Lunga vita al Cenacolo vinciano

All'interno del refettorio  aria senza  idrocarburi, solfuro d'idrogeno, biossido di zolfo e ossidi di azoto, PM 10 e PM 2,5

Il celebre affresco potrà rimanere per secoli nello stato in cui lo ha riportato il recente restauro

 

 

di Adriana Giannini 

 

Il Cenacolo di Leonardo dopo il restauro terminato nel 1999

 

È forse la maggiore attrazione turistica di Milano, quella per cui ci si prenota con mesi di anticipo e si accetta di fare lunghe, pazienti code. Stiamo parlando del Cenacolo o Ultima cena, lo straordinario, fragile capolavoro dipinto tra il 1495 e il 1498 da Leonardo da Vinci nel refettorio del convento dei Domenicani, accanto alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, visitato ogni giorno per nove ore da gruppi di trenta visitatori per volta che hanno a disposizione 15 minuti per ammirarlo. Bastano queste poche cifre per capire quale importanza abbia quest'opera per Milano e quanto sia vitale garantire la migliore conservazione possibile a un dipinto che è miracolosamente arrivato a noi attraverso infinite avversità.

 

Le peripezie dell'Ultima cena

La prima è legata alla personalità del suo autore, geniale sì ma del tutto inadatto a utilizzare la tecnica dell'affresco, che richiede di applicare rapidamente sull'intonaco umido i colori che si fissano poi con l'asciugatura. Leonardo era invece un pittore dai molti ripensamenti che studiava a lungo le espressioni e i gesti dei suoi personaggi, portato quindi alla pittura a olio, su tavola. Per aderire alla richiesta del suo committente, il duca di Milano Ludovico Sforza, Leonardo studiò quindi il modo di adattare all'affresco la sua tecnica pittorica sovrapponendo a una base di biacca una tempera grassa ottenuta emulsionando i colori con proteine dell'uovo e oli minerali. Il risultato aveva la straordinaria raffinatezza e la luminosità che suscitavano l'ammirazione dei contemporanei, ma già settant'anni  dopo il completamento dell'opera, il Vasari testimoniava che l'affresco era ormai quasi illeggibile in quanto era andato incontro a un rapido deterioramento dovuto sia all'inusuale tecnica pittorica usata da Leonardo, sia al fatto che l'affresco era stato eseguito sulla parete nord, confinante con la cucina del refettorio e quindi era soggetto a forti sbalzi di temperatura e di umidità. Le ulteriori traversie del dipinto furono dovute sia ai numerosi e spesso invasivi tentativi di restauro eseguiti nel tempo, sia alle vicende storiche. Durante l'occupazione napoleonica il refettorio fu  adibito a stalla e bivacco per i soldati, ma l'evento peggiore si verificò nell'agosto 1943 quando il refettorio fu bombardato e quasi distrutto. Rimasero fortunosamente in piedi, protette da sacchi di sabbia, ma esposte alle intemperie, proprio le due pareti più brevi sulle quali Giovanni Donato da Montorfano aveva dipinto la scena della Crocifissione e Leonardo da Vinci l'Ultima cena. Ricostruito rapidamente il refettorio, nel 1977 prese il via il progetto per il restauro, il più accurato e conservativo possibile, dell'affresco di Leonardo, un restauro che terminò solo nel 1999 restituendo ai visitatori un'opera autenticamente leonardesca anche se inevitabilmente sbiadita e deteriorata dal tempo.

 

