La tutela della salute nel mondo globalizzato
di Giuditta Bricchi
Grazie ai nuovi mezzi di comunicazione e di trasporto, la Terra si è come
rimpicciolita. I legami tra le persone si sono
infittiti come mai era accaduto in epoche precedenti. Il processo di
globalizzazione coinvolge sempre più la comunità mondiale e la salute viene
sempre più influenzata dalle
problematiche politiche e sociali legate alla globalizzazione. In medicina,
spiega Silvio Garattini, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri, Milano, il termine globalizzazione ha molti significati, a partire
da quello più scontato, per cui se viaggiano le popolazioni, viaggiano anche le
malattie. Compaiono così nuove malattie, come la SARS,
o malattie che si credevano definitivamente debellate, come la malaria e
la tubercolosi. Il termine globalizzazione viene inoltre usato per sottolineare
come la tutela della salute richieda interventi complessi,
con la partecipazione di
discipline che si occupano dell'ambiente e del contesto socio-economico,
discipline che fino a poco tempo fa erano ritenute molto lontane dalla
medicina. La salute è legata ai cosiddetti determinanti sociali (fattori che
modificano in senso positivo o negativo lo stato di salute di una popolazione ).
Durante la Tavola Rotonda dal titolo
“Salute, malattie e cure nel mondo globalizzato”,
organizzata a Milano da “Mario Negri Institute Alumni Association” (
MNIAA ), con la Società Svizzera di Milano, sono stati messi in luce gli aspetti
sanitari legati al fenomeno della globalizzazione.
I determinanti della salute
- Nel mondo globalizzato la salute delle persone dipende sempre di più dalla
capacità di valorizzare lo studio dei determinanti sociali (fattori di rischio,
alimentazione, stili di vita,
inquinamento, nuove tecnologie e cosi via). Non è infatti sufficiente occuparsi
della salute dell’ammalato, ma bisogna
considerare l'ambiente e il contesto socio-economico in cui vive. Non si
può per esempio soltanto chiedere
al singolo di attuare buoni stili di vita se poi la società tollera pubblicità
ingannevoli che stimolano i consumi di prodotti dannosi. Non è possibile educare
i bambini ad avere un'alimentazione ricca di vegetali se poi la pubblicità
continua a celebrare la bontà delle merendine. La povertà è un fattore di
rischio fra i più importanti per la mortalità e per le gravi malattie.
Prevenzione
- La globalizzazione può essere
un'occasione di riflessione – sottolinea Garattini - per rivedere gli aspetti
sociali delle malattie con particolare riferimento alla prevenzione,
pilastro della salute spesso trascurato e sottovalutato. Lo Stato può
essere ambiguo nei suoi comportamenti, quando da un lato raccoglie tasse per
attività che inducono dipendenza, come le lotterie, i giochi d'azzardo, il
tabacco, l'alcool, mentre dall'altro deve sostenere le spese per curarne i danni
attraverso i servizi sanitari.
Determinante della salute è anche l'ambiente in cui si vive. L'inquinamento
dell'aria nelle grandi e piccole città è un importante fattore di malattie
respiratorie – continua Garattini -
ma in molti Paesi non si ha il coraggio di impedire la circolazione delle
autovetture per non deprimere importanti attività industriali e commerciali.
Occasione di riflessione potrebbero
essere anche l'influsso di tecnologie come internet, che spesso diventano
veicoli della propaganda e dell'impiego di prodotti nocivi alla salute.
Diritto alla salute
- La Costituzione (1947) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
considera la salute un diritto fondamentale delle persone e la definisce come
stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di
malattia. In base a questo principio gli Stati nazionali hanno compiti che vanno
ben al di là della semplice gestione di un sistema sanitario. Essi dovrebbero
farsi carico di individuare e cercare di modificare quei fattori che influiscono
negativamente sulla salute collettiva e
promuovere quelli che la favoriscono. La traduzione di dichiarazioni di
principio in strategie operative costituisce un processo complesso e difficile,
soprattutto quando le implicazioni per l'azione richiedono il cambiamento del
modo di pensare e di agire.
Vertice e dichiarazione del Millennio
- Sul finire del secolo scorso si arrivò alla consapevolezza che la civiltà
globalizzata possedeva la ricchezza, la conoscenza e i mezzi perché l'umanità
fosse affrancata dalla miseria e dalla mancanza delle necessità di base (acqua,
cibo, istruzione e così via). Si potevano cioè sconfiggere la povertà estrema,
le malattie, l'inquinamento ambientale ed elevare la qualità della vita di ogni
essere umano. Con queste convinzioni, nel settembre 2000 a New York durante il
Vertice del Millennio, 191 Capi di Stato e di Governo di tutti gli Stati membri
dell'ONU approvarono la Dichiarazione del Millennio (United Nations Millennium
Declaration), sottoscrivendo un
patto globale di impegno congiunto tra Paesi ricchi e Paesi poveri. I leader
mondiali affermarono la loro responsabilità non soltanto nei confronti dei
rispettivi popoli, ma verso l'intera specie umana, definendo una serie di
ambiziosi propositi da conseguire entro il 2015 (articoli 19 e 20 della
Dichiarazione).
