La violenza contro le donne

Dallo stalking al femminicidio

Le iniziative per contrastare il fenomeno: da un manuale di comportamento ad un telefono dedicato – Una  singolare iniziative milanese per sensibilizzare l’opinione pubblica

 

 

di Magali Prunai

 

 

Il “wall of dolls”di via De Amicis, a Milano

I maltrattamenti sulle donne nel corso del tempo e della storia sono sempre stati all’ordine del giorno o quasi. Finalmente, a causa di un presunto aumento di violenze o semplicemente di denunce, nel 2009 si è deciso di far fronte a questa problematica creando un reato ad hoc nel codice penale, figura che poi ha aperto la strada al concetto di femminicidio diversificandolo dai reati di maltrattamento e violenza.  Nel libro secondo del codice penale, al titolo XII dedicato ai reati contro la persona, è stato inserito l’articolo 612 bis rubricato “atti persecutori” nei quali si fa rientrare lo stalking.

Dettaglio del “wall of dolls” che condanna i recenti danneggiamenti alle bambole

 

Dall’inglese “to stalk”, “fare la posta”, lo stalker è colui che compie una serie di condotte reiterate nel tempo, allo scopo di interferire nella vita privata di una persona creando una costante sensazione di ansia e paura, compromettendo lo svolgimento della normale vita quotidiana attraverso comportamenti invadenti, intromissioni e controllo delle azioni della vittima, minacce attraverso telefonate, e-mail, sms, pedinamenti, appostamenti. La vittima si trova in un costante e grave stato di timore per la propria salute psico-fisica, il timore di essere seguiti, controllati, aggrediti è  tale da causare un cambiamento nello stile di vita quotidiano. Proprio questa sua caratteristica del perdurare nel tempo dei comportamenti, che possono causare disagi psico-fisici alla vittima, ha reso necessario un articolo del codice penale aggiuntivo rispetto alle minacce e alla violenza. La minaccia o la violenza, infatti, non è detto che si protragga nel tempo. Con l’articolo 612bis, invece, il legislatore ha voluto riconoscere la gravità di questo “nuovo” fenomeno, quasi esclusivamente ai danni di donne, tutelando maggiormente le probabili vittime.

Dal 2009 ad oggi le denunce per stalking sono state più di cinquanta mila, di queste solo negli ultimi due anni più di undici mila sono finite in tribunale. L’84% delle vittime è sempre una donna e la violenza parte, per lo più, dalle mura domestiche: un marito, un fidanzato, un ex.

Per aumentare la sensibilità, non tanto delle istituzioni, ma della gente comune nei confronti di questo fenomeno drasticamente sempre più in aumento è nato da poco, grazie al sostegno e alla collaborazione del centro di ascolto e sostegno Telefono Donna ( www.telefonodonna.it ), il manuale anti stalking e una app gratuita, “stop stalking”, in cui si spiega cosa è lo stalker, come riconoscerlo e, soprattutto, come difendersi.

I consigli da seguire per evitare questa persecuzione sono pochi e semplici: chiarire alla persona di non voler più avere alcun tipo di rapporto con lui/lei e se si dovesse incontrarla per caso, evitare qualsiasi tipo di emozione, reazione. Evitare di minacciarlo, rischiando poi di passare dalla parte del torto. Ignorare sue telefonate, sms, tentativi di avvicinamento e non concedere mai un “ultimo” appuntamento, i cimiteri sono, sfortunatamente, pieni di donne che hanno concesso un altro incontro fissato dallo stalker al solo scopo di uccidere. Se ci si accorge di essere seguiti, cercare di raggiungere alla svelta luoghi affollati. E soprattutto parlarne con qualcuno che possa dare un aiuto morale, psicologico e consigliare come tutelarsi al meglio. Sul sito www.stopstalking.it  vengono forniti altri consigli utili che, nel momento del bisogno, potrebbero salvarci.

Bicchiere di plastica vuoto abbandonato su un davanzale della parete dove si snoda l’installazione

Ma il manuale anti stalking e la app per cellulare non sono altro che la logica conseguenza di un’altra manifestazione svoltasi a Milano lo scorso giugno. Nella centralissima via De Amicis, a due passi dalle colonne di S. Lorenzo e dai Navigli, fulcro della vita notturna milanese, sul muro esterno della “Casa dei diritti”, è stata montata una rete metallica con appese delle bambole. Il “wall of dolls”, il “muro delle bambole”, ha come scopo quello di mandare un messaggio chiaro e preciso a chiunque passi la accanto: queste erano donne e questo è quello che ne è rimasto. Se parte della cittadinanza milanese lancia uno sguardo alla parete quando la costeggia, pensando anche solo per un nano secondo a cosa voglia alludere, qualcuno immancabilmente trova un modo per mancarle di rispetto. Per cui alcune bambole sono state decapitate, qualcuna è scomparsa, qualcuno non sapendo dove appoggiare il bicchiere vuoto del proprio drink ha pensato bene di lasciarlo sul muro insieme alle bambole. E questo è, probabilmente, il segno di spregio più grande: la zona dei locali è piena di cestini, fare due metri per gettare un bicchiere non costa nulla in termini di tempo e fatica, appoggiarlo su un davanzale sul quale si sviluppa il “wall of dolls” vuol dire mostrare quanto poco valore si attribuisca alla vita altrui, di sconosciute che hanno subito maltrattamenti, violenze, torture nell’indifferenza totale di chi le circonda. Senso civico è anche  e soprattutto questo: non pensare solo a sé, ma anche agli altri. A me il manuale anti stalking non serve, ma per questo non vuol dire che non deve esistere e che a un’altra donna non serva o, in futuro, non servirà.

Nelle due foto in alto: l'omaggio floreale che un uomo fa ad una donna, a destra bambole decapitate dai vandali; in basso : “Dona un gesto gentile”, è possibile portare altre bambole per incrementare il ruolo simbolico del “wall of dolls”.

 

Le foto sono dell’autrice che ne detiene il copyright

 Il Galileo