenuti in almeno dieci anni. (A sinistra, un tasto telegrafico, a destra la macchina che trascriveva su una striscia di carta - zona - i punti e le linee dell'alfabeto Morse)

Man mano che la guerra progrediva, la radio divenne un supporto sempre più importante per le truppe. Gli eserciti cominciarono a sentire la necessità di apparecchi sempre più compatti, in grado di sintonizzarsi al meglio e di una migliore ricezione. Grazie a Guglielmo Marconi questo fu possibile. Egli progettò un ricevitore che riduceva il rumore di fondo e con una maggiore sensibilità.Ma il maggior progresso si ebbe nel campo della produzione delle valvole termoioniche. Nel 1917 gli Stati Uniti passarono da una produzione di 400 valvole alla settimana a oltre 20.000. Durante la guerra la qualità delle valvole migliorò e alla fine trovarono un impiego nella rilevazione delle onde radio, nell’amplificazione di radiofrequenze e nella radiotelefonia. Questi progressi portarono alla nascita negli anni 20 delle prime stazioni radio commerciali.

 La prima guerra mondiale è anche la prima grande guerra dopo l’invenzione del telefono. Così accanto al radiotelegrafista vediamo nascere la figura, meno specializzata, del telefonista.

Questi due sistemi di comunicazione cercavano di compensarsi a vicenda. La radio era infatti facilmente intercettabile e permetteva solo trasmissioni in codice Morse, mentre per il telefono la difficoltà era la costruzione delle linee, la loro manutenzione in particolare dopo i bombardamenti, e la loro protezione da assalti di sabotatori dell’esercito nemico. Fra i compiti del telefonista, che doveva sempre accompagnare il comandante durante le ricognizioni, vi era quello di comunicare tempestivamente gli ordini assicurando le comunicazioni tra i comandi e quello di organizzare i sabotaggi ai danni dell’esercito avversario. (A sinistra, una delle prime valvole radio)

In Italia la realizzazione del telefono da campo si deve al Capitano del Genio militare Gaetano Anzalone. Il telefono di “tipo Anzalone” era contenuto in una cassetta di legno che su  un fianco aveva un foro nel quale inserire la manovella del generatore magneto-elettrico. Quando occorreva chiamare bastava girare la manovella.

La cassetta da radio campale, invece, era un sistema più complesso. Era composta da un trasmettitore e un ricevitore. Il trasmettitore aveva un interruttore a molla che dava o meno tensione al circuito, permettendo così la manipolazione in Morse. Il ricevitore aveva un dispositivo acustico azionato dalla corrente di linea e da un’elettrocalamita che permetteva la scrittura su una striscia di carta.

Nel periodo compreso tra la fine della Prima Guerra Mondiale e l’inizio della Seconda le radiocomunicazioni fecero passi da gigante. Alla vigilia del secondo conflitto mondiale la radio era ormai uno strumento pienamente maturo, utilizzato per trasmettere molto di più che semplici segnali telegrafici.

Durante il secondo conflitto la radiotecnica ebbe un ruolo di primaria importanza: navi, sottomarini, carri armati, aeroplani erano dotati di efficienti impianti di ricetrasmissione, che permettevano di comunicare in modo istantaneo con la base o con i compagni. Mentre durante la Prima Guerra Mondiale le comunicazioni fra e per i civili erano state vietate, per non interferire con le comunicazioni militari, durante la Seconda Guerra Mondiale si cercò in tutti i modi di favorire queste comunicazioni. La radio era infatti diventata uno strumento del quale, specialmente in una situazione come un conflitto mondiale, era impensabile e perfino pericoloso fare a meno. (Foto a destra: il telefono da campo)

 

La comunicazione

Durante la prima guerra mondiale, per la prima volta le popolazioni di tutti i paesi erano coinvolte in un conflitto di lunga durata. La situazione portava a una serie di esigenze comunicative, come ad esempio collegare l’industria bellica e il fronte o convincere le popolazioni civili a contribuire allo sforzo militare, per non dimenticare la necessità di affrontare la propaganda nemica. Per rispondere a questi bisogni nascono delle nuove professioni. Non parliamo dei radiotelegrafisti legati alle esigenze strategiche, ma di figure necessarie a questo diverso modo di comunicare: gli inviati e i fotografi di guerra.

È una logica diversa, quella della guerra di massa, che porta a un riordino dell’apparato comunicativo legato non più solo a esigenze strategiche, ma anche di controllo. La comunicazione e l’informazione divennero fattori di primaria importanza. Il controllo della carta stampata, ad esempio, non ebbe solo una funzione difensiva, mirata a proteggersi dalle notizie diffuse dai giornali, ma tentò anche un’azione offensiva volta alla manipolazione dell’opinione pubblica. Questo problema non lasciò indenne alcuna nazione. Anche nei paesi in cui vigeva la libertà di stampa, ci si pose il problema del diritto alla verità contrapposto all’esigenza di tutelare l’interesse della nazione. Il potere politico cominciò così a far ampio uso della censura e della propaganda. Forse proprio per questi motivi, possiamo affermare che durante questo periodo, il giornalismo di guerra fu piuttosto deludente. Si trattò infatti di un giornalismo quasi completamente di parte. In Italia, anche se la maggior parte della popolazione era contraria alla guerra, la stampa ebbe un ruolo fondamentale nel far credere che gli interventisti fossero la maggioranza. E una volta scoppiata la guerra, questa fu raccontata come un inevitabile scontro difensivo in cui una gioventù eroica si immolava per il bene della patria. (Nella foto9 sopra, una delle prime maschere antigas)

Il Galileo