Per la serie le interviste impossibli
Tra divertissement intellettuale e critica storico-filosofica l’opera dello
storico inglese Donald Sassoon
di Adolfo Scalpelli
Donald Sassoon: “Intervista immaginaria con Karl Marx” - Castelvecchi, Roma
2014, pp. 46, €.6
Donald Sassoon, insigne storico inglese, allievo di Eric Hobsbawm (foto a
destra), ordinario di Storia comparata al
Queen
Mary Westfield College di Londra, ha parlato con Karl Marx. Lo ha intervistato.
Gli ha fatto domande anche imbarazzanti. Marx ha sempre
risposto e per bocca di Marx anche Sassoon ha espresso le sue opinioni e i suoi
giudizi su tanti argomenti dei nostri giorni.
Naturalmente il Marx
immaginario di Sassoon è un Marx ben al corrente delle cose di cui si parla. E
si diverte a tirare “stoccate” e colpi di fioretto, insieme a giudizi
inappellabili e definitivi. Cosa pensa, domanda l’intervistatore a Marx, “di
Blair, della terza via”?
“Davvero devo esprimermi su gente del genere. Dire che la storia li dimenticherà
è troppo. Non se accorgerà nemmeno. E questo mostra quanto siete scesi in basso.
Ai miei tempi ce la vedevamo con Bismarck, Lincoln, Gladstone e Disraeli…Veri
nemici.”
Avverte l’intervistatore che “di
queste proposizioni e insulti, la gran parte non è fantasia dell’intervistatore,
cioè mia, ma è contenuta nelle opere dello stesso Marx”. Ed è partendo dalle
opere di Marx che Sassoon può piegare il discorso all’attualità di questa
intervista immaginaria e fantasiosa. Ecco una brevissima antologia di giudizi
che vengono fatti pronunciare a Marx, ma che sono suggeriti, e attualizzati, da
giudizi contenuti nelle sue opere: “ Mill era un plagiario ben intenzionato, in
un certo senso quasi commovente nel suo sforzo di riconciliare
l’irriconciliabile, ed è ancora studiato da menti di second’ordine a Oxford o a
Yale. Ma crede che se ne senta parlare a Peoria, nell’Illinois per tacere di
Pyongyang?”.
E Jeremy Bentham?
“Questa è provocazione! Bentham, quell’insipido, pedante, gelido oracolo
dell’intelligenza borghese. Un fenomeno puramente inglese che solo gli inglesi
potevano fabbricare. Non si è mai visto un luogo comune più banale pavoneggiarsi
in modo più compiaciuto.”
E non risparmia Popper. “(Ecco uno
che aveva soltanto un’idea una in testa e, per la miseria, l’ha sfruttata sino
alla morte. E ditemi che questo non si possa falsificare!)”
E’ cosciente, Marx, della sua
importanza e dell’importanza del suo lavoro. Quando Sassoon gli dice che “il
marxismo non è più quello di un tempo”, la risposta è: “In realtà il mio lavoro
non è mai stato
importante
come adesso. Negli ultimi cinquant’anni ha conquistato le università dei Paesi
più avanzati del mondo. Storici, economisti, politologi e anche, con mia grande
sorpresa, alcuni critici letterari si sono tutti dati alla concezione
materialista. La storia più interessante prodotta attualmente in Europa e negli
Stati Uniti è più ‘marxistica’ che mai. Basta andare alle convention della
American Social Science History Association, che io visito regolarmente da
spettro”. “Be’, almeno l’economia è di nuovo al centro del dibattito.”
Era ossessionato dall’economia…
“E quanto avevo ragione! Siete tutti ossessionati dall’economia e, nel
prevedibile futuro, lo rimarrete.”
Quanto è vero di fronte alla crisi
italiana che ci tormenta e, sembra, senza fine. Tutti parlano della crisi
economica che, di questi tempi, ci attanaglia. Marx dice che, sì il suo libro Il
Capitale, è, per quanto incompiuto, lungo e noioso, ma che tante cose le aveva
già scritte. Ad esempio aveva scritto, gli dice Sassoon, che “l’esecutivo dello
Stato moderno non è altro che un comitato per gestire gli affari comuni della
borghesia intera”. E Marx controbatte: “Be’, ero così lontano dalla verità? Non
è forse vero che tutti i governi sono costretti dalla strutture proprie del
capitale?”. E cosa fa il capitale o gli uomini del capitale? “Se va bene,
tassano, spendono e ridistribuiscono un po’ qui e un po’ là, aiutano i poveri e
i malati, proprio come facevano i vittoriani.(…) Quando i profitti scendono e
l’economia entra in uno dei cicli economici che io avevo prevista, la
filantropia viene messa da parte, come un’amante attempata”.
Sorniona, quasi per distrazione,
arriva la domanda : “ Devo chiederle questo: l’Unione sovietica, i gulag, il
terrore comunista”. La risposta di Marx è un capolavoro: ”Devo ammettere di
essere vanitoso come chiunque altro e che tutto questo culto della personalità e
venerazione di Marx mi hanno toccato. Mi solleticava il vedere la mia faccia
sulle banconote della vecchia DDR e una Marxplatz in ogni città prussiana. (…)
Lenin decise di trasformarmi nella Bibbia. (…) Inventò il “marxismo” man mano
che andava avanti.” E, in una lunga risposta, Marx cerca, in qualche modo di
dare un’interpretazione storica, se non giustificatoria della vicenda drammatica
del socialismo, ma alla fine la risposta al suo intervistatore è: “Ma non si
azzardi e rimproverarmi di una sola goccia di sangue versato o di un solo
scrittore in prigione”.
