Per la cura del Parkinson
Intervista a Alex Reed fondatore del centro e a Becky Farley sostenitrice
dell’importanza degli esercizi fisici nella cura della malattia
di Luisa Monini
Lo scorso Maggio si è tenuto a Boario Terme[1]
il secondo congresso internazionale dedicato agli “ Approcci pratici e
comprovati per la riabilitazione delle persone affette da Parkinson”[2].
Il Convegno, organizzato dall’Associazione no profit “ EuPaTh- European
Parkinson Therapy Centre “ ha ospitato esperti da tutto il mondo per parlare e
confrontarsi sulle metodiche riabilitative utilizzate nei migliori centri di
neuro riabilitazione per contrastare il morbo di Parkinson, soprattutto in fase
iniziale.
Alex Reed
Anche quest’ anno il congresso era aperto non solo a ricercatori, medici,
terapisti ma anche alle persone affette da Parkinson e ai loro famigliari
perché, sostiene Alexander Reed , fondatore e presidente di EuPaTh,“ nella cura
del Parkinson, tutte le persone coinvolte, dai medici ai ricercatori, dai
terapisti al malato e ai suoi familiari
lavorano in sinergia per la stessa causa: la persona con Parkinson deve
sapere che non è solo e che il suo problema può essere condiviso e quindi
dimezzato; solo così il suo fardello peserà di meno e la sua vita potrà ancora
essere una vita piena e gratificante”. Ascoltare Alex Reed raccontare la storia
della nascita dell’Associazione è ascoltare la sua stessa storia perché lui, con
laurea in business presso il Management Center della Bradford University e
manager internazionale di successo, all’ età di 47 anni ha scoperto di avere il
morbo il Parkinson.
“ Il lavoro di prima, mi ha aiutato a costruire un qualcosa di nuovo per le
persone affette dal mio stesso male. Perché quando sei di fronte al Parkinson e
l’unica speranza sono le pastiglie che vengono prescritte dal Neurologo realizzi
che la soluzione non può essere solo quella. C’è un altro lato del Parkinson che
è un mondo meraviglioso e che da la possibilità di riprendersi in mano la vita:
gli esercizi, il movimento, la neuroplasticità, la neuroprotezione. Ho
cominciato dal niente ad imparare questo e così ho scritto una lettera molto
semplice a sei tra i maggiori esperti mondiali in neuro riabilitazione: Io credo
che le persone con Parkinson possano stare bene e vivere una vita piena facendo
movimento e seguendo una alimentazione corretta. Se lei è d’accordo possiamo
trovare qualcosa di speciale qui in Italia’. Mi hanno risposto in tre. Tra
questi il dott. Giuseppe Frazzitta, neurologo che da anni si occupa della
Riabilitazione nel Parkinson e che, a Montescano prima e a Gravedona poi, ha
messo a punto un metodo efficace di riabilitazione; una persona meravigliosa,
che mi ha subito detto: ben venga un Centro che aiuti le persone a stare meglio
perché così meno malati arrivano in Ospedale” e la dott.ssa Becky Farley, dell’
Università di Tucson- Arizona. Anche la dott.ssa Barbara Borroni, dell’ Univ.
degli Studi di Brescia, neurologa specializzata in Parkinson
e la dott.ssa Marinella Turla primario neurologo dell’ Ospedale di Esine
hanno subito aderito con entusiasmo all’ iniziativa.
Ho scritto la lettera nel Settembre 2012 e abbiamo aperto il centro il 10
Maggio.2013.
Abbiamo lavorato otto mesi per mettere a punto il progetto, per trovare la
formula giusta e il posto giusto. I fattori importanti sono stati due: una
collaborazione internazionale con gli esperti in Parkinson e la conoscenza della
malattia e di quello che serve alle persone che ne sono affette. Perché” ricorda
Reed “ oltre a me, ci sono altri soggetti coinvolti in questo progetto che hanno
il Parkinson”. Alex Reed parla con passione del Centro e ci tiene a sottolineare
che anche la location è stata individuata facilmente “L’avevo davanti ai miei
occhi. Boario Terme: un posto meraviglioso e rilassante. Il fatto poi che la
proprietà delle Terme e le persone che lavoravano già nel centro di
riabilitazione sportiva hanno accettato di collaborare con entusiasmo al
progetto perché “ di valore “ ha consentito di procedere speditamente nella
organizzazione logistica del Centro.
