Nuove potenti armi contro la malaria
di Adriana Giannini
L'anno appena trascorso ha visto fare importanti passi avanti nella lotta contro
la malaria, la più diffusa malattia parassitaria al mondo e la seconda malattia
infettiva per mortalità, dopo la tubercolosi. Ed era più che mai urgente e
necessario farli perché secondo l'ultimo Rapporto dell'OMS – dove sono riportati
i dati più recenti disponibili a tutt'oggi, quelli che si riferiscono al 2010 –
i casi di malaria accertati nel mondo sono stati circa 219 milioni con 660.000
decessi che, per la maggior parte, hanno purtroppo riguardato bambini sotto ai
cinque anni. E se almeno 50 paesi sono sulla buona strada per ridurre del 75 per
cento entro il 2015 l'incidenza della malattia, non bisogna illudersi troppo
perché essi ospitano solo il 3 per cento dei casi stimati nel 2010. Come mostra
la mappa qui riportata, i paesi più colpiti sono tuttora almeno 14 tra i quali
spiccano per numero di malati e di decessi la Repubblica Democratica del Congo e
la Nigeria, in Africa, e l'India in Asia.
Mappa dei paesi a rischio di trasmissione malarica
Eppure, lo afferma senza ombra di dubbio l'OMS, la malaria è una malattia
prevenibile, diagnosticabile e curabile. Gli strumenti già ci sono e continuano
ad affinarsi, quello che continua a mancare, nonostante il generoso contributo
di privati come la Fondazione Bill & Melinda Gates, sono gli stanziamenti messi
in campo per la prevenzione e il contrasto della malattia. Secondo il rapporto
dell'OMS, il Fondo globale antimalaria è rimasto fermo a 2,3 miliardi di dollari
nel 2011, circa la metà di quelli stimati necessari. In particolare per quanto
riguarda la prevenzione è noto che uno dei mezzi più semplici ed efficaci sono
le zanzariere impregnate di insetticida per tenere lontane le zanzare del genere
Anopheles, temibili vettrici con le loro punture dei protozoi responsabili della
malattia, tra cui uno dei più diffusi è il Plasmodium falciparum. Di passi
avanti in questo caso non se ne è fatti se consideriamo che nel 2010 di queste
zanzariere nei paesi endemici dell'Africa subsahariana ne erano state
distribuite 145 milioni, una cifra che nel 2012 è scesa a circa 66 milioni.
Per quanto riguarda diagnosi e farmaci, invece le buone notizie effettivamente ci sono. Andiamo in ordine cronologico e quindi partiamo dai farmaci. Da almeno da una decina di anni ai tradizionali antimalarici se ne è aggiunto uno utilizzato in realtà nella medicina cinese da almeno 2000 anni. Si tratta dell'artemisisina estratta dalla pianta Artemisia annua. L'artemisisina si è dimostrata molto più efficace di altri farmaci come il chinino o la clorochina sia perché blocca la riproduzione del plasmodio sia perché non sembra provocare lo sviluppo di ceppi resistenti. Particolarmente risolutiva si è poi dimostrata la somministrazione combinata di artemisisina e di un altro antimalarico classico. Uno dei problemi di questa terapia combinata era però il costo.
Zanzara del genere Anopheles, il vettore del plasmodio della malaria
Da
ogni pianta si riesce a estrarre una minima quantità di principio attivo e
questo ne faceva sinora lievitare il prezzo. La strada quasi impossibile da
seguire era quella di produrlo per via sintetica. Dall'aprile 2013, però, la
Sanofi ha messo a punto nello
stabilimento di Garessio, in provincia di Cuneo, una linea per la produzione di
artemisinina semisintetica che consentirà di passare dagli attuali 80 milioni di
trattamenti antimalarici l’anno a 120/130 milioni di trattamenti, assicurando al
contempo la stabilità dei prezzi dei farmaci contro la malaria. Questa piccola
rivoluzione è stata realizzata grazie alla foto-ossidazione, un processo che
riproduce l’azione della luce solare accelerando la conversione dell’acido
artemisinico in artemisinina semisintetica. A sua volta, l’acido artemisinico
viene ora prodotto per fermentazione dalla società bulgara Huvepharma grazie a
un brevetto del gruppo diretto da Jay Keasling
docente all'Università della California, a Berkeley. In pratica Keasling
ha scoperto che innestando in un batterio una combinazione di geni provenienti
dalla pianta Artemisia annua e da un lievito si induceva il batterio a produrre
l’acido artemisinico.
Più recente ancora è la novità riguardante la diagnosi della malaria, un passo indispensabile per intervenire rapidamente con la terapia evitando che la malattia si aggravi o diventi addirittura letale. I test rapidi attualmente in uso somministrati per ora solo a 155 milioni di persone richiedono il prelievo di sangue da un dito e un'attesa di 15 minuti. Inoltre vengono a costare un dollaro l'uno e possono diventare inaffidabili quando il clima è eccessivamente caldo. A quanto ha annunciato ai primi di gennaio il New York Time, tutti questi inconvenienti potranno venire rapidamente superati da un rivoluzionario test messo a punto da Dimitri O. Lapotko, un fisico bielorusso che svolge le sue ricerche alla Rice University di Houston, nel Texas.
I bambini sotto i cinque anni sono le principali vittime della malaria
Il
test si basa sul fatto che i protozoi che si insediano all'interno dei globuli
rossi umani contengono minuscoli cristalli ferrosi di emozoina prodotti durante
la digestione dell'emoglobina di cui i parassiti si nutrono. Dirigendo un fascio
laser su tali cristalli li si fa gonfiare fino a quando scoppiano producendo un
segnale acustico della durata di un decimilionesimo di secondo, sufficiente però
a essere rivelato. Il vantaggio di questo metodo in grado di scoprire, senza
falsi positivi, anche un solo globulo rosso infettato su un milione è che il
laser può essere alimentato da una
batteria d'auto e che connettendo con una fibra ottica il dispositivo al lobo di
un orecchio o a un dito si può esaminare una persona in soli venti secondi al
costo di cinquanta centesimi di dollaro e senza versare una goccia di sangue. Il
test si è già dimostrato perfettamente sicuro per gli esseri umani e nel giro di
alcune settimane potranno partire i trial clinici sulle persone affette da
malaria.