raccontano l’universo femminile
di Renata Palma
Quattro scrittrici: Dacia Maraini con il suo ultimo capolavoro “L’Amore rubato”,
dedicato a Chiara d’Assisi; Elisabetta Strickland, matematica, autrice di
“Scienziate d’Italia”; Cristina Obber, autrice di “Non
lo faccio più”; Maura Misiti, ricercatrice dell’Istat, coautrice con
Serena Dandini di “Ferite a morte” e uno scrittore, Giuseppe Barba, autore di
“Donne di Roma antica”, sapientemente moderati dalla giornalista e scrittrice
Daniela Brancati, hanno dato vita ad un interessante dibattito organizzato dal
CUG Enea presso la sede di Roma il 9 giugno scorso.
Le donne oggi occupano posizioni apicali, raggiungono risultati elevati
“Tuttavia - come scrive Teresa Polimei, Presidente del Comitato Unico di
Garanzia (CUG) e promotrice dell’evento – gli stereotipi di genere costituiscono
ancora ostacoli alla piena realizzazione delle donne nella società e al loro
completo riconoscimento professionale“.
Il dibattito si è presto concentrato sulla violenza fisica e psicologica con le
quali le donne oggi sempre più si devono confrontare. Le cronache sono
drammaticamente piene di notizie di femminicidi in tutto il mondo. Più le donne
si emancipano più aumentano i rischi per la loro vita. Sembrerà assurdo ma
ancora in pieno terzo millennio la cultura maschilista miete le sue vittime.
Centoventiquattro donne sono state assassinate in Italia negli ultimi anni, da
uomini affettivamente vicini, in massima parte tra le mura domestiche. Ancora
oggi, si continuano ad assimilare gli omicidi basati sul genere ai “delitti
passionali”, come atto di un singolo individuo, oppure ai “delitti d’onore”,
quale esito di pratiche religiose o culturali. Qualcosa sta cambiando ma il
percorso legislativo è ancora lungo benché sia presente in Parlamento un asse
trasversale composto da donne di ogni schieramento.
“E’ tutta una questione di cultura, come ha più volte sottolineato la scrittrice Dacia Maraini, e non certamente biologica” come invece qualcuno tra i presenti ha tentato di rimarcare. E’ questo l’annoso dilemma già abbondantemente trattato da Rousseau e Locke: l’uomo nasce buono ma è la società con le sue regole a plasmarlo o nasce – come affermavano Plauto e poi Hobbes – cattivo (homo homini lupus)? Sta di fatto che più una donna entra in competizione con un uomo più diventa un nemico addirittura da sopprimere. Le forme di soppressione purtroppo sono molte, oltre a quella fisica. C’è l’assoggettamento per motivi economici, oltre che culturali e si continua a giustificare gli autori di simili barbarie. “Bisogna smettere di minimizzare senza timori”, ha spiegato Cristina Obber che ha raccolto interviste a detenuti autori di omicidi o violenze verso le donne - gli uomini devono seguire un periodo di rieducazione per evitare che escano dal carcere ancora con più rabbia e possano ripetere altri crimini. Proprio perché anche lei è convinta che la violenza sia un aspetto culturale sta compiendo nelle scuole un percorso di sensibilizzazione. Ha già incontrato 1800 studenti, soprattutto ragazzi, di diverse regioni italiane e auspica che questo suo progetto diventi un percorso inglobato nei programmi didattici. “Occorre vigilare su un uso non sessista del linguaggio, anche nei media, soprattutto radiotelevisivi, per poter raggiungere l’obiettivo di reciproco rispetto tra i sessi”, ha detto la Brancati. Eppure “Per le donne fare ricerca oggi è molto più naturale di quanto lo sia mai stato in passato, essendo ormai ben riconosciute alcune loro caratteristiche come l’attitudine a collaborare con i colleghi, a contribuire alla crescita dei loro collaboratori e a condividere conoscenze ed informazioni in modo collaborativo piuttosto che competitivo”. Questo è il pensiero di Elisabetta Strickland che ha condotto una ricerca durata tre mesi sulle scienziate italiane che hanno lavorato nel periodo dei centocinquant’anni dall’Unità d’Italia. A quali documenti ha avuto accesso? Ha risposto Strickland “Ho cominciato dall’annuario dell’Accademia dei Lincei ed ho chiesto gli atti presenti nei loro archivi relativi alle socie nella classe di Scienze matematiche, fisiche e naturali: Giuseppina Aliverti, Massimilla Baldo Ceolin, Maria Cibrario Cinquini, Bianca Maria Cita Sironi, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, Maria Pastori. Per le altre ho consultato alcuni colleghi attivi nelle varie scienze cosiddette “dure”. Ricordo ad esempio che un pomeriggio parlando di questa mia ricerca il mio collega Francesco Guerra mi racconto di Rita Brunetti e del perché lui pensasse che fosse stata una fisica rilevante. Molte informazioni si trovano sul web, ma la difficoltà principale era capire dagli elenchi di scienziate in cui mi imbattevo quali tra loro avessero effettuato scoperte