al posto dei ghiacciai
I terreni montagnosi liberi dai ghiacciai scomparsi per problemi climatici
evidenziano strani comportamenti della fauna alpina
di Pia Bassi
Coleottero Carabide (Nebria jockischii) sul
Ghiacciaio del Rotmoos (Austria) [Foto di M. Gobbi]
Ci sarà molto lavoro per gli entomologi, i ghiacciai in ritiro sulle Alpi
lasceranno chilometri quadrati di montagna scoperta. Per il 2050 i ghiacci
resisteranno all’aumento della temperatura dai 4000 metri in su, cambierà non
solo il paesaggio ma anche la vita dei suoi abitanti, dagli insetti ai
mammiferi. Due
ricercatori
entomologi del Muse di Trento, Mauro Gobbi[1]
e Mattia Brambilla[2],
da alcuni anni stanno studiando le modalità di colonizzazione dei coleotteri
(famiglia dei carabidi) dei terreni appena deglaciati ed hanno osservato un
comportamento singolare degli stessi: i coleotteri con le ali sono dei migranti
colonizzatori di successo rispetto ai loro simili con ali atrofizzati che
possono impiegare fino a cento anni per insediarsi nei nuovi territori. Ciò
significa, dicono i ricercatori che i coleotteri con le ali atrofizzate possono
rischiare l’estinzione. Una selezione inevitabile come viene dimostrato dalla
paleontologia: nei sedimenti rocciosi si trovano testimonianze di estinzioni di
massa.
Mauro Gobbi e Mattia Brambilla da alcuni decenni stanno conducendo le
loro ricerche sui coleotteri in Lombardia, lungo il ghiacciaio dei Forni e del
Vedretta del Pasquale. Le loro ricerche sono valse la pubblicazione sulla
prestigiosa rivista dedicata alla conservazione della biodiversità nel mondo
ECOGRAPHY, gennaio 2014, n. 1. Studiando questi luoghi estremi hanno scoperto
che ci sono insetti colonizzatori che vanno dal basso verso l’alto, alla
conquista di terreni scoperti, ed altri che dall’alto emigrano a quote più
basse. Ognuno di essi mette in atto una strategia di sopravvivenza. Ragni e
coleotteri esplorano i nuovi habitat cercando la “casa” più ideale per nutrirsi
e riprodursi, possono essere cunicoli e anfratti freschi e umidi. Con Mauro
Gobbi hanno lavorato sulla lingua glaciale del ghiacciaio Miage i ricercatori
Marco Isaia, esperto di ragni, Università di Torino e Fiorenza De Bernardi,
Università di Milano. Il Miage è un raro ghiacciaio alpino catalogato “nero”
perché ricoperto di detriti. Un tipo di ghiacciai, che potrebbero aumentare in
futuro perché lo scioglimento del ghiaccio rende fragili le rocce dei pendii
delle montagne, che si frantumano e rotolano a valle coprendo la lingua
glaciale. Sono anche definiti Rock-glaciers e sulle Alpi sono stati scovati e
catalogati un cospicuo numero in costante monitoraggio. Si potrebbero definire
oasi di sopravvivenza di alcune specie endemiche che qui hanno probabilmente
evitato l’estinzione. Partendo da un attento studio
di questi ghiacciai neri che Mauro Gobbi ha osservato endemismi legati a
piccoli areali. “Alcune specie – dice – si sono annidate nelle cavità naturali
durante il Pleistocene, quando i grandi ghiacciai che occupavano le valli alpine
si ritirarono e costrinsero molte specie adattate a ripararsi in grotte che
diventarono preso il loro microcosmo perfetto alla loro sopravvivenza. Il
cambiamento climatico in atto li potrebbe indurre ad adottare le medesime
strategie per sopravvivere al caldo.
Ragno Licoside (Pardosa oreophila) su
morena laterale del Ghiacciaio dei Forni [Foto di M. Gobbi]
I ghiacciai, se a prima vista sembrano bianchi deserti, sono scrigni di
vita che ci raccontano il passato ed anche il futuro.
A Bolzano, presso il Museo Archeologico dell’Alto Adige, fino al 22
febbraio 2015, è aperta al pubblico una mostra interessante relativa al mondo di
ghiaccio: FROZEN STORIES, REPERTI E STORIE DEI GHIACCIAI ALPINI. Sono esposti 30
reperti, alcuni dei quali relativamente recenti rinvenuti sui versanti
meridionali dei ghiacciai alpini e nelle regioni limitrofe, molti esposti per la
prima volta. Un percorso multimediale su una superficie di 300 mq., corredato da
animazioni, video, immagini e reperti originali, illustra chiaramente il
fenomeno dei ghiacciai, rammentandone l’attualità.
[1]
MAURO GOBBI, Dottore di Ricerca in Scienze Naturalistiche e Ambientali è
ricercatore presso la Sezione di Zoologia degli Invertebrati e
idrobiologia. La sua attività di ricerca si sviluppa nel campo
dell’ecologia con l’obiettivo di descrivere gli effetti dei cambiamenti
climatici e ambientali sulle comunità di insetti alpini.
[2]
MATTIA BRAMBILLA, Dottore di Ricerca in Scienze Naturalistiche e
Ambientali è collaboratore di ricerca presso la Sezione di Zoologia dei
Vertebrati del MUSE e il settore biodiversità e aree protette della
Fondazione Lombardia per l’Ambiente. La sua attività di ricerca
interessa soprattutto ecologia, conservazione, evoluzione e
filogeografia degli Uccelli e reti ecologiche.