Spinosauro
il primo dinosauro in grado di nuotare
Risale a 95 milioni di anni fa ed era il più gigantesco predatore mai apparso
sulla Terra
di Adriana Giannini
Nel confronto tra i grandi dinosauri prevale per dimensioni lo Spinosauro (primo
a sinistra). Seguono nell'ordine Gigantosauro, Tirannosauro e Suchomimus. (Copy
Davide Bonadonna, Prehistoric Minds)
I dinosauri, che gli esseri umani non ebbero mai l'occasione di incontrare da
vivi – e forse proprio a causa di questa fortunata circostanza – non smettono
mai di sorprendere ed entusiasmare chi, centinaia di anni dopo, li ha sostituiti
nel dominare la Terra. Ora che sono ridotti a rari, preziosi resti di ossa
fossilizzate appassionati grandi e piccoli cercano di immaginarne l'aspetto, le
dimensioni e lo stile di vita, aiutati in questo dall'esperienza e dalle
tecnologie più attuali a disposizione dei paleontologi di tutto il mondo. Ed è
proprio alla collaborazione di una équipe internazionale di scienziati italiani,
statunitensi e marocchini, e a una buona dose di fortuna, che si deve la
recentissima, clamorosa e inaspettata scoperta del primo dinosauro carnivoro
capace di condurre una vita semi-acquatica grazie a particolari adattamenti
evolutivi legati all'ambiente in cui viveva 95 milioni di anni fa. Se infatti si
sapeva che alcuni dinosauri (da non
confondere con i rettili volanti) si erano evoluti adattandosi al volo e
divenendo i probabili antenati degli uccelli, nessuno immaginava che un ramo dei
dinosauri potesse essersi specializzato per vivere e cacciare in ambiente
acquatico.
Sito di scavo del nuovo scheletro di Spinosauro rinvenuto in Marocco. (Foto
David Martill)
In realtà Spinosaurus aegyptiacus, questo il nome scientifico del dinosauro
presentato ufficialmente l'11 settembre a Washington presso il quartier generale
del National Geographic, che ha finanziato l'intera impresa, e il 18 settembre a
Milano, presso il Museo di storia naturale, il quale come vedremo ha svolto un
ruolo fondamentale nella ricerca, era già stato scoperto e denominato più di 100
anni fa. A trovarne un certo numero di ossa nel Sahara egiziano e a farne un
accurato studio era stato il paleontologo tedesco Ernst Stromer von Reichenbach,
ma purtroppo nel 1944 i resti fossili andarono perduti nei bombardamenti e dello
Spinosaurus di Stromer restarono
solo i disegni contenuti nelle pubblicazioni che ne evidenziano le enormi spine
dorsali alle quali deve il nome. Altri resti di questa specie facevano parte
delle collezioni di alcuni musei, ma era soprattutto il Museo di storia naturale
di Milano a possederne alcuni importanti fossili tra cui un lungo (ben 98
centimetri!) osso nasale ancora tutto da studiare.
La svolta decisiva nella comprensione del misterioso Spinosauro avvenne circa
sette anni fa, nei pendii rocciosi del Sahara marocchino noti ai paleontologi e
ai raccoglitori di fossili come letti del Kem Kem
per la loro ricchezza di resti risalenti al Cretacico, periodo nel quale
tra l'Egitto e il Marocco esisteva
un esteso sistema fluviale popolato da una grande varietà di piante e animali
acquatici anche di grandi dimensioni tra cui squali, tartarughe e coccodrilli, a
loro volta predati da rettili volanti e dinosauri. Proprio nel Kem Kem un
cercatore di fossili aveva scoperto uno scheletro parziale di un probabile
dinosauro e l'aveva offerto a un geologo il quale, dopo averlo comperato, era
stato convinto da due paleontologi
del Museo di storia naturale di Milano, Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco,
che i reperti erano troppo importanti e che prima
dovevano essere studiati al Fossil Lab dell'Università di Chicago e poi
riportati in Marocco per essere esposti in un museo. Era però fondamentale
conoscere anche l'esatta ubicazione del giacimento in cui erano state rinvenute
le ossa e di conseguenza bisognava trovare a tutti i costi l'uomo che aveva per
primo le aveva trovate. Sembrava un'impresa quasi impossibile, ma Paul Sereno,
capo del Fossil Lab aveva un giovane collaboratore originario del Marocco, Nizar
Ibrahim, che dopo molte ricerche riuscì a rintracciarlo e a farsi portare sul
luogo del rinvenimento. A questo punto il team che si era andato formando grazie
alla sponsorizzazione della National Geographic Society e che comprendeva, oltre
a Sereno e Ibrahim dell'Università di Chicago e ai due paleontologi italiani
prima citati. Samir Zourhri dell'Università di Casablanca, David Martill
dell'Università di Portsmouth, Matteo fabbri dell'Università di Bristol, Dawid
Iurino dell'Università La Sapienza di Roma e Nathan Myhrvold di Intellectual
Ventures era in grado di ricreare un modello digitale dello scheletro che teneva
conto delle TAC eseguite sui nuovi fossili, delle riproduzioni digitali dei
disegni di Stromer e della scansione 3D dell'osso nasale di Milano, che
rappresenta tuttora il più grande e completo resto cranico noto. Sulla base di
questo modello digitale i ricercatori hanno poi costruito una riproduzione
anatomicamente accurata dello scheletro dello Spinosauro, uno scheletro che, con
la sua lunghezza di circa 16 metri, si è dimostrato sorprendentemente di due
metri più lungo del più grande Tirannosauro conosciuto.