In poco più di trenta pagine
Sassoon ha riesumato un Marx in panni moderni e Marx non si è sottratto
all’esame, non è sfuggito alle domande, non si è trincerato dietro ai “non so”
dei problemi più recenti. Il vecchio Marx è sempre vivo.
di informatica giuridica
di Magali Prunai
Ginevra Peruginelli e Mario Ragona: “L’informatica giuridica in Italia –
Cinquant’anni di studi, ricerche ed
esperienze” Edizioni scientifiche italiane – Pagg. 700 €72,00
“L’informatica giuridica in Italia. Cinquant’anni di studi, ricerche ed
esperienze” è un volume che
ricostruisce,
passo dopo passo, la storia dell’informatica giuridica in Italia. A differenza
di un manuale universitario, quest’opera non vuole insegnare cos’è l’informatica
giuridica (IG) e fornire al lettore strumenti quali la possibilità di sostenere
un esame e ricercare documenti on-line. Raccoglie, invece, molte delle
riflessioni, delle esperienze e dei progetti che hanno portato alla
realizzazione di questa disciplina, tanto come IG in senso stretto che nel suo
significato d’informatica del diritto.[1]
Il libro è diviso in quattro parti, una
dedicata più che altro alla disciplina, alla sua nozione e al suo insegnamento
che, dalle ultime analisi effettuate, è sempre più diffusa negli istituti
universitari, con una sempre più crescente attivazione di corsi curriculari e
post- lauream. Una seconda parte, estremamente corposa data la sua importanza, è
dedicata ai “protagonisti” della disciplina, come l’Istituto di Teoria e
Tecniche dell’Informazione Giuridica del CNR.
[2]
Una breve ma interessante panoramica della disciplina a livello internazionale,
coronata da interviste a esperti e studiosi stranieri costituisce la parte terza
del trattato.
Infine, il volume riporta sinteticamente il dibattito nato nel corso degli anni
sul rapporto effettivo che le tecnologie informatiche devono avere rispetto al
mondo giuridico, ricordando come questa disciplina sia nata sulla scia di studi
di cibernetica applicati agli schemi propri del diritto. Ed è così che nasce, ad
esempio, un dibattito sull’informatica applicata alla pubblica amministrazione,
le cui valutazioni aprono proprio l’ultima sezione.
Questo libro, per citare Rosa Maria Di Giorgi, autrice della postfazione, è una
storia. Una storia che si sviluppa nel tempo, negli ultimi 50 anni.
Il tema centrale, che leggiamo dietro a queste 640 pagine, è il tentativo di
arrivare a un concetto di semplicità, da non confondere con superficialità degli
addetti ai lavori, ma da interpretare come snellezza e chiarezza. Chiarezza,
trasparenza, snellezza dell’apparato giuridico, delle norme, con unico fine
quello di semplificare la vita dei cittadini e il loro rapporto con lo Stato
apparato.
Per aiutarci in questo scopo, si conclude, dobbiamo affidarci alle nuove
tecnologie, all’informatica e, per l’appunto, all’informatica giuridica.
“Sburocratizzare è l’imperativo, ma sburocratizzare in modo intelligente, senza
farsi prendere la mano”. Sburocratizzare non deve essere sinonimo di assenza di
verifiche, una via facilitata per evitare ogni rapporto con gli organi di
controllo, ma un modo per rendere più snello e veloce il rapporto. La semplicità
è, quindi, da intendersi come partecipazione. Partecipazione strumentale alla
costruzione di un più ampio concetto di condivisione di qualsiasi aspetto che
riguardi la vita dello Stato e, di conseguenza, di democrazia.
Lo Stato, con la semplicità, la cultura e la democrazia, diventa funzionale,
accessibile, essenziale e ricco di conoscenza diffusa.
“Fra i molti pregi di quest’opera, uno mi sembra rilevante: quello di voltarsi
indietro e ripercorrere la strada fatta dall’informatica giuridica italiana. E’
importante voltarsi indietro, perché la storia è maestra del presente e base del
futuro. Le società che non hanno saputo imparare dal proprio passato e non hanno
fatto tesoro delle esperienze trascorse sono società dal futuro labile. Solo la
storia rivisitata e interpretata con gli occhi del presente darà senso al nostro
futuro. E il nostro futuro avrà Internet.”
Il nostro futuro sarà anche caratterizzato da Internet e sofisticati apparecchi
tecnologici, ma trovo singolare che questo trattato si apra con una prefazione
in cui l’autore, un pioniere dell’informatica giuridica, confessi di essere un
“non-digitale”, privo di computer e di qualsiasi altro aggeggio con nomi strani
derivati dall’inglese, e di scrivere ancora i suoi lavori a mano o con una
Olivetti Studio 44, ricevuta in regalo da adolescente.
[1]
L’informatica giuridica è l’impiego di strumenti informatici per
elaborare dati giuridici. Da non confondere con l’insieme di tutte le
norme codificate che regolano i rapporti giuridici che intercorrono fra
fornitori di apparecchiature, fornitori di servizi informatici e gli
utenti finali.
[2]
Organo del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nato come Istituto per la
Documentazione Giuridica (IDG) nel 1968 ha assunto l'attuale
denominazione nel 2002. L'ITTIG svolge attività di ricerca nel settore
dell'informatica giuridica
e del diritto dell'informatica.