La giornata della donna
8 marzo fra storia e tradizione
Come si arrivati a scegliere questa data
Dal rogo della “Triangle” di New York alla “Scala delle dattilografe” di Roma:
gli incidenti sul lavoro con protagoniste le donne
di Giuseppe Prunai
Il palazzo della Triangle Shirwaist Company nel sui rogo perirono 123 donne e 23 uomini
Convenzionalmente si celebra l’8 marzo, ma non ci sembra una ricorrenza da
festeggiare in pizzeria o in discoteca come è ormai in uso da svariati anni.
Tradizionalmente la giornata
è associata al ricordo di una tragedia, di un drammatico e luttuoso
incidente sul lavoro avvenuto il 25 marzo 1911 nel cuore di New York, il rogo
della Triangle Shirwaist Company nel quale trovarono orribile morte centinaia di
giovani donne. Ma la Giornata della donna è precedente: si svolse, per la prima
volta, nel 1909 negli Stati Uniti e, successivamente, in alcuni paesi europei
sotto la spinta delle risoluzioni della II Internazionale
socialista,
(Stoccarda, 18-24 agosto 1907) cui parteciparono i massimi dirigenti marxisti
del tempo come Rosa Luxemburg (foto a sinistra), Clara Zetrkin. August Bebel,
Lenin, Martov, Jean Jaurès. Di anno
in anno, con interruzioni dovute alle due guerre mondiali, la Giornata della
Donna si è svolta ogni anno in tutti i paesi democratici per portare avanti
istanze come la richiesta del voto alle donne, la parità dei diritti, la parità
salariale.
Nel secondo dopoguerra, fu l’ONU ad ufficializzare la celebrazione della
Giornata della donna a fissarne la data nell’8 marzo. E qui cominciò la
confusione sulle origini della “giornata”. La celebrazione del 1911 fu ripetuta
per la prima volta in Germania l’8 marzo 1914 e fu il giorno d’inizio di una
“settimana rossa” di agitazioni proclamata dai socialisti tedeschi, mentre il
Francia si tenne a Parigi il 9 marzo dello stesso anno per iniziativa del
Partito socialista. In piena Grande Guerra, a San Pietroburgo l’8 marzo 1917 (il
23 febbraio secondo il calendario allora in vigore in Russia) le donne della
capitale manifestarono per la fine della guerra. I cosacchi, chiamati a reprimere
la manifestazione, si comportarono in modo eccessivamente fiacco e tollerante.
Praticamente, fu uno dei prodromi della rivoluzione d’ottobre, tant’è che nel
1921, la III Internazionale proclamò l’8 marzo “Giornata internazionale
dell’operaia”.
Perplesse le reazioni del mondo occidentale dinanzi alla decisione dell’ONU di
adottare per la giornata della donna la stessa data della festa della donna
sovietica. Vuoi perché qualcuno
confuse ad arte le carte, vuoi per l’ignoranza storica di qualche delegato, vuoi
perché il tempo confonde il ricordo degli avvenimenti, la data fu associata alla
tragedia avvenuta a New York il 25 marzo 1911 quando nel rogo dello stabilimento
della Triangle Shirwaist Company morirono 146 persone, 123 donne e 23 uomini,
per la maggior parte immigrati italiani ed ebrei.
Era un sabato pomeriggio. Mentre in altre parte della città, ci si dedicava al
passeggio, allo shopping e ci si preparava alla domenica, le operaie erano
intente al loro lavoro, chiuse a chiave nello stabilimento per evitare che
uscissero senza autorizzazione, alcune – si dice (ma la circostanza ha
dell’incredibile) – legate alla propria postazione di lavoro. La fabbrica
occupava gli ultimi tre piani di un palazzo di dieci. Improvvise, divamparono le
fiamme in un deposito di stoffe e in breve tempo avvolsero tutti i piani alti
dell’edificio. Panico fra le 500 persone, tra i 15 e i 25 anni, che lavoravano
nell’edificio. Le ragazze tentarono di salvarsi tramite la scala antincendio che
però cedette e crollò, altre utilizzarono l’ascensore che, per un po’ andò su e
giù portando in salvo alcune ragazze, poi crollò rovinosamente. Allora si
assistette alla tragedia nella tragedia che abbiano visto tante altre volte in
caso di incendio: impazzite dal terrore,
le ragazze cominciarono a gettarsi dalle finestre. In 146 perdettero la
vita, una decina di persone risultarono disperse, oltre ai feriti, e agli
ustionati. Nel processo che ne seguì, i
proprietari della fabbrica furono assolti: l’assicurazione pagò 445
dollari per ogni vittima.
