Appunti per una storia della radiotecnica
di Giuseppe Prunai
Mentre con mostre, convegni e altre iniziative ufficiali, si celebrano i 90
della radio-rai e i 60 della TV-rai (una mostra piuttosto interessante sta per
concludersi a Roma, presso il Vittoriano, che verrà a breve trasferita a Milano
presso la Triennale) riteniamo doveroso
ripercorrere alcune delle tappe più importanti della storia della radio,
cominciamo da questo semplice ricevitore, poco dissimile da quello utilizzato da
Guglielmo Marconi nella sua prima trasmissione radiotelegrafica transoceanica.
La radio a galena. Veramente si dovrebbe dire ricevitore a cristallo perché il
“detector”, il rivelatore, è costituito da un cristallo di galena che funziona
come un diodo. Si potrebbe dire che questo tipo di ricevitore sia stato il primo
apparecchio allo stato solido.
La bobina a nido d'ape
La radio a galena appartiene al periodo pionieristico, per alcuni versi, eroico della radiotecnica vista la povertà dei materiali utilizzati in passato non sempre facili da trovare. La radio a galena è stata un mito degli adolescenti di un tempo perché con quattro fili intrecciati, un cristallo ed una cuffia telefonica si poteva ascoltare la stazione radio più vicina.
E'
stata di moda fino alla prima metà degli anni cinquanta. Poi, quando la Rai ha
cominciato ad
installare
in tutte le città i ripetitori dei tre programmi della radiofonia, il circuito
di sintonia dell'apparecchio, di un tipo piuttosto semplice, non era in grado di
selezionare, di separare le varie emittenti, che venivano ricevute
contemporaneamente creando un effetto acustico estremamente curioso e dei
segnali incomprensibile misti ai sibili dell'eterodina delle varie frequenze. (A
sinistra, un detttaglio della bobina a nido d'ape) Lo chiamarono “effetto
galena” e a questo si ispirò il Quartetto Cetra per una nostalgica canzone
dedicata a questo tipo di radio. Per la verità, l'effetto galena in sottofondo
alla canzone, somigliava di più al sonoro confuso e pasticciato di una radio a
reazione (ne parleremo un'altra volta).
Il cervello del ricevitore è appunto il rivelatore a cristallo. Il rivelatore,
detto anche demodulatore, ha il compito, detto in parole povere, di convertire
le oscillazioni ad alta frequenza della trasmissione radiotelegrafica o
radiotelefonica in oscillazioni a bassa frequenza udibili. Nei primordi della
radio il detector era un coherer. Ne esistevano di più tipi: a granuli di
carbonio e di silicio, a limatura di ferro, a polvere di nikel e argento con
tracce di mercurio, a vuoto e magnetici.
Coherer è una parola inglese che in italiano si potrebbe tradurre con il termine
“coesore”. E' un'invenzione del fisico italiano Temistocle Calzecchi Onesti
(1853 – 1922, docente di fisica in un liceo di Milano poi assistente di Galileo
Ferraris). Il suo rivelatore aveva, però, un grosso limite: gli elementi che lo
costituivano (grani, polveri o limatura) al passaggio di un treno di onde
elettromagnetiche si orientavano secondo le linee di forza del campo magnetico,
impedendo il passaggio del treno successivo. Calzecchi Onesti aveva perciò
escogitato un sistema per disorientare il contenuto del coesore. Si trattava di
un martelletto che percuoteva il bulbo del coherer per rimescolarne il
contenuto. Era costituito, in pratica, dal circuito di un campanello elettrico.
Le elettrocalamite poste in serie al circuito, a valle del rivelatore, venivano
eccitate direttamente dalla corrente a bassa frequenza generata dal coherer. Il
nucleo delle elettrocalamite si magnetizzava azionando il martelletto che
percuoteva il bulbo. La conseguente interruzione di corrente, faceva cessare la
magnetizzazione del nucleo delle bobine del campanello mentre il martelletto,
non più attratto dai magneti, veniva richiamato indietro da una molla per
azionarsi nuovamente al passaggio del treno d'onde successivo.