Obiettivi del Millennio (MDG)
- Dalla Dichiarazione del Millennio, attraverso successivi incontri diplomatici,
presero corpo gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio
(Millennium Development Goals o MDG) o più semplicemente "Obiettivi del
Millennio" che costituiscono un patto a livello planetario fra Paesi ricchi e
Paesi poveri, fondato sul reciproco impegno a fare ciò che è necessario per
costruire un mondo più sicuro, più prospero e più equo per tutti. Si tratta di
otto traguardi misurabili e inequivocabili, vincolanti per l'intera comunità
internazionale, che affidano all'ONU un ruolo centrale nella gestione del
processo della globalizzazione. Gli otto obiettivi cruciali da raggiungere entro
il 2015 sono:
1. sradicare la povertà estrema e la
fame
2. rendere universale l'istruzione primaria
3. promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne
4. ridurre la mortalità infantile
5. migliorare la salute materna
6. combattere l'HIV/AIDS, la malaria e altre malattie
7. garantire la sostenibilità ambientale 8.sviluppare un partenariato mondiale
per lo sviluppo.
Cooperazione internazionale
– La Dichiarazione del Millennio adottata dall’ONU
per dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015 promuovendo
lo sviluppo globale e
il Documento che fissa gli otto obiettivi di Sviluppo del Millennio
costituiscono, dall’anno 2000, il
quadro di riferimento più importante per la cooperazione internazionale allo
sviluppo. Dopo il 2015 la comunità internazionale continuerà ad affrontare le
sfide globali, puntando a obiettivi concreti, secondo una nuova agenda globale
dell’ONU per lo sviluppo e la sostenibilità che indicherà la via da seguire.
A che punto siamo
- Dopo l'11 settembre 2001 i progressi verso gli Obiettivi del Millennio (MDG)
segnarono un preoccupante
rallentamento. Da questa data molte
delle risorse e delle attenzioni che erano state promesse alla lotta alla
povertà e al sottosviluppo vennero deviate verso la guerra al terrorismo.
Inoltre la centralità delle Nazioni Unite e l'approccio multilaterale per la
risoluzione dei problemi internazionali furono rimessi in discussione. Negli
ultimi anni sono in crescita gli aiuti dei paesi sviluppati per raggiungere gli
MDG. Tuttavia più della metà degli aiuti è rivolta alla cancellazione del debito
dei paesi poveri e il denaro rimanente viene versato in caso di catastrofi
naturali e per aiuti militari. In questo modo è difficile creare sviluppo. I
progressi verso il raggiungimento degli obiettivi non sono uniformi. Alcuni
paesi hanno raggiunto molti degli obiettivi, mentre altri non sono sulla buona
strada neanche per realizzarne uno.
2015
: Nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) - A partire da settembre 2015,
con l’approvazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, gli Obiettivi di
Sviluppo del Millennio (MDG) verranno sostituiti dagli Obiettivi di sviluppo
sostenibile (Sustainable Development Goals o SDG). Gli SDG hanno una portata più
ampia rispetto agli MDG e adottano un approccio diverso. Mentre gli MDG si
applicavano solo ai paesi poveri, gli SDG mirano ad essere universalmente
applicabili. Inoltre gli MDG affrontavano questioni chiave singolarmente, mentre
gli SDG, per garantire la sostenibilità degli interventi, hanno lo scopo di
adottare un approccio più integrato tra questioni sociali, economiche e
ambientali. I nuovi obiettivi sono definiti da una lista di intenti da
realizzare entro il 2030. Nati dalla Conferenza Rio+20 delle Nazioni Unite sullo
Sviluppo sostenibile, gli SDG sono
il risultato di una elaborazione
complessa. Con l’ ampia partecipazione di Istituzioni statali, di organizzazioni
della società civile, di accademici e scienziati, si sono ripensati
gli Obiettivi del Millennio in un’ ottica di lungo periodo e
si è accentrata l’attenzione
dell’agenda globale sullo sviluppo sostenibile. Gli SDG hanno anche lo scopo di
fissare obiettivi “trasformativi”, che affrontino le cause profonde della
povertà e le barriere sistemiche allo sviluppo sostenibile.
Malattie importate
- Lo spostamento delle malattie da un continente all'altro non è certo un fatto
nuovo, spiega Federico Gobbi,
Centro Malattie Tropicali, Ospedale Sacro Cuore, Negrar (Italia). Tuttavia, per
effetto della globalizzazione, negli ultimi anni si è registrato in Europa un
sensibile incremento di patologie tropicali di importazione, correlate ai viaggi
internazionali. Il fenomeno è
legato al fatto che è aumentato il
numero dei viaggiatori e il numero di alimenti e di animali importati da ogni
parte del mondo. I vettori delle malattie ( per esempio le zanzare), a causa dei
commerci e delle mutate condizioni climatiche, possono essere trasportati in
aree mai raggiunte nel passato. Per questi motivi una patologia sconosciuta o
poco conosciuta può giungere in Europa in meno di 24 ore, il tempo di un volo
aereo. Per contrastare lo spostamento delle malattie da un continente all'altro
è necessario un importante lavoro di rete tra specialisti (infettivologi,
tropicalisti, igienisti, medici di medicina generale, veterinari, entomologi,
microbiologi, antropologi) per elaborare strategie comuni al fine di
riconoscere, diagnosticare, trattare e prevenire le patologie.
