Gli Arumeni

una minoranza dimenticata

 

 

di Magali Prunai

 

 Mappa delle aree popolate da aromuni (valacchi) a metà Novecento in Grecia, Albania e Macedonia

Ogni Stato, ogni nazione, nasconde nella sua storia racconti di popolazioni che sono sfuggite a dominazioni esterne, rifugiatesi in zone più o meno nascoste, mantenendo nei secoli le proprie tradizioni e, soprattutto, la propria lingua scomparsa dalle zone più urbanizzate.

Questo è anche il caso degli Arumeni, da non confondere con gli Armeni, una popolazione balcanica, una delle tante minoranze sconosciute ai più, composta da pastori che si erano rifugiati sui monti per sfuggire alle invasioni del III secolo d.C.. Quando, infatti, i romani abbandonarono la Dacia, l’attuale zona della Romania, questa divenne terra di conquista di popolazioni germaniche, slavi e, più avanti, magiari. I popoli natii, per mantenere la loro “romanità”, si trasferirono all’interno, sui monti, emigrando successivamente verso l’attuale Macedonia, la Grecia e l’Albania.

Pastori arumeni nell' Ottocento

Sempre più isolate, queste popolazioni vennero pressoché dimenticate.

Emigrando verso altri paesi hanno comunque mantenuto viva la loro lingua, nonostante gli influssi greci e albanesi ancora oggi possiamo identificarla come una lingua romanza, dato il suo impianto latino d’origine. Se vogliamo essere ancora più precisi la lingua parlata dagli arumeni rientra in uno sottogruppo del romeno. Infatti, come tutti sappiamo, in Romania si parla rumeno, mentre in pochi sanno che da essa sono nate altre tre lingue che identificano alcune minoranze: l’arumeno, l’istorumeno e il meglenoromeno.

Il meglenoromeno è una variante dell’arumeno sviluppatosi dopo l’emigrazione verso la Grecia. Questo popolo si stanziò in una zona del nord, la Moglena, dove subì forte influenze slave. I loro eredi ormai non si definiscono più arumeni, ma “vlaschi” che probabilmente vuol dire straniero. La parola, forse di origine germanica, veniva usato tanto per indicare le genti latine che quelle slave.

Molti arumeni, invece, si rifugiarono in Istria, che era pressoché deserta, dove vissero dimenticati e indisturbati fino ai primi anni del ‘900 quando il Regno d’Italia decise di tutelare la minoranza linguistica radunando tutti gli istorumeni in una città, Valdarsa. Stanziatisi inizialmente nella Cicceria, una regione compresa fra Slovenia e Croazia, sono anche chiamati Cici, con una lingua fortemente influenzata dallo slavo che ha preso il nome di Ciribiri. Attualmente sono una strettissima minoranza che vive fra i vecchi territori dell’Istria, limitatamente al villaggio di Seiane e altri della val d’Arsa, e Trieste.

Nel 1922 il sindaco di Valdarsa si adoperò molto perché le tradizioni del suo popolo rimanessero vive e venissero tramandate di generazione in generazione, inaugurando anche l’apertura di una scuola in lingua rumena. Dopo la seconda guerra mondiale molti istorumeni seguirono gli istriani nel loro esodo disperdendosi e arrivando fino a New York dove attualmente se ne contano circa 300/400.

Nonostante si tratti di una lingua non scritta, tramandata oralmente, è pur sempre di origine latina anche se secondo alcuni si tratta comunque di un dialetto rumeno. Il principale esponente culturale, primo a metterla pubblicamente per iscritto, fu Andrea Glavina foto a sinistra), chiamato anche l’apostolo degli istorumeni.

Politico e scrittore di origine austro-ungarica, era nato nel 1881, è stato definito come l’ “italiano con ascendenza diversa”, sostenitore dell’irredentismo istriano a sostegno della causa del suo popolo.

Di umili origini, ebbe la fortuna di frequentare prestigiose scuole in Romania per intervento di un noto glottologo che lo selezionò con lo scopo di promuovere l’istorumeno. Tornato in Istria, ottenne l’abilitazione per insegnare italiano e rumeno. Tentò più volte di aprire una scuola, ma l’impero osteggiò continuamente questa sua iniziativa finché, dopo la prima guerra mondiale, l’Istria non venne annessa al Regno d’Italia. Eletto sindaco di Valdarsa, riuscì finalmente ad aprire una scuola rumena alla quale si iscrissero più di cento alunni. Nel 1905 pubblicò un libro, “Calendar lu Rumen din Istria”, in cui raccoglieva proverbi e racconti popolari della sua gente. Mentre l’inno istoromeno, “imnul istro-romanilor”, scritto in occasione dell’inaugurazione della scuola e pubblicato postumo, dichiara una forte appartenenza alla propria terra d’origine, la Romania, e a quella dei fratelli italiani con i quali si condividono le origini.

Festival arumeno a Moscopoli

Forse proprio per questo sentimento di appartenenza a una storia comune ha fatto sì che il Regno d’Italia riconoscesse piena autonomia a questi territori a differenza di quanto fece nel Trentino Alto Adige Sud-Tirol, dove era vietato parlare tedesco, insegnare la propria lingua e cultura nelle scuole e, addirittura, indossare gli abiti tradizionali di chiara ispirazione tirolese e, quindi, retaggio del tempo in cui erano un tutt’uno con l’impero austro-ungarico.

 Il Galileo