Il detector, costituito da una capsula di vetro. Ad una estremità è fissato il
cristallo, all'altra il supporto per manovrare il “baffo di gatto”
Un sistema ingegnoso non privo però di inconvenienti, quali la ricezione a
singhiozzo del segnale, che imponeva la realizzazione di circuiti detti a
“costante di tempo” che, in pratica, avvicinavano i vari brani di segnale
rendendolo continuo. Ma la realizzazione di questi tipi di circuito, oggi alla
base del funzionamento dei computer e di molte altre realizzazioni elettroniche,
non era molto facile, nei primi anni della radio, a causa del materiale a
disposizione, molto diverso da quello di oggi.
A causa della sua macchinosità il rivelatore di Calzecchi Onesti passò presto di
moda e venne sostituito dal carborundum, cioè dal carburo di silicio. Si tratta
di un materiale sintetico formato da silicio e carbonio, legati a formare una
ceramica. Il carborundum esiste anche in natura: si tratta di un raro minerale:
la moissanite. Questo materiale trova, oggi, largo impiego nella produzione dei
semiconduttori mentre un tempo veniva utilizzato come resistenza elettrica. E
proprio per questa caratteristica, il rivelatore a carborundum (gli
elettrotecnici lo chiamavano siliciundum) fu presto scartato perché determinava
un'eccessiva attenuazione del segnale. Fu vantaggiosamente sostituito dal
rivelatore a cristallo, per lo più di galena.
La galena (foto qui sotto) è un minerale costituito da solfuro di piombo, spesso
associato a sensibili quantità di
argento,
da qui la denominazione di galena argentifera (vedi foto). Si presenta in cristalli
monometrici cubici od ottaedrici, di color grigio plumbeo con lucentezza
metallica. E' fra i minerali più impiegati per l'estrazione del piombo. Nel
nostro paese erano molto sfruttati i giacimenti esistenti in Sardegna, in
Toscana e nel Cadore. La galena è un semiconduttore. Posta in circuito, si
comporta come un diodo ed ha la proprietà di raddrizzare la corrente alternata.
Il detector a galena (foto 4) è costituito da un alloggiamento di metallo, un
piccolo cilindro filettato all'esterno, all'interno del quale viene introdotto
il cristallo che viene poi fissato con un anello, filettato internamente, che si
avvita sul cilindro. Il cilindro è collegato ad uno spinotto che costituisce
l'ingresso del circuito del cristallo. Con una punta metallica (collegata ad un
altro spinotto che costituisce l'uscita del circuito) viene ricercato il punto
più sensibile del cristallo di galena. La parte terminale del cilindro è di
vetro per consentire all'operatore di vedere quello che sta facendo.
Al posto della galena si può utilizzare anche un cristallo di pirite. E' meno
sensibile, ma funziona egregiamente. La pirite è un solfuro di ferro che
cristallizza nel sistema monometrico in cristalli cubici, pentagono-dodecaedrici
od ottaedrici, di color giallo oro, caratteristica che le valse l'appellativo di
“oro degli stolti”. In passato era molto usata per l'estrazione del ferro.
Attualmente è impiegata per la produzione di acido solforico. I giacimenti più
importanti nel nostro paese sono in Toscana, sulle Colline Metallifere, a
Gavorrano e a Ravi. Oltre, naturalmente, agli storici giacimenti dell'Isola
d'Elba, sfruttati dagli etruschi e degli antichi romani.
Lo schema elettrico base del ricevitore a cristallo. Il simbolo A indica la
presa di antenna, quello T la presa di terra. L è l'induttanza, la bobina, C il
condensatore variabile, C1 il
condensatore fisso, Tel. la cuffia.