Ecco cosa restava del Cenacolo vinciano dopo il bombardamento dell'agosto 1943

La tecnologia al servizio della conservazione

Descrivendo le avversità a cui era andata incontro l'Ultima cena di Leonardo non abbiamo menzionato la sua collocazione in una zona centralissima di Milano, una città tra le più inquinate d'Europa. Questo era in realtà un fattore che aveva da subito preoccupato gli esperti che durante il restauro avevano evidenziato come lo strato di colore di mano leonardesca si fosse estremamente assottigliato nel tempo e come la superficie divenuta ruvida dell'affresco potesse rappresentare una calamita per le particelle di polvere provenienti dall'esterno. Evitare che il dipinto si sgretolasse e annerisse pur consentendo un regolato, ma incessante afflusso di visitatori, era diventato già nel 1999 una priorità assoluta. Su richiesta dell'Istituto centrale del restauro fu perciò installato un sofisticato sistema di filtrazione, riscaldamento e ventilazione (HVAC System) operante ininterrottamente 24 ore al giorno e 365 giorni all'anno. Non potendo mantenere l'intero refettorio (di oltre 3000 metri cubi) sotto una pressione positiva si decise di creare due zone di filtrazione per i visitatori in ingresso e in uscita dotandole di due camere ciascuna nelle quali l'aria in movimento crea un flusso diretto verso l'esterno per ridurre l'ingresso di inquinanti. Prima di essere immessa nel refettorio, l'aria passa attraverso due filtri chimici, il primo col compito di rimuovere gli idrocarburi e il secondo il solfuro d'idrogeno, il biossido di zolfo e gli ossidi di azoto. Attraversa  poi un filtro piano, una sezione che controlla temperatura e umidità, un altro filtro per il particolato PM 10 e PM 2,5 e infine un filtro assoluto (HEPA). Solo a questo punto l'aria viene immessa nelle camere dove sostano i visitatori e poi, attraverso una grossa ventola orizzontale, nel refettorio. Qui l'aria fluisce dal basso verso l'alto  lungo la parete su cui si trova l'affresco di Leonardo (tenuta a una temperatura di due gradi più alta dell'ambiente per favorire i moti convettivi) evitando così il depositarsi di eventuali particelle.  L'aria poi viene immessa in parte nelle camere di uscita e in parte nella stanza posta dietro il muro affrescato, dove un tempo si trovava la cucina del convento e dove ora sono collocati gli apparecchi di misurazione e i computer che registrano i dati. Persino per le operazioni di pulizia attuate il lunedì, giorno di chiusura del refettorio, sono stabilite norme molto rigide: aspiratori con filtri assoluti, niente detersivi o deodoranti e niente stracci che possano rilasciare fibre nell'aria.

 

Il professor Ario Ruprecht illustra ai giornalisti Unamsi il funzionamento delle apparecchiature che monitorano il Cenacolo di Leonardo

È veramente efficace il sistema installato?

La conferma è venuta da un gruppo internazionale di ricercatori diretto da Constantinos Sioutas, professore di ingegneria civile e ambientale alla Southern California University di Los Angeles, costituito da Nancy Daher, della stessa Università, Justin Miller-Schulze, Jong Bae Heo, Martin M. Shafer, James J. Schauer dell'Università del Wisconsin  e da Giovanni Invernizzi e Ario Ruprecht del Laboratorio di ricerca ambientale SIMG/ISDE di Milano. Il gruppo ha monitorato una volta alla settimana per un intero anno, tra il 2010 e il 2011, la qualità dell'aria indoor e outdoor, ossia all'interno del refettorio e al suo esterno, analizzando dal punto di vista fisico e chimico il particolato accumulatosi sui filtri dell'impianto. I risultati, pubblicati sulla rivista Environmental Science &Technology del dicembre 2011, sono stati del tutto soddisfacenti e, come ha spiegato il professor Ario Ruprecht durante una visita al Cenacolo effettuata nel febbraio di quest'anno dai giornalisti dell'Unamsi (L'associazione che riunisce coloro che si occupano di informazione medica), si mantengono tali,  come dimostrano le analisi ambientali che le apparecchiature effettuano tuttora ogni 15 minuti. Le concentrazioni di PM 10 e di PM 2,5 all'interno del refettorio sono rispettivamente del 94 e del 88 per cento in meno rispetto alle concentrazioni esterne. In pratica, mentre la media cittadina di PM 10 è di 37 microgrammi per metro cubo, ma può raggiungere punte di 150 microgrammi, all'interno non si superano mai in media i 3-4 microgrammi per metro cubo perché, se durante le visite il livello può salire a 8-10 microgrammi, durante la notte tale livello addirittura si azzera. Un po' più alti sono i livelli indoor del particolato ultrafine PM 2,5: tra 4,9 e 1,7 microgrammi per metro cubo. Si tratta comunque di risultati straordinari che, insieme al controllo costante di temperatura e umidità, garantiscono finalmente una lunga vita a quello che resta del capolavoro di Leonardo. Si calcola che il “tempo di annerimento” dell'Ultima cena, ossia il tempo  necessario affinché l'80 per cento dei visitatori percepisca un degrado dello 0,2 per cento dei colori causato dal carbonio elementare (il particolato emesso soprattutto dai motori diesel) depositatosi sul dipinto, sia diventato grazie al filtraggio dell'aria di ben 450 anni! Un tempo veramente lunghissimo se si considera che in altri famosi musei americani come il Paul Getty Museum di Los Angeles, questo tempo è inferiore ai venti anni.

Il Galileo 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 :