“Suicidio” di stato?

A 125 anni dalla morte di Rodolfo d’Asburgo, erede al trono d’Austria, e della sua giovane amante, la baronessa Maria Vetsera, si cerca ancora di far luce sulle trame oscure  dell’Europa di fine 800

 

di Magali Prunai

 

 

 

Fabio Amodeo – Mario José  Cereghino: “Mayerling - anatomia di un omicidio” Mgs Press, pp.168 € 18,00

 

Rodolfo d’Asburgo, erede al trono dell’impero Austro-Ungarico, figlio dell’imperatore Francesco Giuseppe e della celebre imperatrice Elisabetta, Sissi, venne rinvenuto morto nei suoi appartamenti nel casino di caccia di Mayerling il 30 gennaio 1889. Le circostanze della sua morte furono fin da subito oscure.

Dopo una prima dichiarazione di morte per un colpo apoplettico e per un colpo al cuore, poi, la casa imperiale divulgò la notizia che il delfino dell’Austria - Ungheria si era ucciso. In un raptus di follia aveva sprangato la porta della sua camera da letto, ucciso la giovane amante, la baronessa Maria Vetsera, e infine si era sparato alla tempia.

Cominciò, così, un vero e proprio massacro storico nei confronti della sua memoria. Rodolfo comincerà ad essere ricordato come un matto, erede di tutte le tare generiche dei Wittelsbach, la famiglia della madre, insofferente nei confronti della vita di corte e di tutti i suoi membri. Un uomo dissoluto, dedito solo a divertimenti, dalle scappatelle facili e malato. Niente di più falso. Rodolfo era all’epoca noto per la sua appartenenza ai circoli liberali, per essere contrario alle statiche politiche asburgiche. Uomo studioso, colto, esperto di politica, soprattutto estera, Rodolfo detestava la corte asburgica e come l’impero veniva amministrato dai suoi politici e dall’imperatore in primis.

Fra i suoi principali nemici vi era il primo ministro austriaco, Taaffe, esponente di quel mondo conservatore e arretrato tanto detestato da Rodolfo. Ma non solo lui, l’intelligence di mezza Europa lo spiava e riferiva ogni sua singola mossa. Rodolfo e le sue idee erano pericolose per quel delicato equilibrio che andava creandosi in quegli anni, in particolare sotto l’egemonia tedesca e del cancelliere Bismarck. Rodolfo auspicava che l’Austria prendesse le distanze dalla Germania, imponendosi e non ubbidendo ciecamente agli ordini di Berlino. Pubblicava numerosi libricini politici anonimamente in Baviera, esponendo le sue teorie e le sue severe critiche nei confronti dell’imperatore. Se non riusciva a farsi ascoltare di persona dal padre sperava che almeno la stampa avrebbe avuto un certo effetto. Si circondò, così, di intellettuali, giornalisti, tutti esponenti dei circoli liberali e riformatori viennesi e austriaci. Il risultato fu solo quello di inimicarsi sempre di più l’aristocrazia e i governi di mezza Europa.

Si racconta di un forte litigio fra Rodolfo e l’imperatore, in seguito al quale l’erede al trono avrebbe dichiarato di essere oramai libero da ogni ruolo. Rodolfo, forse, sapeva che la sua vita era in pericolo? Questa la tesi sostenuta da Fabio Amodeo e Mario José Cereghino in “Mayerling, anatomia di un omicidio”.

Rodolfo sapeva di essere in pericolo. Le sue stesse idee ce lo portarono e la sua presunta rottura col padre fu la goccia che fece traboccare il vaso. Rodolfo, forse per qualche sentore particolare, comprende che la sua vita è a rischio e decide presumibilmente di scappare. Ed è così che in gran segreto lascia la Hofburg di Vienna. Sale in carrozza accanto al cocchiere, percorso un certo tragitto Rodolfo sale su un’altra carrozza che trasporta segretamente la sua giovane amante, Maria Vetsera. A pochi km dal casino di Mayerling scende e prosegue a piedi. Arrivato al castello fa chiudere le imposte e non fa attivare la linea telegrafica con Vienna, per non far sapere della sua presenza al borgo. Fuga d’amore o fuga da corte? Che si tratti di una fuga d’amore è inverosimile, proprio alla luce della situazione geopolitica e del ruolo che Rodolfo ricopriva.

Quello che accadde a Mayerling in quelle ore è poco più che un mistero. Le versioni si sprecano. E’ storia che l’unico figlio maschio dell’imperatore d’Austria – Ungheria venne trovato morto, nella sua stanza.

Pur di mascherare la presenza dell’amante dell’arciduca, in modo da non screditarlo davanti alla Chiesa come morto suicida e omicida della propria amante, ma forse anche per dare adito in seguito alla versione della fuga d’amore, il corpo della baronessa viene trattato nei peggiori dei modi. Prima nascosto in uno sgabuzzino, Maria Vetsera viene trasportata in un convento di monaci vicino per essere sepolta. In barba a tutte le leggi igienico – sanitarie, la donna non uscirà dal casino di caccia in una bara ma si fingerà che sia ancora viva. Trasportata in carrozza e sorretta come se facesse fatica a stare in piedi, raggiunge il convento in grande segretezza nel cui cimitero sarà sepolta.

Negli anni successivi se si è cercato di indagare su quanto accaduto quella notte ci si è sempre imbattuti in documenti secretati e versioni discordanti. Anche a più di un secolo di distanza se si cercano i dossier sull’inchiesta non si arriva a una verità assoluta, per lo più perché i documenti più importanti sono nelle mani di chi, ancora oggi, non ha interesse a che si sappia la realtà. La ricostruzione più attendibile, l’ultima versione alla quale si è giunti grazie anche al ritrovamento, nel 2012, di relazioni svolte dagli ambasciatori tedesco e inglese, è quella dell’omicidio di Stato. Il principe ereditario venne esposto per i funerali coperto fino al volto da un lenzuolo, probabilmente per nascondere segni di bruciature. La testa era coperta da un berretto da notte, per celare il cranio massacrato. Testimoni affermarono che nei guanti venne messa dell’ovatta per riempirli, le mani del principe erano state frantumate. Probabilmente, difendendosi, una mano gli venne staccata con un colpo di sciabola. Pezzi di cervello vennero rinvenuti sulle pareti della stanza. Ovunque vi era sangue.

Chi lo uccise materialmente? Questo ancora non è dato saperlo, possiamo solo ipotizzare che i governi di molti Stati furono i mandanti. Ma questa è solo un’ipotesi, finché non sarà possibile leggere certe carte non potremo mai sapere cosa realmente sia accaduto quella notte.

Il Galileo