Ma i materiali alternativi alla galena sono molti, come il cristallo di
germanio. E' un metalloide, di color bianco argenteo, estremamente duro, con
qualità di semiconduttore. E' tuttora impiegato in elettronica. Viene
confezionato in piccoli bulbi di vetro, dal quale escono due conduttori da
saldare direttamente al circuito. Altro minerale con qualità di semiconduttore è
la grafite, costituita da uno degli stati allotropici del carbonio. E'
utilizzato principalmente per realizzare matite, ma secondo molti fisici
potrebbe, in futuro, sostituire il silicio. Alcuni transistor, estremamente
miniaturizzati, sono realizzati con la grafite. Durante l'occupazione nazista in
Italia, quando tutti gli apparecchi radio erano stato sigillati o bloccati in
modo che si potesse ascoltare una sola emittente dell'EIAR, controllata dalla
Repubblica sociale, erano in uso numerosi ricevitori che impiegavano la grafite
come detector. Erano dei ricevitori che venivano montati al momento dell'impiego
e subito dopo smontati. La grafite utilizzata era la mina di una matita nella
quale si faceva penetrare una lametta da barba. Questo singolare rivelatore era
posto in serie ad un'antenna di fortuna (per lo più il filo di ferro zincato per
tendere i panni) ad una cuffia telefonica e una presa di terra, costituita da un
filo di rame attorcigliato ad un tubo dell'acqua. Con questo apparecchio
rudimentale, chi si trovava nelle località prossime al fronte, poteva ricevere
Radio Londra ritrasmessa dagli alleati. Subito dopo l'ascolto dei notiziari,
questo apparecchio veniva smontato in innocue matite e lamette da barba che non
avrebbero creato alcun sospetto in caso di perquisizioni domiciliari, abbastanza
frequenti in quel tempo. Agli inizi della Resistenza, quando ancora non erano
cominciati i lanci di rifornimento, lo usavano i ragazzi su in montagna.
Ma torniamo al nostro ricevitore a cristallo. Nella figura qui sopra è il suo
schema elettrico. Il simbolo contrassegnato con la lettera A indica l'antenna.
Nei primordi della radiotecnica, l'antenna per la radio a galena era costituita
dal cosiddetto “tappo-luce”: una cartuccia di bachelite (nota
1),
un condensatore fisso a carta di 200 picofarad (sottomultiplo del Farad (nota
2),
unità di misura della capacità). Lo spinotto del tappo-luce veniva inserito in
una presa di corrente della rete luce, in corrispondenza della fase. All'uscita
del tappo-luce c'era un cavetto per collegarlo alla presa di antenna. Questo
sistema andò presto in disuso, addirittura fu vietato per legge, dopo alcuni
tragici incidenti. Infatti, in caso di cortocircuito del condensatore, la
corrente della rete luce si sarebbe scaricata a terra attraverso la cuffia con
grave pericolo per chi l'aveva in testa. La lettera T indica la terra. Quando
nelle abitazioni non esisteva la presa di terra, veniva universalmente
utilizzato un filo di rame collegato ad un tubo dell'acqua. Sistema attualmente
vietato perché può provocare pericolosi ritorni di tensione sull'impianto
idrico. Alcuni decenni fa, un assessore del comune di Roma morì fulminato nella
vasca da bagno perché qualcuno, nel palazzo dove abitava, faceva massa con
l'impianto idrico. Fra parentesi, non si scoprì mai chi fosse il responsabile.
La tipica cuffia per radio a galena. Quella nello foto risale alla fine degli
anni 30, inizi anni 40.
L è l'induttanza. Nelle radio a galena veniva utilizzata, prevalentemente, la bobina a nido d'ape, perché questo tipo di componente funziona un po' come un telaio, nel senso che può essere orientato verso l'emittente, aumentando il potere selettivo del ricevitore. La bobina a nido d'ape, realizzata con una particolare bobinatrice è costituita da filo litz a più capi per ridurre il cosiddetto effetto pelle (nota 3). C è un condensatore variabile con dielettrico a mica (vedi foto), un accessorio valido solo in circuiti dove scorrono solo pochi microvolt di segnale. Il suo isolamento è, infatti, molto basso. Il condensatore variabile è costituito da una serie di lamine di metallo parte fisse e parte mobili, inframezzate da strati d'aria o, come in questo caso, di mica. Le lamine mobili, di forma semicircolare, ruotano attorno ad un asse.
