La cittadella della formazione
e della ricerca in campo agricolo
La Fondazione Mach di San Michele all'Adige rappresenta un esempio, unico in
Italia,
di struttura in cui coesistono studio
e lavoro, esperienza sul campo e avanzati laboratori di ricerca
di Adriana Giannini
Allarga il cuore alla speranza per il futuro del nostro paese veder sorgere in
mezzo a ettari ed ettari di ordinati vigneti il complesso di edifici che a San
Michele all'Adige, in provincia di Trento, ospita la Fondazione Edmund Mach,
un'istituzione profondamente radicata nel territorio che, nata nel 1874, sotto
l'Impero austriaco, come Istituto agrario con annessa stazione sperimentale, ha
nel corso degli anni raggiunto prestigio internazionale in campo agricolo,
agroalimentare e ambientale. Del resto la sua stessa gestione è
particolare: ente della Provincia autonoma di Trento, ha un consiglio di
amministrazione composto da 13 rappresentanti delle organizzazioni professionali
e delle cooperative agricole del Trentino, una sinergia tra pubblico e privato
che qui sembra funzionare ottimamente. A dimostrarlo sono alcuni numeri: un
campus di 14 ettari con 1000 studenti tra scuole professionali, istituti tecnici
e corsi universitari in viticoltura ed enologia, 160 ricercatori, 90 studenti di
dottorato, 100 docenti, 150 tecnici, 70 ettari di area verde (30 a vigneti e 40
a bosco), 8000 aziende agricole assistite con consulenze e servizi. A tutto
questo si affianca un'azienda agricola modello che non solo ha funzioni di
produzione e trasformazione, ma che con i suoi 100 ettari coltivati a vite e a
melo, gli 80 ettari di bosco, la cantina e la distilleria, ospitate queste due
ultime presso l'ex monastero agostiniano insediatosi in un castello del XII
secolo, fa anche da supporto alla didattica e alla sperimentazione.
Le cantine storiche collocate nei sotterranei dell'ex convento agostiniano
Ho avuto recentemente l'opportunità di visitare insieme a un piccolo gruppo di
giornalisti soci dell'Ugis (Unione dei giornalisti italiani scientifici) la
Fondazione Mach e in particolare il centro dove si svolgono le attività di
ricerca e innovazione e quello dedicato al trasferimento tecnologico finalizzato
prevalentemente al supporto e allo sviluppo del sistema agro-forestale del
territorio Come ha sottolineato il
professor Francesco Salamini, presidente della Fondazione, la ricerca in campo
agrario è fondamentale per la sopravvivenza di un'umanità i cui consumi sono in
continua crescita: già ora per cinque mesi all'anno – da agosto a dicembre – si
sorpassano le risorse che la Terra riesce a produrre o, in altre parole, in
agosto cade l'overshoot day, il giorno in cui l'umanità, avendo finito di
consumare le risorse naturali rinnovabili disponibili per l'anno in corso, deve
attingere alle riserve. E di
ricerca alla Fondazione Mach se ne fa veramente molta e di alto livello come
dimostrano i sei genomi qui sequenziati (della vite, del melo, della fragola,
della Drosofila suzukii, del lampone e del pero), gli accordi bilaterali con 16
prestigiose istituzioni nazionali e internazionali, le 200 pubblicazioni nei
campi della biologia e della genomica computazionali, della metabolomica (lo
studio dei prodotti delle reazioni metaboliche di un organismo), delle analisi
isotopiche e climatiche e del remote sensing (telerilevamento) applicato agli
ecosistemi.