Cristiano Dal Sasso (a destra) e Simone Maganuco mostrano l'osso nasale di
Spinosauro presente nel Museo di storia naturale di Milano. (Foto Luigi Bignami)
Ma a stupire più che le dimensioni dello Spinosauro sono stati gli adattamenti a
una vita acquatica o semi-acquatica
chiaramente rivelati dallo scheletro così ricostruito. Cristiano Dal Sasso e
Simone Maganuco li hanno dettagliatamente spiegati in occasione della
presentazione milanese. Le narici erano piccole e arretrate mentre la punta del
muso disponeva di fori neurovascolari
per i recettori dei movimenti in acqua analoghi a quelli dei coccodrilli.
Due caratteri che facilitavano la caccia agli animali acquatici che, una volta
catturati, rimanevano intrappolati nelle mascelle dotate di robusti denti a
incastro. Il baricentro era spostato in avanti a causa del collo e del tronco
allungati: ciò favoriva il nuoto piuttosto che la camminata sulla terraferma. Le
zampe anteriori erano dotate di robusti artigli ricurvi per trattenere le prede
più scivolose, mentre le zampe posteriori erano corte e connesse a un bacino
poco sviluppato, proprio come nelle balene primitive. Le ossa erano dense, prive
di cavità midollari come quelle degli attuali pinguini reali, mentre le ossa dei
piedi larghe e con artigli piatti
fanno pensare che possedesse piedi palmati, come quelli degli uccelli limicoli.
Le vertebre erano articolate in modo lasco permettendo alla coda di flettersi
lateralmente come fanno i pesci ossei. Infine del tutto peculiari erano le
enormi e dense spine delle vertebre dorsali che, quando erano rivestite di
pelle, dovevano formare una gigantesca vela che aveva forse il ruolo di segnale
rendendo visibile l'animale da lontano, anche quando era immerso nell'acqua.
Modello in grandezza naturale realizzato da GeoModel per essere esposto davanti
alla mostra di National Geographic. ( Foto di Simone Maganuco)
Un dinosauro così eccezionale non poteva che meritarsi la massima visibilità e
non si può dire che non l'abbia avuta. Innanzitutto, come era doveroso, esso ha
avuto l'onore di essere la cover story della rivista National Geographic che in
Italia uscirà in ottobre. Inoltre, lo scheletro riprodotto a grandezza naturale
costituirà il fulcro di una mostra intitolata “Spinosauro, il gigante scomparso
del Cretacico” visitabile presso il
National Geographic Museum di Washington fino al 12 aprile 2015. E non ci sarà
solo lo scheletro. A impressionare immediatamente i visitatori all'ingresso ci
sarà una riproduzione in grandezza naturale dello Spinosauro così come doveva
apparire quando dominava nel suo ambiente: Il modello è stato realizzato dallo
staff dell'azienda italiana Geo-Model di Mauro Scaggiante con la supervisione
scientifica di Simone Magnanuco. E, visto che i contributi italiani sono stati
veramente tanti, ci sono buone speranze di poter portare questa mostra completa
di scheletro e modello a Milano durante l'Expo 2015. Se così fosse, la mostra
potrebbe essere allestita a Palazzo Dugnani, rimesso a nuovo per l'occasione. Un
richiamo in più per chi visiterà Milano tra maggio e ottobre del prossimo anno.