Interno di un auricolare. Si notino i due magneti con nucleo metallico centrale
Azionando
la manopola della sintonia, le lamine mobili penetrano più o meno fra quelle
fisse. In questo modo avviene la variazioni della capacità. In radiotecnica, si
usano più tipi di condensatore: a variazione lineare di capacità, con le lamine
sagomate in modo che ad ogni grado di rotazione delle lamine corrisponda
un'eguale incremento o decremento del valore di capacità; a variazione lineare
di lunghezza d'onda, nei quali ad ogni rotazione dell'asse corrisponde un'eguale
variazione della lunghezza d'onda; identico discorso per quelli a variazione
lineare di frequenza; infine quelli a variazione logaritmica, cioè a variazione
lineare contemporanea di lunghezza d'onda e di frequenza, che sono fra i più
usati. Il condensatore variabile della galena è a variazione lineare di
capacità, il che rende le operazioni di sintonia piuttosto laboriose. Bobina e
condensatore costituiscono il cosiddetto circuito LC, cioè il circuito di
sintonia dell'apparecchio. Ruotando la manopola dell'asse del variabile, cioè
variando la capacità del condensatore, si variano le caratteristiche del
circuito, cioè la sua frequenza di risonanza. D è il cristallo, il detector del
quale abbiamo già abbondantemente parlato. C1 è un condensatore fisso, il cui
valore oscilla fra i 2.500 e i 5.000 picofarad a seconda della resistenza
interna della cuffia telefonica. Con una cuffia da 2.000 Ω (Ohm, unità di misura
della resistenza (nota
4)
), il condensatore dovrebbe essere di circa 3.000 picofarad. Questo
condensatore, associato alla resistenza della cuffia, costituisce un circuito RC
(resistenza-condensatore) a costante di tempo che rende udibile il segnale di
bassa frequenza avvicinando le varie semionde che escono dal diodo. In molti
apparecchi, C1 non esiste: il circuito a costante di tempo è costituito dalla
resistenza interna della cuffia e dalla sua capacità.
Non resta che spendere due parole sulla cuffia, di tipo telefonico, cioè
elettromagnetico (Vedi foto). Ogni auricolare è formato da due piccoli
avvolgimenti con al centro un nucleo di metallo. Al passaggio di una corrente
elettrica (in questo caso, la corrente microfonica) i nuclei dei due
avvolgimenti si magnetizzano con maggiore o minore intensità, secondo le
variazioni della corrente. Due membrane di metallo, in genere un lamierino di
ferro abbastanza sottile, vengono attratte o respinte a seconda della variazione
del campo magnetico dei due nuclei. Le membrane, sottoposte all'azione dei
magneti, vibrano con la frequenza della corrente microfonica che alimenta i
magneti, riproducendo, in tal modo, le frequenze vocali. Mutatis mutandis, il
comportamento di un auricolare è molto simile a quello di un altoparlante a
bobina mobile.
Interno di un “tamburo” che chiude l'auricolare. Si noti la membrana che vibra
al ritmo della corrente microfonica riproducendo i suoni.
Auricolare visto di profilo. Si noti la filettatura sul bordo esterno sul qual
è avvitato il tamburo. Questo tipo di cuffia consentiva di regolare la distanza della membrana dai magneti per la massima intensità sonora.
Una volta registrata, si agiva sulla ghiera (che qui è appoggiata al padiglione)
in modo da bloccare il tamburo.
Quello descritto è il ricevitore a cristallo base che è del tipo passivo, cioè
senza l'intervento di circuiti attivi, come oscillatori o amplificatori. Era
destinato alla ricezione di segnali radiotelegrafici o radiotelefonici in onda
lunga e media,modulati in ampiezza. Ovviamente si trattava di segnali
esclusivamente analogici. Nel tempo, vennero introdotte delle varianti. Circuiti
di sintonia più raffinati e selettivi, amplificatori d'alta frequenza per
ricevere anche le emittenti più lontane, amplificatori di bassa frequenza per
ascoltare le trasmissioni in altoparlante. La radio a galena è stata in uso per
molti anni, soprattutto da parte dei giovani, perché di semplice realizzazione
e, soprattutto, perché estremamente economica. Ma chi si cimentava nelle
realizzazioni elettroniche, dopo un po' si stufava di questo ricevitore,
estremamente limitato nelle prestazioni, e passava alla radio a reazione, che
però richiedeva l'uso di una o più valvole e, quando aveva affinato le proprie
capacità di montaggio, alla supereterodina.
Ma di questi apparecchi parleremo in un'altra occasione.
Note
1) La bachelite è una resina fenolica termoindurente ottenuta per reazione tra
formaldeide e fenolo. Fu sintetizzata per la prima volta da Leo Baekeland nel
1907, da cui prende il nome. La sua produzione industriale prese avvio negli
Stati Uniti e nel Regno Unito negli anni venti. Oggi le bacheliti sono state
sostituite da altre materie plastiche nella maggior parte delle loro
applicazioni. Pressando a caldo, si ottenevano oggetti con le caratteristiche
fisiche, meccaniche, elettriche più diverse. In quel modo, venivano prodotti gli
apparecchi telefonici, le bocce sintetiche, i cruscotti delle automobili, molte
parti protettive di apparecchi elettrici, etc. Durante il periodo
dell'autarchia, conseguenza della crisi economica, conseguenza della seconda
guerra mondiale, la bachelite fu sostituita da un altro materiale, la galatite,
per lo più a base di caseina. Erano di galatite, in prevalenza, i manici degli
ombrelli prodotti nel nostro paese nei primi anni quaranta. Da questa
circostanza nacque un modo di dire per definire un cattivo formaggio: “è fatto
con il manico dell'ombrello”!
