Donne per sempre
di Mirella Strani
C’è un giardino a Milano, l’ex giardino di via Veglia, intitolato a Wanda
Osiris. Ci sono aceri, querce, robinie, ma non le rose rosse senza spine
profumate di Arpège che tutte le sere la Wandissima lanciava
al suo pubblico. L’11 novembre del 1994, Wanda Osiris moriva a Milano, sua città
d’adozione. Anna Menzio, suo vero nome, era nata a Roma nel 1905, figlia di un
palafreniere del re, presente a Monza nel 1900, quando fu ucciso Umberto I.
Attirata dal canto e dal teatro fin da piccola, nel 1923 decise di trasferirsi a
Milano per seguire le sue passioni.
Non era alta, aveva lunghi capelli neri, occhi grandi, chiarissimi e molto
truccati, zigomi alti e una dentatura forte. “Non ero bella”, diceva di se
stessa, “forse un tipo esotico”. Questa sua aria esotica ispirò il suo cognome,
una contrazione fra Osiride e Iside. Non sapeva, quel signore che l’ideò, che
stava mettendo al mondo una dea. Del suo la Wanda ci mise i capelli ossigenati,
la pelle truccata di ocra, gli abiti sontuosi, i gioielli, i boa di struzzo, le
paillettes, le scale, i boys, le rose, il profumo.
Quando scendeva le scale, lanciando baci al pubblico, quando usciva
da
una conchiglia come Venere, quando entrava in scena su un cammello,
generosamente spruzzato di Arpège, era un delirio,
l’attenzione era tutta su di lei, gli applausi tutti per lei. Non sono bella,
diceva, non sapeva ballare, cantava con il birignao e con quelle vocali
esageratamente aperte, ma incarnava il sogno. Non aveva detrattori, dalla
persona più semplice all’intellettuale più snob tutti l’ammiravano e
l’applaudivano. Le sue prime facevano concorrenza alle prime della Scala.
Qual era dunque il segreto di questa
donna, non bella né particolarmente talentuosa? Fascino, carisma? Forse.
Oppure era il rispetto per la sua professione, l’amore grande per il teatro, la
generosità verso il pubblico? “Il pubblico paga un biglietto e si aspetta il
massimo”, diceva. E il suo pubblico riceveva in cambio di qualche biglietto da
mille tutto il suo amore. Era unica, divina, era la Wandissima, come la
ribattezzò Orio Vergani.