Dalla belle époque al dopoguerra

Si volta pagina

I cambiamenti nelle abitudini e nei costumi

 Imposti dalla nuova era

 

di Magali Prunai

 

L'Europa nel 1914

 

L'Europa dopo i trattati di pace

 

Molte parole si sono scritte e dette sulle ragioni politiche, molta dietrologia si è fatta sulle azioni di ogni singola nazione per spiegare e giustificare il suo intervento o la sua neutralità. Poco si è parlato, invece, di come la guerra ha cambiato drasticamente il modo di vivere della popolazione europea, soprattutto dei giovani.

Siamo ai primi del ‘900, il mondo è diviso in quattro blocchi fondamentali: l’impero Austro-ungarico, governato dall’ormai anziano imperatore Francesco Giuseppe I; l’immenso impero Russo, sotto il giogo dello Zar Nicola che presto verrà destituito dalla Rivoluzione d’ottobre; l’impero Ottomano e la Germania dell’imperatore Guglielmo II. Quattro imperi che si contendevano il potere e che si estendevano su aree geografiche molto estese, talmente estese da mantenere difficilmente il controllo su tutta la popolazione e con malcontenti sempre più frequenti. L’attentato di Sarajevo, considerato un pretesto per scatenare una sanguinosa guerra di trincea che durerà ben cinque anni, ha come motivazione ufficiale proprio lo scontento delle popolazioni periferiche e un primo pallido desiderio di autodeterminazione dei popoli. (Nella foto a sinistra,Francesco Ferdinando con la famiglia)

Mentre ai confini degli imperi serpeggiava lo sconforto e un sentimento di indipendenza era sempre più crescente in tutti i livelli sociali, anche se in misura diversa; nelle capitali e nelle zone centrali la vita scorreva lenta e immobile. C’erano i poveri, che lavoravano e morivano di fatica, invisibili al mondo; la nuova borghesia, che già dall’ottocento tentava di affermarsi ai livelli più alti della società detenendo il potere economico; e infine c’era la nobiltà, che viveva in maniera parassitaria, nel lusso e nello sfarzo senza curarsi, per lo più, di quanto accadeva se non in maniera superficiale, giusto per avere argomenti di conversazione in qualche salotto dove passare alcune ore il pomeriggio.

La chiesa di Santa Maria degli Angeli, comunemente chiamata chiesa dei Cappuccini (Kapuzinerkirche) è una chiesa di Vienna con annesso monastero dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, fondata nel 1617 e dedicata nel 1632. D questa si accede alla fampsa Cripta dei Cappuccini

 

Allo scoppio della guerra la vita cambia, e cambia per tutti. I giovani, di qualsiasi livello e condizione sociale, vengono richiamati alle armi e spediti al fronte. In trincea le differenze sociali non esistono, tutti vestono una stessa divisa e tutti rischiano la prigionia o la morte per la stessa ragione. Nel 1918, a conflitto concluso, gli imperi non esistono più. Il mondo si sgretola, si divide, si separa e la gioventù che rientra a casa è spaesata, persa in un mondo che non riconosce e non conosce più.

L'interno della cripta

Partiti poco più che ragazzini, si pensi ad esempio ai ragazzi del ’99 spediti al fronte a soli 15 anni, ritornano uomini fatti e vissuti. Le atrocità della guerra, morti, gente mutilata, le urla delle battaglie e il rombo degli strumenti di guerra, sono impressi nelle loro menti e là rimarranno per sempre. Ritornati in patria si ritrovano persi e abbandonati dal proprio Stato, che non esiste più così come loro lo avevano lasciato. I quattro imperi non ci sono più, le convenzioni sociali alle quali erano abituati sono state messe da parte, cambiate dalla guerra. Chi torna non sa come riambientarsi e, soprattutto, non sa cosa fare. Non ha finito gli studi e ora è impensabile riprenderli, non ha un lavoro e, molti, non sono mai stati abituati a lavorare. Una generazione intera che si ritrova a sentirsi e ad essere vecchia prima del tempo. Il mondo è cambiato sotto ai loro occhi, senza però che potessero approfittare di questo cambiamento. Ventenni, trentenni che rimpiangono il passato, che desiderano tornare indietro perché il futuro non ha niente da offrirgli. La situazione non è molto diversa, in fin dei conti, a quella attuale del nostro mondo. I grandi imperi assolutisti sono stati rimpiazzati da quelli economici e la grande guerra è stata sostituita da una crisi economica che, per ora, non vede ancora una vera e propria conclusione.

Joseph Roth (foto a sinistra; nella foto a destra, la divisa insaguinata che indosa Francesco Ferdinando al momento dell'attentato), ne “La Cripta dei Cappuccini”, esprime bene questo sentimento quando il suo protagonista, un giovane nobilotto nulla facente prima della guerra, si ritrova a tornare in una Vienna impoverita, dove si sente inadeguato e le cui abitudini cambiano drasticamente. Ritorna nel ristorante che frequentava sempre, con tutta la sua compagnia di amici nulla facenti come lui, e quando si siede a tavola si rende conto che deve pagare per la prima volta nella sua vita la consumazione, che non verrà più segnata su un conto destinato a rimanere insoluto vita natural durante. E il suo senso di forte appartenenza al passato, di estraneità al presente si manifesta completamente quando, una sera, passando davanti alla Cripta dei Cappuccini ormai chiusa chiede di poterla visitare. Il guardiano, commosso dal fatto che un giovane voglia rendere omaggio alla tomba dell’amato vecchio imperatore, lo lascia entrare e lui si sente parte di quel tempo sepolto nella Cripta, un tempo che non potrà mai tornare. Il mondo va avanti ma lui, e tutti quelli come lui, sono rimasti ancorati a quell’epoca, a quel modo di vivere ed essere. Non hanno vissuto i cambiamenti ma ci si sono ritrovati in mezzo e per questa ragione si sentono morti prima del tempo. Sono corpi che camminano, ma dentro sono vuoti. La morte, che un giorno inesorabile arriverà, non farà altro che porre fine a una vita già terminata da tempo, concluderà semplicemente il movimento di un corpo vuoto che procede per inerzia, senza passione, senza scopo.

Il Galileo