2) Il farad (simbolo F) è l'unità di misura della capacità elettrica. Il suo
nome deriva da quello di Michael Faraday. In un condensatore di 1 farad, una
carica elettrica di 1 coulomb genera una differenza di potenziale pari a 1 volt.
Le dimensioni del farad sono: F = C · V-1 = m-2 · kg-1 ·
s4 · A2
Poiché il farad è un'unità molto grande, i valori dei condensatori comunemente
utilizzati in elettronica si esprimono in picofarad (simbolo pF) che corrisponde
a mille miliardesimi di Farad; in nanofarad (nF) corrispondente a un millesimo
di pF, in microfarad (μF) corrispondente a milionesimo di pF.
3) L'effetto pelle è la tendenza di una corrente elettrica alternata a
distribuirsi in un conduttore in modo non uniforme: la sua densità è maggiore
sulla superficie minore, tendente a zero, all'interno. Ciò comporta un aumento
della resistenza elettrica del conduttore particolarmente alle alte frequenze.
In altre parole, una parte del conduttore non viene utilizzata: è come se non
esistesse. Questo comporta maggiore dissipazione di potenza a parità di corrente
applicata o una minore corrente a parità di tensione applicata. Il fenomeno fu
spiegato, per la prima volta, da Lord Kelvin nel 1887. Per ovviare a questo
inconveniente, viene impiegato il Filo Litz, dal tedesco Litzendraht, filo
intrecciato, costituito da tanti piccoli conduttori rame, isolati ed
intrecciati. A parità di sezione, un filo a più capi offre una resistenza
decisamente inferiore rispetto ad un unico conduttore. Attualmente questo
conduttore è molto utilizzato per realizzare trasformatori elettrici. Ogni filo,
abbiamo detto, è isolato perché ricoperto di uno smalto isolante. La treccia
formata dai singoli fili ha due coperture: la prima in cotone, la seconda in
seta, per facilitarne l'introduzione in una calza schermante.
4) L'Ohm (simbolo Ω, la lettera greca omega) è l' unità di misura della
resistenza elettrica. Un conduttore ha resistenza pari ad 1 Ω quando una
differenza di potenziale ai suoi capi pari ad un volt genera una corrente di
intensità pari ad un ampere. Dimensionalmente si ha: Ω = V · A -1 = m2 ·
kg · A-2 · s-3.
L'ohm è l'unità di misura anche dell'impedenza e della reattanza.
Bibliografia.
(poiché gli argomenti trattati appartengono ai primordi della radiotecnica, i
testi consultati sono per lo più vecchissimi).
·
Gottardo Garollo: “Piccola enciclopedia Hoepli”, Ulrico Hoepli editore, Milano,
1912
·
Guglielmo Marchi: “Elettrotecnica”, Ulrico Hoepli editore, Milano, 1919
·
Domenico Ravalico: 2Le recenti conquiste delle scienze fisiche” Casa editrice
Sonzogno, Milano, 1926
·
Alessandro Banfi: “Radiotecnica”, Casa editrice Sonzogno, Milano, 1926
·
Ernesto Montù: “Radio trasmittente e ricevente”, Ulrico Hoepli editore, Milano,
1929
·
Pietro Poli: “Opera tecnico-scientifica di Guglielmo Marconi”, C&C edizioni
radio elettroniche, 1985
·
Mario Galasso . Mario Gatizzi: “La radio in grigio-verde”, C&C edizioni radio
elettroniche, 1992
·
Primo Boselli: “Il museo della radio”, Edizioni Medicea, 1992
·
Maria Graia Ianniello: “La telegrafia senza fili”, Edizioni Teknos, Roma, 1995
·
AA.VV: “Enciclopedia Rizzoli Larousse”, Rizzoli Editore, Milano, 1964
·
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