Un episodio sconosciuto della lotta al nazismo
da centrattacco della Fiorentina
a martire della Resistenza
di Silvia Talli
In tempi come questi, in cui ogni evento anche il più piccolo e spesso
insignificante assurge velocemente
e
con estrema facilità agli onori della cronaca grazie ai canali informativi
offerti dalla moderna tecnologia, può accadere che vicende seppur rilevanti per
la storia e la memoria collettiva rimangano per molto (troppo) tempo nascoste
sotto la pesante coltre dell’oblio.
E’ il caso della vicenda di Armando Frigo (foto a sinistra), riportata
recentemente alla luce dalla nipote, Donata Bettenzoli, nell’intento di far
conoscere la sua figura, non ancora abbastanza nota ai più, affinché abbia il
riconoscimento che merita.
Armando Frigo nacque il 5 agosto 1917 in America, precisamente a Clinton nello
stato dell’Indiana, da emigranti italiani. All’età di otto anni tornò in Italia,
a Vicenza, con i genitori e i due fratelli Giovanni e Antonia. Qui iniziò a
giocare come centrocampista nella squadra cittadina, allora militante nella
serie cadetta del campionato nazionale, debuttando come professionista nel 1935.
Quattro anni più tardi, nel 1939, si trasferì alla Fiorentina con la quale
esordì in serie A e vinse la Coppa Italia. In questa squadra giocò con un suo
concittadino, Romeo Menti che vestì anche la maglia della nazionale italiana e
quella del grande Torino con il quale trovò la morte a Superga. A Firenze rimase
fino al 1942, anno in cui passò allo Spezia partecipando all’ultimo campionato
prima della sospensione del torneo a causa degli eventi bellici.
La guerra travolse anche l’esistenza del giovane calciatore, il quale mise da
parte pantaloncini e scarpette chiodate ed in breve tempo sostituì la casacca
bianca della squadra spezzina per indossare la divisa da sottotenente. Nella sua
vita non ci sarebbero più stati i colori vivi delle maglie da calciatore, né
avrebbe più calcato il manto verde del campo per rincorrere il pallone e
dribblare l’avversario; e neppure avrebbe più sentito le urla di incitamento dei
tifosi assiepati sugli spalti che spingevano la sua corsa. Tutto ciò
probabilmente rimase un ricordo da tenere stretto a sé nei rari momenti di
quiete, magari di notte quando ben altri rumori, come quelli secchi delle armi,
cessavano per un po’ e gli scarponi militari per qualche ora non si piantavano
nei terreni impervi del fronte.
Quella di arruolarsi nel Regio Esercito fu una decisione che Frigo prese con
estrema consapevolezza dopo un incontro avuto durante il viaggio di ritorno in
treno, da Firenze a Vicenza, con un reduce di guerra a cui era stata amputata
una gamba.
Quell’incontro lo segnò e cambiò definitivamente il corso della sua vita.
Fu così che entrò a far parte della Divisione di fanteria “Emilia” con la quale
fu impegnato nei Balcani. All’indomani dell’armistizio dell’8 settembre del ‘43
si trovava nelle alture soprastanti le Bocche di
Cattaro dove affrontò l’assedio dei
nazisti a copertura dei nostri soldati che nel frattempo si erano uniti ai
partigiani slavi. Vi fu una valorosa resistenza condotta fino a che l’esiguità
delle armi e degli uomini lo consentirono. La cattura divenne inevitabile.
Fu così che Frigo e altri tre ufficiali si consegnarono ai tedeschi
decidendo di non togliersi le
mostrine affinché ricadesse su di loro la responsabilità della resistenza in
modo da evitare una ritorsione sul resto dei soldati.
Dopo un processo sommario i quattro ufficiali furono condotti in una radura e
fucilati alle spalle, in segno di spregio come si era soliti fare con i
traditori.
In una tasca della divisa di Frigo furono successivamente trovati un santino
della Madonna di Monte Berico (immagine a destra) e la tessera della Fiorentina.
La strenua resistenza ed il sacrificio che seguì non furono vani: ciò che
rimaneva della Divisione, infatti, era riuscito nel frattempo a completare la
ritirata e a raggiungere le Bocche di Cattaro per imbarcarsi sulle navi della
Regia Marina con le quali fece ritorno in Italia.
A noi posteri rimane la preziosa testimonianza lasciata da questa breve vita non
abbastanza conosciuta e ricordata come avrebbe meritato: la vita di Armando
Frigo, ex calciatore morto valorosamente a ventisei anni dopo aver scelto di
combattere per la libertà.