Il fermione e il suo contrario
L’esperimento nel CUORE della montagna
I ricercatori dei laboratori Infn del Gran Sasso seguono le tracce lasciate dai
neutrini virtuali, un po’ come le briciole di Pollicino
di Marco Torricelli e Irene Prunai
Le particelle di Majorana
Sappiamo che la materia è composta da particelle dette fermioni. Questi fermioni
hanno tutti una
corrispondente
antiparticella, per esempio l’elettrone ha il positrone che
gli assomiglia in molte cose ma che ha una carica positiva invece che negativa.
Se particella e antiparticella si “scontrano” si annullano reciprocamente
emettendo soltanto dell’energia. Majorana (a sinistra) ha dimostrato che
non è necessario che ogni fermione abbia un’antiparticella diversa da se stessa.
Teoricamente possono esistere dei fermioni che sono l’antiparticella di se
stessi. Fino ad ora per tutti i fermioni del modello standard si è dimostrato
che particella e antiparticella non coincidono. Questo è il comportamento detto
dei fermioni di Dirac (fono a destra). L’unica possibilità quindi di trovare dei
fermioni di Majorana è rimasta per la particella più sfuggente, la più difficile
da rilevare del modello standard. È così difficile che solo da pochi anni
sappiamo che il neutrino ha una massa e non sappiamo neanche quant’è
esattamente. Adesso c’è un fenomeno chiamato il doppio decadimento beta, che è
uno dei fenomeni di decadimento nucleare più rari. In questo processo due
neutroni di un nucleo si trasformano simultaneamente in protoni. Per rispettare
le leggi di conservazione di una serie di grandezze fisiche, tra le quali per
esempio la carica elettrica, questa trasformazione deve essere bilanciata
dall’emissione di altre particelle dal nucleo. In teoria esistono due possibili
tipi di DBD: uno con emissione di neutrini, oltre che di elettroni; l’altro in
cui i neutrini hanno un’esistenza soltanto virtuale. Una particella virtuale
nasce e muore in brevissimo tempo e quindi non è possibile osservarla
direttamente. Ne possiamo però vedere gli effetti tramite altre particelle.
Questo vuol dire che nel caso di un dbd senza emissione di neutrini, gli
elettroni che vengono emessi avranno delle energie diverse rispetto a quelli del
procedimento con emissione di neutrini. La cosa interessante è che avere le
prove che è avvenuto un decadimento beta senza emissione di neutrini vuol dire
che l’esistenza dei neutrini è stata soltanto virtuale, cioè si sono annichiliti
a vicenda durante il decadimento stesso. Questo proverebbe che il
neutrino elettronico è effettivamente l’antiparticella di se stesso.
Nel CUORE dell’esperimento
I ricercatori dei laboratori Infn del Gran Sasso seguono le tracce lasciate dai
neutrini virtuali, un po’
come
le briciole di Pollicino. Per far questo hanno bisogno di CUORE (Cryogenic
Underground Observatory for Rare Events), un rilevatore fatto di cristalli di
ossido di tellurio isolato dall’ambiente esterno e tenuto a bassissime
temperature per evitare “rumore” sia di origine esterna che interna. Il tellurio
serve contemporaneamente da sorgente e da strumento di misura perché l’isotopo
tellurio 130 è uno dei nuclei meglio predisposti al DBD. CUORE, la cui
costruzione non è ancora terminata, sarà composto da 988 elementi di 125 cm
cubici l’uno. Ognuno di questi sarà dotato di un sensore di temperatura.
L’idea è che misurando le variazioni di temperatura sarà possibile conoscere
l’energia degli elettroni emessi dal DBD e, se i neutrini sono particelle di
Majorana, si vedrà un particolare picco di temperatura corrispondente al
decadimento senza emissione di neutrini. Per poter far funzionare questo
esperimento le sfide tecniche sono notevoli. Per garantire l’isolamento dalle
sorgenti esterne di rumore è stato necessario costruire una schermatura con del
piombo molto poco radioattivo. Grazie all’inconsapevole contributo di alcuni
marinai romani, la cui nave è affondata duemila anni fa al largo della Sardegna,
è stato possibile recuperare dal carico del piombo ormai completamente esaurito
e preziosamente custodito dal mare lontano dai raggi cosmici.
Ma che freddo fa?
Per eliminare invece il rumore termico sarà necessario far funzionare CUORE a
una temperatura di pochi millesimi di grado al di sopra dello zero assoluto. La
temperatura dello spazio interstellare è di circa 2,7 gradi sopra lo zero
assoluto, che vuol dire che CUORE sarà il luogo più freddo dell’intero universo,
tolti eventuali laboratori simili di fisici alieni!
Dopo una serie di esperimenti a scala inferiore, CUORICINO e CUORE-ZERO, gli
scienziati del Gran Sasso hanno raffreddato un blocco di rame di un metro cubo a
soltanto 6 millikelvin, mantenendolo in queste condizioni per 15 giorni. Nella
fisica delle basse temperature questo è un record. Mai prima d’ora una così
grande quantità di materia era stata mantenuta a temperature così basse e per
così tanto tempo.
Il futuro
Una volta completato, cioè fra pochi mesi, CUORE affiancherà e supererà
CUORE-ZERO e ci si attende, nei successivi cinque anni, di riuscire ad avere dei
risultati significativi. Se dovesse essere confermato che il neutrino
elettronico è una particella di Majorana, si potrebbe spiegare l’asimmetria
presente nell’universo tra materia e antimateria. Oltre all’importanza per la
fisica teorica, le tecniche usate per raffreddare il blocco di rame, sono un
passo in più verso la realizzazione del computer quantistico, il quale ha
bisogno di temperature bassissime per poter manipolare gli atomi uno a uno.
Per saperne di più, ma solo per i più bravi,
http://arxiv.org/pdf/1402.6072v1.pdf