70esimo anniversario della Resistenza

e della Liberazione dal nazifascismo

A Milano, capitale della Resistenza, il presidente della Repubblica ha celebrato la ricorrenza in una manifestazione al Piccolo Teatro – Un lungo corteo si è poi snodato per le vie della città

 

 

 

Il Capo dello Stato al suo arrivo a Milano e, sotto, nel suo intervento al Piccolo Teatro (Foto ufficio stampa Presidenza Repubblica)

 

 

(g.p.) 25 aprile 2015: 70° anniversario dell’insurrezione dell’Italia del Nord e della liberazione dal nazifascismo. E a fare da contrappunto alle celebrazioni, la solita diatriba: fu guerra di liberazione o guerra civile? Probabilmente fu l’una e l’altra, come affermò Norberto Bobbio, rielaborando il pensiero dello storico Claudio Pavone, espresso in un saggio pubblicato nel 1991. Bobbio afferma che nella Resistenza ci furono tre guerre contemporaneamente. La guerra di liberazione contro i tedeschi, la più sentita dall’esercito badogliano, la guerra contro il fascismo, contro il regime fantoccio di Salò, e la guerra di classe, combattuta soprattutto dai comunisti. Le prime due furono vinte, la seconda no ed ebbe una serie strascichi oltre il 25 aprile, di regolamenti di conti con i vecchi fascisti, con i duri del regime, con imprenditori di pochi scrupoli (contro i padroni, insomma): una reazione,  quindi, a tutte le angherie, alle violenze patite durante il ventennio fascista e il regime mussoliniano di Salò. Episodi ai quali si aggiunse anche una serie  di vendette personali che nulla avevano di politico.

Un manifesto insurrezionale dell'aprile 1945

 

Una discussione abbastanza accademica, una distinzione filologica che nulla aggiunge o toglie al significato di una reazione collettiva alla situazione di sbando del paese, alla voglia di un riscatto nazionale prima che personale. Per gli attendisti, per chi nega l’utilità morale e materiale della Resistenza, basti ricordare che l’Italia fu l’unico paese a non essere “commissariato” dagli alleati, così come accadde per la Germania ed il Giappone, l’unico dove fu possibile svolgere un referendum istituzionale (monarchia o repubblica?), dove si votò a breve per l’Assemblea Costituente, dove fu subito possibile formare un governo.

Celebrando il 25 aprile, il presidente della Repubblica, Mattarella, ha sottolineato la sua dimensione popolare che “si è rafforzata allora anche grazie ai molti fili che la legarono all'impegno sul campo del movimento patriottico partigiano e di quello del risorto Esercito italiano, tenuto a battesimo nella dura battaglia di Mignano Montelungo.

Proprio questa unità di sentimenti e di popolo fu allora la prova di dignità che l'Italia riuscì a dare a se stessa e al mondo, dopo che molte istituzioni avevano ceduto all'indomani dell'8 settembre. Questa dignità è alle fondamenta della Liberazione nazionale e della rinata idea di Patria.

Nella nostra memoria condivisa è oggi ben chiaro a tutti il valore resistenziale di quel rifiuto di cedere all'esercito nazista che ufficiali e soldati opposero fino a pagare sovente il prezzo della vita.

Al contributo dei militari che si unirono in vari modi alla lotta di Liberazione, è finalmente pienamente riconosciuto l'apporto decisivo dei 600 mila soldati internati nei campi di concentramento perché negarono ogni collaborazione agli occupanti, intendendo con questo loro atto di compiere un dovere verso l'Italia.

Senza tutto questo non avremmo conquistato con onore il traguardo della libertà, non avremmo avuto la forza di intraprendere il cammino democratico che la Costituzione ha poi sancito, non ci saremmo presentati nei difficili negoziati di pace con quel credito che gli Alleati, comunque, ci riconobbero”.

 

 

 

Tre aspetti del corteo di Milano

 

Mattarella ha poi proseguito: “Il pensiero deve andare a tutti, ai tanti, civili e militari, donne e uomini, giovani e anziani, che pagarono con la vita l'assurdità di una guerra d'aggressione, di una volontà di potenza, di una sopraffazione della dignità e della libertà. Dobbiamo saper custodire, e rivitalizzare, le istituzioni della nostra democrazia perché in esse c'è il lascito di chi, con coraggio e sacrificio, ha combattuto la battaglia per aprire a noi un futuro migliore. E dobbiamo fare altrettanto con i nostri figli e i nostri nipoti. Dobbiamo passare loro il testimone: indicando nella libertà la fonte dei diritti, ma al tempo stesso di responsabilità e di doveri. Dobbiamo applicare la Costituzione, che è la viva eredità del 25 aprile”.

Il Galileo