La nostra Costituzione

LA PIU’ BELLA DEL MONDO:

brevi considerazioni di un’utopista

 

di Magali Prunai

 

L'edizione straordinaria della Gazzetta Ufficiale con il testo della Costituzione Repubblicana

E’ il primo gennaio 1948 e la Costituzione della Repubblica italiana entra in vigore. E’ il primo testo costituzionale, la prima legge fondamentale dell’Italia libera e unita che ha disciplinato e ispirato la nostra vita politica, sociale ed economica da quel momento in avanti.

Un testo costituzionale snello, semplice nella sua lettura e interpretazione, chiaro e sintetico.

Modernissimo per l’epoca, fonte ispiratrice di tante Costituzioni estere negli anni seguenti.

Una poesia di 139 articoli, di utopie, di sogni e di speranze che quel passato, così vicino al momento in cui venne scritta, non torni più.

Recentemente la nostra Costituzione è stata definita “la più bella del mondo”, io non so se veramente si tratti della più bella, della migliore dei mondi possibili, per dirla alla Rousseau, ma di per certo leggendola e studiandola non posso non rimanerne incantata.

I suoi principi fondamentali, immodificabili, ispirati alle precedenti tradizioni francesi, altro non fanno che sancire che siamo tutti eguali, che abbiamo diritto a essere trattati allo stesso modo indipendentemente da chi siamo, da come la pensiamo e dalle nostre condizioni economiche. Un principio semplice, scontato, che la maggior parte di noi non ritiene neanche di dover soffermarsi troppo a lungo su questo aspetto della nostra vita ritenendolo scontato. Ma così non era nel 1948. Le condizioni storiche appena vissute e la paura del futuro rendevano necessario sancire e ribadire principi che ora ci sembrano così ovvi: il diritto al lavoro, alla salute, a una retribuzione equa e dignitosa, il diritto all’istruzione, il diritto alla nostra dignità e ad essere rispettati come individui, per quello che siamo e non in base al nostro ceto, alle nostre condizioni economiche, al credo  religioso o politico, al sesso o all’orientamento sessuale.

Non a caso i nostri padri costituenti ribadiscono il punto con un elenco preciso aggiuntivo a quel “tutti” dell’articolo 3. Tutti hanno diritti e non dimentichiamoci che in quel “tutti” rientrano anche quelle categorie che fino a poco prima non avevano diritto a nulla, anzi erano perseguitati proprio per la loro diversità.

Le classi più povere che non appartenevano a un certo tipo di “mondo”, chi non era cattolico, gli oppositori politici, omosessuali, zingari, handicappati … persone che fino a quel momento erano state incasellate in determinate categorie e trattate di conseguenza, per lo più condannate a morte nei campi di sterminio tedeschi.

Molti vorrebbero modificarla, non pensando al suo importante significato storico, al momento in cui è stata scritta e alle ragioni per le quali certi articoli dispongono in un modo anziché in un altro. Eppure alle volte basterebbe solo interpretarla e attuarla perché ci si rendesse conto di quanto ancora moderna e illuminata è la nostra Costituzione.

Roberto Benigni, qui ritratto ad una Festa dell’Unità, durante la quale prese in braccio il segretario del PCI, Enrico Berlinguer (era il 16 giugno 1983)  in un  suo spettacolo ha definito  la nostra Costituzione è la più bella del mondo (foto tratta da Wikipedia)

Sfogliando quelle poche pagine di un libro tanto piccolo quanto grande nel suo significato e nella sua importanza non posso non pensare a quanti hanno lottato e sono morti per permettere a noi tutti oggi di leggerla, di commentarla e di criticarla.

Ma penso anche agli italiani di quel lontano 31 dicembre 1947, quanto erano consapevoli dell’importante momento storico che si sarebbe consumato il giorno seguente?

Nella mia mente si affaccia un’immagine, frutto della mia fantasia: un bambino, un giovane ragazzo di 12 anni messo a dura prova dalla vita già nella sua infanzia, festeggia la fine dell’anno con la sua famiglia. La felicità di quel momento non è data da ciò che avverrà l’indomani, ma dalla gioia di poter passare nuovamente un Natale col Babbo rientrato da poco più di un anno e mezzo dalla prigionia in Germania.

E allora sì, capisco ancora di più l’importanza di quel testo.

Il Galileo