Studenti dell'istituto tecnico agrario
Non potendo riferire di tutte le attività portate avanti dai cinque dipartimenti
del Centro ricerche e innovazione ne citerò solo alcune che mi hanno
particolarmente colpito. Come ha ricordato Roberto Viola, direttore di questo
centro, qui si dispone di piattaforme tecnologiche all'avanguardia come
l'intestino artificiale che consente di studiare il destino dei componenti
bioattivi degli alimenti. Hanno così potuto approfondire le relazioni tra la
dieta e il microbiota umano, ossia la popolazione di batteri che vive
nell'intestino e che svolge un ruolo importantissimo nella difesa dalle
malattie. Gli studi qui svolti stanno dimostrando che l'aumento di patologie
croniche e autoimmuni come obesità, diabete, malattie infiammatorie croniche
dell'apparato digerente sia in gran parte dovuta alla dieta moderna ricca di
grassi e di carboidrati raffinati e quindi poveri di nutrienti. In particolare,
alimenti vegetali ricchi di fibre e di composti bioattivi come i polifenoli
possono svolgere un ruolo protettivo interagendo e plasmando il microbiota
intestinale. Un importante risultato è stato ottenuto lo scorso anno attraverso
una collaborazione tra il
laboratorio diretto da Fulvio Mattivi presso la Fondazione Mach e l'Università
di Milano. Si è dimostrato che gli ellagitannini contenuti in abbondanza nelle
more e nei lamponi (ma anche nella melagrana, un frutto dalle preziose qualità,
ma meno disponibile per il consumatore italiano) rallentano l'assimilazione dei
grassi e hanno un potente effetto antinfiammatorio, antivirale e
chemiopreventivo nei confronti di alcune patologie tumorali. In particolare per
quanto riguarda la gastrite e l'ulcera gastrica sembra che assumere ogni giorno
150 grammi di more o lamponi sia un'ottima alternativa ai farmaci prescritti in
questi casi.
Gli
studi di metabolomica si sono dimostrati utilissimi anche per quanto riguarda la
conservazione degli alimenti e, in particolare, i vini rossi. Un lavoro
pubblicato quest'anno ha dimostrato che molte decine di composti che si
sviluppano col tempo nel vino cambiano a seconda della temperatura ambientale.
In particolare la conservazione domestica, rispetto a quella ottimale in
cantina, induce la formazione di particolari composti che
accelerano di ben quattro volte l'invecchiamento del vino. Inoltre, la
conservazione tra i 20 e i 27 gradi
centigradi, come quella che si ha in casa, in un ristorante o in un'enoteca,
riduce notevolmente i composti di valenza salutistica come antociani e vitamina
B5.
Altri settori che stanno dando importanti risultati sono quelli della genomica
che consente di selezionare, ricorrendo all'identificazione di marcatori con
caratteristiche positive, varietà di viti resistenti alle malattie o di frutti
come mele o frutti di bosco dotati di opportune qualità nutritive e
organolettiche. Tali incroci mantengono poi le qualità desiderate perché vengono
moltiplicati per talea. Si noti che in questo caso non si tratta di piante
geneticamente modificate, ma di nuove varietà ottenute attraverso breeding by
design, ossia incroci
scientificamente progettati.
lamponi e more. Alla Fondazione Mach sono state studiati i composti bioattivi di questi piccoli frutti e si è visto che hanno proprietà protettive nei confronti dell'infiammazione gastrica e non solo)
Un altro campo di ricerca particolarmente proficuo è quello che si occupa della
biodiversità e della sostenibilità degli ecosistemi. In particolare, per
diminuire l'impiego di antiparassitari, alla Fondazione Mach da un lato si
sviluppano le piante che sono maggiormente in grado di difendersi da sole dagli
agenti patogeni producendo acido salicilico, mentre dall'altro si stimolano le
difese favorendo le associazioni con microrganismi che aumentano le capacità
difensive, analogamente a quanto fanno i probiotici negli animali. Un altro
filone della ricerca riguarda metodi alternativi di controllo della riproduzione
di insetti nocivi. Per esempio, si sono studiati i segnali acustici del
corteggiamento di Drosophila suzukii, un moscerino proveniente dal sud-est
asiatico che si è ambientato in Trentino dove danneggia i piccoli frutti come
more, lamponi e fragole. Si è così visto che è possibile far emettere da
appositi apparati installati tra i filari segnali acustici che, creando
confusione sessuale, rallentano notevolmente il tasso di riproduzione
dell'insetto invasore.