Povertà
e malattie
- Alessandra Carozzi de Carneri, Presidente Fondazione Ivo de Carneri, Milano
(Italia) ha sottolineato lo stretto
legame tra salute/malattia e ambiente e tra salute/malattia e povertà. La
Fondazione Ivo de Carneri lavora in appoggio al Ministero della Salute di
Zanzibar (Africa). La malnutrizione,
ma anche la mancanza di acqua (potabile o per lavarsi), le cattive
condizioni abitative, lo stress della violenza continua e della precarietà
quotidiana sono coltura di riproduzione di virus e batteri nel corpo umano. Per
affrontare il problema delle malattie nei Paesi dove sono endemiche, perché
sostenute dalla povertà e dalle carenze degli Stati, e per fronteggiare il grave
problema della loro rapida diffusione da un continente all'altro, è
indispensabile che la Cooperazione internazionale sviluppi strategie e impieghi
energie e fondi sufficienti per migliorare i sistemi sanitari locali. L'epidemia
di Ebola rappresenta
un esempio tragico ed attuale di tale necessità. Occorrono quindi
interventi ben pianificati e di lunga durata che non prescindano dalla
responsabilità dei Governi.
Diversità culturale
- Roberto Rambaldi, Direttore
Affari Istituzionali, Fondazione Don Gnocchi, Milano (Italia) invita, quando si
opera nei paesi del cosiddetto Sud del mondo, ad essere attenti ai valori
culturali e sociali locali. E’ opportuno inoltre
ricreare i legami con l'ambiente e con la società, legami che sono
a volte alterati da una modernizzazione cieca e frettolosa. Non è
semplice scegliere interventi adeguati e adattati alle diverse situazioni.
Coloro che prestano servizio
nei Paesi in via di sviluppo possono sentirsi a disagio di fronte a una
solidarietà “mordi e fuggi”, a donatori internazionali ( agenzie e associazioni
) che impongono un loro “modello prefabbricato". La Fondazione Don Gnocchi è
impegnata con interventi di tipo formativo, socio-assistenziale e sanitario
in Bosnia-Erzegovina, Burundi, Bolivia, Ecuador, Rwanda, Sierra Leone e
Tunisia. La Fondazione mette al servizio delle popolazioni più svantaggiate le
proprie competenze ed esperienze
acquisite in sessant'anni di attività, operando,
in particolare, nella cura delle disabilità congenite o acquisite in
conseguenza di eventi bellici, incidenti e così via. Gli interventi di
cooperazione internazionale sono focalizzati sulla riabilitazione intesa non
solo in senso clinico, ma globale, cioè riguardante gli
aspetti formativi e sociali, con finalità di integrazione all'interno
delle comunità.
La piaga della mortalità infantile
- Ogni anno nel mondo muoiono 7 milioni di bambini sotto i 5 anni, la maggior
parte per malattie che si possono curare (in particolare gastroenteriti,
polmoniti e malaria), sottolinea
Maurizio Bonati, Direttore Dipartimento di Salute Pubblica, Istituto di Ricerche
Farmacologiche Mario Negri, Milano (Italia).
La ragione principale è che né loro né i loro genitori hanno accesso
all'assistenza sanitaria per scarse risorse finanziarie o perché vivono in
contesti geografici difficili. In molti Paesi l'assistenza sanitaria è
considerata una merce piuttosto che un diritto. Così la maggioranza della
popolazione non può permettersi di pagare le medicine e neppure la visita
medica. La morte di un numero significativo di bambini è causata dal fallimento
dei governi, sia del Nord che del Sud del mondo, incapaci di provvedere a una
sanità universale. Ad esempio la mancanza di una sanità universale è una delle
ragioni della più alta mortalità dei bambini sotto i 5 anni di età negli USA (8
per 1000 nati) rispetto al Canada e a Cuba (6 per 1000 nati). L’India, paese con
un’ economia in rapida crescita, ha
un sistema sanitario privato che non riesce a coprire i bisogni dei
pazienti. Solo il 26% dei bambini con diarrea riceve i sali per reidratazione
orale e solo il 13% riceve antibiotici per sospetta polmonite. Questi numeri
sono in netto contrasto con il vicino Bangladesh che è significativamente più
povero, ma può fornire i sali per la reidratazione al 78% dei bambini e
antibiotici al 71% dei casi relativi
a sospetta polmonite. Il Bangladesh ha una mortalità infantile sotto i 5
anni più bassa dell'India (46 vs 61 per 1000 nati) poiché i servizi pubblici
hanno definito e attuato come priorità la riduzione delle diseguaglianze
nell'accesso ai servizi sanitari.