Qual è la filosofia che anima l’ EuPaTh Centre e tutte le persone che a diverso
titolo professionale vi operano?
“Noi siamo qui, per far capire, insegnare, dimostrare e dare strumenti in mano
ai pazienti affinché realizzino che sì, la loro vita è cambiata perché ci sono
certe cose che non potranno più fare ma ce ne sono tante altre che
possono ancora fare e che
non avranno tempo abbastanza per poterle realizzare. E’ questa la filosofia: che
la qualità di vita, non è altro che una conoscenza, perché quello che non
conosciamo fa paura”.
Quali sono i trattamenti che il Centro offre ai suoi pazienti?
“Prima di tutto c’è l’aspetto del percorso “motivazione psicologica” proprio per
introdurre i nuovi argomenti e iniziare un cammino diverso. C’è una seduta di
orientamento che si chiama ‘Vivere con il Parkinson’ con la nostra psicologa che
spiega gli aspetti dell’effetto della depressione e dell’apatìa, sintomi tipici
della malattia. Forniamo gli strumenti anche per l’aspetto cognitivo. Esercizi
utili da fare perché con il Parkinson le porte si chiudono e se non si accende
la luce, se sei lasciato da solo in un posto buio… questo non va bene. Forniamo
un logopedista che, in due sedute, insegna una tecnica facile da seguire anche
da soli a casa. Forniamo gli strumenti di rilassamento, insegniamo nuovamente a
respirare contrastando l’affanno che caratterizza il respiro del malato di
Parkinson. Perché respirare è un piacere e toglie lo stress e fa sentire meglio.
In tutto questo spieghiamo che il Parkinson è una malattia fatta di tanti pezzi
e che ogni persona ha un Parkinson diverso. Ma tutti questi pezzi, da soli, non
fanno paura, mentre insieme fanno un gran lavoro che rendono il Parkinson quello
che è di fatto è: un gran rompiscatole”.
Accettate tutti i pazienti o c’è un limite imposto dall’inizio della malattia?
“La messa a punto del protocollo “ReGen EuPaTh” e la costituzione dell’European
Parkinson Centre , è stata ispirata dalla consapevolezza che una efficace e
precoce terapia riabilitativa, è essenziale per rallentare il decorso della
malattia e che i malati di Parkinson ai primi stadi della malattia non vogliono,
e non hanno bisogno, di ricoveri ospedalieri. Per cui chi fa richiesta di
entrare nel nostro Centro deve rispondere ad alcuni requisiti. Noi non siamo una
struttura ospedaliera e il nostro scopo è quello di tirare fuori le persone da
sotto il tavolo in un ambiente in cui possano dire ok, io ci sto. Quando
arrivano a non avere autonomia, o difficoltà a camminare più di 250-300 metri,
non possiamo accettarli. Per trattare i pazienti in fase più avanzata esistono
dei validissimi centri ospedalieri vicini come la Domus di Brescia e quello di
Trescore e Gravedona ed altri ancora”.
Per quanto riguarda la terapia fisica e i trattamenti riabilitativi utilizzati
presso l’ EuPaTh Center, il dott. Reed passa la parola alla dott.ssa Becky
Farley dell’ Università di Tucson- Arizona,
appena giunta e già al lavoro per insegnare la sua tecnica PWR (Parkinson
Wellness recovery) ai terapisti del Centro. La interrompiamo per chiederle qual
è il suo pensiero sugli effetti dell'esercizio fisico sulla malattia di
Parkinson
“Ci sono moltissime ricerche che dimostrano che l'esercizio fisico influenza la
progressione della malattia di Parkinson migliorando l'equilibrio e la
coordinazione, riducendo la rigidità e rieducando il passo. È provato che questo
ha un'azione sulla plasticità neuronale rallentando il decorso della malattia.
