Stock ittici e maricoltura sostenibile
All’Enea per il coordinamento del progetto Europeo Water-Drop un finanziamento
di un milione e settecentomila euro
di Renata Palma
Riccardo Ceccarelli, (foto sotto) biologo marino, da anni è impegnato nella
ricerca sulla gestione sostenibile delle
risorse
acquatiche, è responsabile del Progetto europeo Water-DROP ed è inserito in
numerosi progetti di cooperazione internazionale. “Water-DROP è un progetto che
si concluderà a dicembre 2015 e che fa parte del Programma comunitario ENPI CBC
MED 207-2013. Il programma include tutti i paesi rivieraschi del Mediterraneo e
del progetto specifico ne fanno parte nove organizzazioni istituzionali, di
ricerca e ONG provenienti da
Italia, Spagna, Cipro, Libano, Palestina, Giordania e tre partner associati”.
Obiettivo di Water-DROP? “Un approccio comune sulla gestione integrata della
risorsa acqua a livello di bacino del Mediterraneo”. Risultati fin qui
raggiunti? “Ancora presto, perché saranno resi noti a conclusione del programma
però possiamo dire che verrà realizzato un sistema integrato DSS-GIS per la
gestione della risorsa acqua”. Acqua intesa come? “Il progetto affronta diversi
aspetti della risorsa acqua in particolare in Libano vengono affrontate le
tematiche relative alla qualità dell’acqua sia nei fiumi che nel mare; in
Palestina il recupero delle acqua reflue domestiche per irrigare coltivazioni di
ulivi e alberi da frutto; in Giordania il recupero delle acqua piovane tramite
un sistema di raccolta dai tetti delle abitazioni e in Italia verrà valutata la
possibilità di recuperare la zona umida di Torre Flavia (Ladispoli) con apporti
di acqua dolce di diversa provenienza”. Il ruolo ENEA in questo progetto?
“L’Agenzia ne ha il coordinamento per 24 mesi ed gestisce per questo un
contributo dalla Unione Europea pari a circa un miliardo e settecentomila euro”.
Variazione percentuale (2012/2000) delle catture delle principali specie nel
Mediterraneo (elaborazione ENEA su dati FAO 2014)
L’ENEA si occupa di gestione sostenibile delle risorse ittiche da sempre con in
passato esperienze pilota in varie regioni del Mezzogiorno d’Italia, dalla
maricoltura offshore all’acquacoltura nelle zone umide. Mentre in Italia si è
assistito ad una progressiva diminuzione di questo settore di produzione,
nonostante abbia fatto da capofila e per certi versi abbia aperto la strada
della ricerca e degli studi sugli impatti ambientali delle gabbie in mare
aperto, negli altri Paesi del Mediterraneo, Grecia e Turchia, ma anche Spagna e
Tunisia questi allevamenti stanno conoscendo una grande espansione. Ma cosa
accade alle specie autoctone? Il progressivo depauperamento degli stock ittici
in Mediterraneo risente di una serie di concause quali pratiche di pesca non
sostenibili, e non rispettose della normativa nazionale e internazionale,
eccessivo inquinamento delle coste,
e gli effetti del cambiamento climatico come il progressivo innalzamento delle
temperature che ha comportato e comporta tuttora l’ingresso nel bacino
Mediterraneo di specie tropicali provenienti dal Mar Rosso e dall’Atlantico. La
presenza di specie alloctone, pesci, crostacei, molluschi e altri invertebrati,
stanno provocando un’alterazione dell’ecosistema marino. Inoltre a causa degli
effetti dei cambiamenti climatici si stanno modificando progressivamente anche
le reti trofiche di cui sono oggetto di pesca le principali specie che troviamo
sui nostri mercati. Ciò significa che non dobbiamo guardare alla singola specie
ma al complesso di interazioni che esiste tra le specie: l’alterazione di un
livello trofico si ripercuote negativamente sia sui livelli superiori, i
predatori non trovano sufficiente alimento e quindi diminuiscono, che sui
livelli inferiori, le prede non vengono “predate” e quindi aumentano. Ciò accade
a partire dall’elemento che è alla base della rete trofica, il fitoplancton, che
è soggetto più degli altri livelli alle variazioni climatiche. Per quanto
riguarda le specie oggetto di catture da parte di tutte le flotte di pesca che
incidono sulle risorse del Mediterraneo, compresi diversi paesi extra
mediterranei, dati FAO mostrano che le principali specie sfruttabili nel
Mediterraneo hanno subito negli ultimi anni un notevole decremento (ultima serie
di dati pubblicata nel 2014 relativa al 2012). In particolare si assiste ad una
progressiva diminuzione delle catture in particolare per i pesci, acciughe (-50%
rispetto al 2000), sardine (-20%), tonno rosso (-69%), tonno alalunga (-50%);
per i crostacei, mazzancolla (-14%), le aragoste (-8%), scampi (-6%); e tra i
molluschi, il polpo ( -29%).
Variazione percentuale (2012/2000) delle produzioni da acquacoltura nei paesi
mediterranei (elaborazione ENEA da dati FAO, 2014)
Per quanto riguarda gli allevamenti di specie ittiche marine e d’acqua dolce,
nel periodo 2004-2013, in Italia la produzione di spigola è diminuita del 30%,
orata del 7% e l’anguilla del 33%, a causa principalmente della difficoltà di
reperire cieche selvatiche dovuta ad eccesso di catture negli scorsi decenni. Le
specie di acqua dolce sono invece cresciute progressivamente, in particolare la
produzione di trota è aumentata in generale del 200%. La riduzione delle
produzioni italiane da acquacoltura marina dipendono da diversi fattori fra cui
i principali sono relativi agli elevati costi di gestione e alle difficoltà di
trovare arre marine idonee in cui sviluppare la maricoltura offshore. Al
contrario negli altri paesi del Mediterraneo, in particolare Nord Africa e
Turchia, si assiste ad un progressivo aumento delle produzioni per i bassi costi
di gestione e la facilità di trovare zone idonee.
Variazione percentuale delle produzioni di spigole (2013/2004) nei paesi EU
(elaborazione ENEA da dati European Aquaculture Society, 2014)
Variazione percentuale delle produzioni di orate (2013/2004) nei paesi EU
(elaborazione ENEA da dati European Aquaculture Society, 2014)
Variazione percentuale delle
produzioni di anguille (2013/2004) nei paesi EU (elaborazione ENEA da dati
European Aquaculture Society, 2014)