davvero degne di nota. Molte donne vengono classificate scienziate ma magari hanno studiato, insegnato o altro senza poi inquadrare a fondo alcun problema. Esistono ad esempio delle didatte di prim’ordine, che hanno lasciato il segno nell’insegnamento delle scienze, ma io cercavo le creative, quelle che si erano posti problemi grossi ed erano riuscite a sviscerarli, anche in condizioni sociali, umane o politiche difficili”. A quali scienziate si è più affezionata? La risposta è stata “Tra le diciannove signore a cui mi sono interessata provo una simpatia particolare per Enrica Calabresi, una zoologa laureata a Firenze che si occupò tra l’altro dell’ampliamento delle collezioni del Museo zoologico “La Spécola”. La Calabresi dovette lasciare il Museo per cedere il passo al Conte Lodovico di Caporiacco, noto esponente del partito fascista. Poiché aspirava alla carriera accademica riuscì ad essere nominata professore incaricato di entomologia agraria e Direttrice dell’Istituto omonimo della Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa. Nel 1938 le leggi razziali la estromisero dall’Università e lei, pur di lavorare, prese ad istruire gli alunni ebrei espulsi dalle scuole pubbliche. In seguito ad una delazione fu arrestata e portata a Santa Verdiana, un ex convento trasformato in carcere dove venivano radunati i prigionieri destinati al campo di sterminio di Auschwitz. La Calabresi ingerì una fiala di veleno e morì la notte del 18 gennaio del 1944. Ma senza dover necessariamente ricordare le storie più tragiche, mi piace molto anche la storia di Maria Bianca Cita Sironi, che è ancora vivente, geologa, socia nazionale dell’Accademia dei Lincei, assistente dopo la laurea nientedimeno che di Ardito Desio, l’uomo che nel 1954 conquistò la vetta del K2. La Sironi ha svolto un’intensa e peculiare attività nel campo della geologia marina, navigando per periodi molto lunghi a bordo di navi americane specializzate per ricerche d’alto mare. Nel 1970 a bordo di una di queste navi, utilizzando i carotaggi e studiando i minerali sedimentati per l’evaporazione dell’acqua marina ebbe insieme con i suoi collaboratori le prime solide prove dell’antico essiccamento del Mar Mediterraneo, la cosiddetta crisi di salinità del Messiniano”. Ha concluso l’intervista rispondendo a due ultime domande: Quali aiuti e sostegni vengono dati alle giovani ricercatrici che vogliono comunque costruire una famiglia visto che fertilità anagrafica e fertilità intellettuale in una donna spesso coincidono?
Convegno donne CUG da sinistra Obber Brancati (moderatrice)
“Gli aiuti e i sostegni alle giovani ricercatrici se vogliono costruire una
famiglia in verità scarseggiano. Questo è il motivo principale per cui esiste il
fenomeno detto “Pipeline shrinkage”, un gergale inglese che rimanda a una
perdita di materia prima durante il percorso. Quello che succede è che se anche
le donne rappresentano in Europa la metà del totale dei laureati in discipline
scientifiche, le ricercatrici costituiscono solo un terzo del totale dei
ricercatori europei e la percentuale decresce man mano che si sale nella
gerarchia professionale. Conciliare lavoro e famiglia è l’impresa titanica che
deve affrontare ogni donna per raggiungere buoni obiettivi sia nel lavoro che
nella vita privata. Non a caso il 2014 è stato proclamato l’Anno della
Conciliazione, con l’intento di trovare nuove soluzioni o comunque di riflettere
su questo delicato problema”. Infine in tema di scelte universitarie…”E’ vero
che c’è un netto calo nelle immatricolazioni universitarie ma il numero delle
donne che conseguono lauree e dottorati è in aumento, si aggira sul 59% del
totale, come è rilevabile dal rapporto ANVUR, l’Agenzia Nazionale della
Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca. I numeri si possono
trovare anche sui rapporti Istat, nelle statistiche e negli opuscoli elaborati
dal Piano Lauree Scientifiche del Ministero dell’Università, ma aldilà delle
statistiche il fatto di base è che ormai è accettato che le professioni
scientifiche possano offrire alle donne grandi opportunità di crescita
professionale. Lo spazio per le discriminazioni di genere va gradatamente
riducendosi, anche perché diventano fondamentali alcune attitudini proprie delle
donne, quali la relativa maggiore capacità relazionale, la creatività, la
sensibilità sociale, doti sempre più indispensabili anche in un contesto
lavorativo come quello legato alle professioni tecnico-scientifiche dove
prevalgono la razionalità e il pragmatismo”.
Le donne insomma più che mai devono avere il coraggio delle idee per non
soccombere e come ha scritto Dacia Maraini “Ieri come oggi avere coraggio
significa per una donna pensare e scegliere con la propria testa, anche
attraverso un silenzio nutrito di idee”.