Questo accadeva un secolo fa circa nel pieno centro di New York, in quegli Stati
Uniti che tutti celebrano come culla di civiltà, di democrazia, di lotta allo
schiavismo.
Ma di incidenti sul lavoro che hanno come protagoniste e vittime le donne sono
piene le cronache. Si potrebbe ricordare il recente rogo di Prato nel quale
hanno perduto la vita uomini e donne, per lo più di etnia cinese, praticamente
ridotti in schiavitù.
Ma ci piace ricordare un episodio dimenticato, avvenuto a Roma, Via Savoia 31,
il 14 gennaio 1951. In seguito ad un annuncio su un giornale, duecento ragazze
si presentarono a quell’indirizzo per ottenere un
posto di lavoro come dattilografa presso lo studio di un ragioniere. C’erano
ragazze alla prima esperienza di lavoro desiderose di divenire indipendenti,
figlie di benestanti la cui pensione non era più sufficiente, mogli con il
marito disoccupato. Le donne in attesa si scambiano impressioni, accennano alla
loro vita di miseria, al lavoro che non c’è e le
costringe ad ogni sorta di espedienti per tirare avanti. Poi scoppia un
litigio per una questione di priorità, la ringhiera della scala cede, crollano
ad uno ad uno i gradini, le ragazze precipitano nel vuoto. Una giovane
morì pochi giorni dopo per le ferite
riportate. Non si conosce il numero
esatto dei feriti perché quasi tutte scelsero di curarsi a
casa. In ospedale, appresero che avrebbero dovuto pagare una rette
giornaliera di 2.300 lire: una cifra incredibile allora. Ancora non esisteva
il servizio sanitario nazionale e chi non era contrattualizzato non
poteva iscriversi ad una mutua e
doveva pagarsi qualsiasi tipo di cura.
L’episodio sarebbe stato presto dimenticato se Elio Petri, allora redattore di
Paese Sera, non avesse condotto una scrupolosa inchiesta sull’episodio,
rintracciando tutte le ragazze, narrando la loro storia, le loro speranze, le
loro delusioni.
Dall’inchiesta scaturì un film per la regia di Giuseppe De Santis, Elio Petri
come vice, la sceneggiatura di
Cesare Zavattini, e la partecipazione dei migliori attori dell’epoca: Paola
Borboni, Lucia Bosé, Carla Del Poggio, Lea Padovani, Delia Scala, Elena Varzi,
Raf Vallone, Massimo Girotti, Paolo Stoppa, Checco Durante.
Alcuni
anni dopo Petri raccolse la sua inchiesta in un libro, edito da Sellerio, e ne
fu ricavata anche una pièce teatrale, con le attrici Manuela
Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti, Mariàngeles Torres.
Per concludere, alcune cifre che debbono fare riflettere. Nel nostro paese, ogni
anno si verifica oltre un milione di incidenti sul lavoro, con più di 1.200
morti e 25.000 invalidi permanenti. Il 32 per cento degli infortuni riguardano
donne, l’8% dei quali sono mortali.
Nel mondo, gli incidenti sul lavoro sono 250milioni all’anno, 685.000 al giorno,
475 al minuto, 8 al minuto secondo.
Un’ecatombe che supera – secondo l’Ufficio internazionale del lavoro – il numero
de decessi per incidenti stradali (990.000) o per le guerre (502.000).
A queste cifre, si debbono aggiungere i circa 4.000 casi di tumori professionali
che affliggono i lavoratori del nostro paese.