L’assenza di una legge nazionale
e il caos di quelle regionali
di Magali Prunai
Un tema che negli ultimi tempi è sulla bocca di tutti, di cui si parla tanto in
accezione positiva che non, è la procreazione medicalmente assistita,
un processo attraverso il quale si aiuta un individuo a procreare
attraverso pratiche mediche di vario tipo: farmacologiche, ormonali,
chirurgiche.
Nel 2004 a questo proposito il governo promulga una legge denominata “norme in
materia di procreazione medicalmente assistita” che disciplina gli interventi
medico-chirurgico volti a favorire la riproduzione in soggetti infertili o
sterili, qualora non sia possibile rimuovere l’ostacolo in modo diverso. Possono
ricorrervi, afferma la legge, solo coppie maggiorenni, di sesso diverso,
coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi. È
vietato il ricorso a tecniche di
fecondazione eterologa
e all'eugenetica.
L'articolo 14 di questa legge, inoltre, vieta la
crioconservazione degli embrioni
(la loro conservazione e congelazione),
per ridurre il soprannumero di embrioni creato in corso di procreazione
assistita, ma è comunque consentita per temporanea e documentata causa di forza
maggiore, non prevedibile al momento della fecondazione.
Le limitazioni introdotte dalla legge rendono improbabile che una coppia riesca
a ricorrervi, soprattutto con esito positivo. Nel 2004 i radicali hanno raccolto
e depositato quattro quesiti referendari abrogativi, nel giugno 2005 il
Referendum non ha comunque raggiunto il quorum e la legge è rimasta in vigore
inalterata, con il conseguente proliferarsi del c.d. “turismo procreativo”
all’estero.
Negli anni le proteste nei confronti di questa legge, palesemente ingiusta, sono state numerose ma mai nessun governo si è reso disponibile a rimaneggiarla, se non addirittura a sostituirla con un testo normativo nuovo. Nel 2008 il TAR Lazio dichiarò illegittimo il divieto di diagnosi pre-impianto, ma la sentenza non ha ottenuto il risultato sperato finché la questione non è arrivata all’attenzione della Corte Costituzionale. Nel 2009 la Corte dichiarò parzialmente incostituzionali i commi due e tre dell’articolo 14, dove si stabilisce un limite massimo di produzione di embrioni (tre) e si obbliga di effettuare un unico e contemporaneo impianto. Infine, il 9 aprile 2014, a seguito del ricorso incidentale presentato dai tribunali di Milano, Catania e Firenze, la Corte Costituzionale ha sancito l'illegittimità della legge 40 rispetto agli articoli 2 (diritti inviolabili dell’uomo), 3 (uguaglianza sostanziale e formale), 29 (riconoscimento della famiglia), 31 (protezione della famiglia), 32 (tutela della salute), e 117 (legislazione esclusiva dello Stato e legislazione concorrente Stato – Regioni) della costituzione e agli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 14 (divieto di discriminazione ) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nella parte in cui vieta il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi in casi di infertilità assoluta.
Ad aprile di quest’anno, dunque, si è finalmente giunti a una svolta. La palla è
rimbalzata al governo che, a sua volta, l’ha passata alle Regioni lasciando
libere le giunte di decidere secondo la situazione della sanità locale e, in
definitiva, delle ideologie politiche prevalenti nei singoli territori.
Subito la regione Toscana (nella foto sopra, a destra, Palazzo Guadagni Strozzi
Sacrati , sede della Regione Toscana) ha delineato le sue linee guida,
stabilendo un ticket sanitario di 500 euro per quelle coppie che decidono di far
ricorso alla fecondazione assistita. Mentre la regione Lombardia, che vanta un
sistema sanitario molto efficiente, ha promulgato una normativa che ha destato
parecchio scalpore: il ticket sanitario sarà, si vocifera ma ancora non è stato
confermato, di 3mila euro. Cifra che forse, si spera, sarà modificata al più
presto, come si auspica in un cambiamento delle condizioni generali per cui un
residente in Lombardia possa ricorrervi. Per ora chi è affetto da infertilità o
sterilità assoluta o irreversibile o è portatore di malattie genetiche
trasmissibili ancora non potrà ricorrervi, dovendo preferire alla propria
regione la più vicina Emilia-Romagna, dove non si spenderà nulla in quanto è
stata stabilita l’assoluta gratuità dell’intervento, oppure la Toscana o il
Lazio, dove il ticket sarà di 1800euro.
Ancora
da definire di preciso come questa pratica sarà attuabile in Italia, senza una
vera legge nazionale efficace ed efficiente, con molte delibere regionali
accompagnate da dichiarazioni politiche al limite dell’assurdo (“no a pensiero
unico laicista e deriva gay”, avrebbe affermato il senatore Roberto Formigoni),
le coppie italiane che hanno sperato e gioito alla lettura della sentenza della
Corte Costituzionale sono, ancora adesso, nel limbo dell’incertezza.
Facendo delle ricerche sull’argomento e scrivendo su uno dei principali motori
di ricerca del web “fecondazione assistita” i primi risultati che compaiono sono
i siti internet di centri medici stranieri, per lo più greci e spagnoli,
tradotti in italiano, che spiegano in cosa consiste la pratica e che offrono
prestazioni a prezzi contenuti anche a donne single.
Ad essere sinceri se io, oggi, volessi un figlio e non potessi averne per cause
di sterilità, infertilità o paura di trasmettere una qualche malattia genetica,
prenderei un aereo per Barcellona e al prezzo della vacanza di una settimana
avrei la sicurezza, o quasi, di tornare a casa, a Milano, con il mio scopo
raggiunto. L’Italia, per ora, mi offrirebbe solo spese, umiliazioni e non le
giuste condizioni di tranquillità necessarie a una donna che decida di
affrontare un percorso difficile e massacrante come quello di ricorrere a cure
di fertilità e alla fecondazione assistita.