Fondamentale e discriminante è la qualità con cui gli esercizi vengono svolti”.
Qual è il concetto base del suo approccio alla malattia di Parkinson?
“Sicuramente cosa fai: gli esercizi
devono essere specifici per la malattia di Parkinson; e come lo fai: devono
essere stimolanti per la persona, consentirle di mettersi alla prova e nello
stesso tempo devono essere FUN, divertenti e FUNctional, cioè funzionali. Questa
è la chiave, è su questo si basa PWR”.
Qual è il ruolo della famiglia in tutto questo?
“Il partner, i membri della famiglia vanno coinvolti nelle attività e negli
esercizi perché in questo modo possono motivare e stimolare la persona a fare, a
muoversi, come farebbe un coach. É bene che imparino gli esercizi e prendano
parte ad attività, come ad esempio il Nordic Walking, per meglio supportare il
proprio caro”.
Cosa pensa di ReGen?
“È il nuovo modo di vedere il Parkinson, è un nuovo modo di agire cercando
sempre nuovi spunti ed esplorando nuovi orizzonti, senza fermarsi. È il futuro”.
[1]
A Boario Terme opera da un anno
“European Parkinson Therapy Centre” (EuPaTh) che raddoppierà la
propria capacità ricettiva per soddisfare le sempre più numerose
richieste e aggiungerà nuovi servizi terapeutici. Nei primi mesi di
attività, il Centro ha trattato pazienti provenienti dall’Italia,
Irlanda, Regno Unito, Oman, USA, Polonia oltre ad aver effettuato vari
corsi settimanali per persone residenti nella zona.
In questo centro si applica il protocollo “ReGen EuPaTh”, fondato
sui più recenti studi internazionali e messo a punto nel 2013 da
ricercatori provenienti dagli USA, Gran Bretagna e Italia, oltre che da
neurologi e pazienti affetti da malattia di Parkinson.
[2]
Il morbo di Parkinson prende il nome dal dott. James Parkinson, medico
londinese che per primo lo descrisse nel suo trattato “ An Essay on the
Shaking Palsy “ nel 1817. Bisognava attendere però ancora 150 anni circa
perché si arrivasse alla scoperta della causa biochimica di questa
malattia che si presenta con un corredo sintomatologico ricchissimo e
strettamente dipendente dalla mancanza della produzione di dopamina da
parte delle cellule nervose dei gangli posti alla base del cervello
(nucleo lenticolare, substantia nigra). I sintomi più rilevanti
comprendono: tremore a riposo, soprattutto localizzato alle mani ma
anche alla mandibola ed alla lingua, che diminuisce con l’ attività
volontaria; ipertono muscolare con rigidità, difficoltà nei movimenti e
dei riflessi posturali (perdita dell'equilibrio), disturbi della parola
e della scrittura, turbe neuro-vegetative (ipotensione ortostatica,
turbe sfinteriche, scialorrea, stipsi). Caratteristica è pure l’andatura
“rotolante” del paziente, con passi corti ed una difficoltà sia ad
iniziare che a terminare il cammino. La malattia è associata, in circa
il 30% dei casi, a demenza e/o depressione. Non sono ancora chiare le
ragioni per cui, nelle cellule nervose, si verifica un blocco nella
produzione di dopamina; di sicuro si sa che la malattia raramente si
manifesta prima dei 50 anni di età anche se, sono stati segnalati casi
di Parkinson in giovani pazienti dopo un’ infezione virale o dopo un
trauma alla testa (il caso di Cassius Clay ne è una triste
dimostrazione), così come l’esposizione a sostanze tossiche ambientali
sembra giocare un ruolo nel favorire la comparsa della malattia. La
malattia, una volta diagnosticata, oggi la si può controllare bene, sia
con farmaci (farmaco d’elezione è la levodopa, precursore fisiologico
della dopamina) sia con la chirurgia stereotassica, sia con una precoce
e costante terapia neuro riabilitativa.